Al Teatro Bellini la riscrittura de ‘Il giocatore’ di Vitaliano Trevisan con la regia di Gabriele Russo.
Al Teatro Bellini dal 14 al 26 marzo lo spettacolo ‘Il giocatore’ una riscrittura di Vitaliano Trevisan per la regia di Gabriele Russo, del celebre romanzo omonimo di Fëdor Dostoevskij.
In scena i protagonisti Daniele Russo (Aleksej/ Fëdor Dostoevskij), Marcello Romolo (il generale), Camilla Semino Favro (Polina/Anna Grigor’evna). Il cast comprende Paola Sambo, Alfredo Angelici, Martina Galletta, Alessio Piazza, Sebastiano Gavasso.
Le scene sono di Roberto Crea, i costumi di Chiara Aversano, il disegno luci di Salvatore Palladino, i movimenti scenici di Eugenio Dura.
Numeroso il pubblico della prima serata, che ha assistito alla rappresentazione, dal doppio livello narrativo secondo la riscrittura di Trevisan. Storie parallele tra Dostoevskij e la giovane stenografa Anna Grigor’evna, e tra il protagonista Aleksej e Polina, messe in scena dal regista Gabriele Russo che punta arditamente sul trilivello dove si aggiunge ai sopracitati piani, quello narrativo di Aleksej per svolgere il compito di soluzione scenica.
L’intenzione del grande scrittore russo Dostoevskij nel romanzo ‘Il giocatore’ di analizzare il gioco d’azzardo in tutte le sue forme con i diversi tipi di giocatori, dai ricchi nobili europei, ai poveretti che si giocano tutti i loro averi, ai ladri tipici dei casinò, è stato rispettato sia in fase di riscrittura che in quella interpretativa proposta.
Ma lo spettatore già dalla prima scena si è trovato di fronte ad un primo atto a scorrimento veloce, dove si perde qualche battuta, soprattutto nella parte iniziale dove l’impatto con il Dostoevskij narratore sembra entrare ed uscire dal personaggio di Aleksej procurando qualche vertigine cognitiva.
Il secondo atto è reso brillante dall’entrata in scena del personaggio di baboulinka (in russo significa nonna), interpretato dalla splendida Paola Samba, la cui uscita di scena mette in evidenza il rallentamento del racconto teatrale giungendo fin quasi alla sonnolenza nelle ultime fasi, quelle di un Aleksej ormai giunto al limite della decenza, negli ultimi dieci minuti soporiferi dello spettacolo.
Peccato per il piano della relazione tra lo scrittore e la segretaria condensato solo negli ultimi cinque minuti, risolvendo il tutto nel ricordo della Grigor’evna divenuta moglie di Dostoevskij, nel suo ricordo di quell’incontro a distanza di cinquant’anni dal matrimonio. Non meno comprensibile è il rapporto tra l’innamorato Aleksej e Polina, la perdita di Polina dovuta al ritorno al gioco di Aleksj, sembra invece dovuta ad una scelta economica di Polina per il riscatto dalla somma dovuta al marchese francese, più che il crederlo vizioso ed in preda alla follia fuggendo da Mr. Astley. Qui la narrazione è farraginosa nonostante che teatralmente si giunga all’apice del rapporto tra i due personaggi.
Un punto ostico è l’inserimento di brandelli di frasi in lingue diverse dall’italiano, come rimarcazione dell’identità del personaggio, superflue per la narrazione teatrale e che lasciano un vuoto per lo spettatore poco aduso alle lingue straniere, in quanto manca una traduzione affiancata. La curiosità resta sull’uso del siciliano del personaggio del croupier, che fa colore ma che non aggiunge nulla, anzi fa strano vedere come la tentazione rappresentata dal personaggio sia identificata con questa bella lingua meridionale. Forse un omaggio alla coproduzione della Fondazione Teatro di Napoli-Teatro Bellini con il Teatro Stabile di Catania?
Rispettata l’atemporaneità voluta dal regista, con il mantenimento del nome astratto della cittadina di Roulettemburg dato da Dostoevskij nel romanzo, dove il vizio del gioco non conoscerà mai un termine temporale, in quanto l’essere umano si lascia travolgere dalla speranza di fare soldi facilmente giustificando o mascherando il tutto spesso con la scusa della necessità.
Molto bella la concezione scenografica, un angolo tra due ambienti, un incrocio di vite dei personaggi-giocatori e dei loro destini.
Pregevole la soluzione della ricorrenza del valore numerico delle cose, come la ricerca ossessiva del cambio valutario in diverse monete o il conteggio esasperato del numero delle cartelle del romanzo imposto a Dostoevskij dall’editore, ultimato in 28 giorni, per pagare i debiti di gioco. Il numero cercato ostinatamente di raggiungere il ‘quantum’ per la pubblicazione, con l’annesso numero delle parole, va ad affiancarsi ai numeri sui quali i giocatori ripongono le loro speranze di vincita, quei numeri che coinvolgeranno anche l’anziana nonna Antonida Vasil’evna, l’anziana nonna proprietaria della futura eredità, che invece la perderà tutta.
Numeri che da scenografia appaiono sulle pareti dell’ambientazione, un full immersion molto d’impatto nella vertigine del gioco, che cattura il pubblico.
Altra soluzione scenica sono alcuni oggetti di scena che pendono dall’alto, con l’ingresso immediato come la loro uscita, o come la soluzione del binario del treno che posto in verticale sullo sfondo del palco annuncia l’imminente arrivo della anziana nonna.
Splendidi gli abiti di Chiara Aversano, dove si sposa eleganza e carattere, con il discorso a parte per il costume del protagonista Aleksej, come da lei indicato in conferenza stampa, che assomiglia ad un guerriero, troppo simile però al personaggio di Assassin’s Creed, specie quando indossa il cappuccio.
Daniele Russo è nei personaggi e nelle loro intricate relazioni e psicologie, mentre per Camilla Semino Favro non emerge il tratteggio dei personaggi, dove nonostante l’ammirevole tecnica non traspaiono i sentimenti dei personaggi a lei assegnati, forse per un mancato o voluta intenzionalità della riscrittura?
Nonostante qualche lacuna, questo riadattamento e messa in scena de ‘Il giocatore’ è uno dei migliori messi in scena degli ultimi anni.