La regia di Bruno Garofalo per “Napoli nella tempesta”, un’opera tratta da “La Tempesta” di Eduardo De Filippo
Nell’ambito delle celebrazioni designate come “Eduardiana” (a cura del Forum Internazionale delle Culture Napoli e Campania) per i 30 anni della dipartita del grande maestro Eduardo de Filippo è andata in scena, in anteprima nazionale nei giorni 7-8 Settembre 2014 al Maschio Angioino (a seguire il 10 settembre al teatro Mercadante di Napoli e il 13 al teatro Romano di Benevento) un’opera tratta dalla pièce teatrale del grande Eduardo, a suo volta ispiratosi alla drammaturgia del Bardo from Stratford -on -Avon.
Quest’opera del grande Shakespeare narrava che il mago Prospero (Duca di Milano) fu deposto dal geloso fratello Antonio e costretto all’ esilio su un isola insieme alla figlia Miranda. Quando dodici anni dopo, passò al largo dell’isola, la nave del fratello Antonio egli organizzò la sua vendetta. Scatenò un nubifragio (ecco, la Tempesta) aiutato da Ariel, uno spirito che egli aveva liberato da un albero nel quale l’aveva reclusa la strega Sicorace; Quest’ultima, oramai defunta, era madre di Calibano che, provocato dall’avvenenza di Miranda, tentò di abusarne per creare una nuova razza. Prospero per punizione, lo fece schiavo. Ferdinando sì innamorerà di Miranda. Prospero, come un abile regista che conduce i suoi attori sulla scena, cerca invano di controllare la vita degli abitanti dell’isola, ma la vicenda, grazie anche all’intervento di spiriti benevoli, si conclude col lieto fine: il matrimonio di Ferdinando e Miranda e la pace tra Antonio e Prospero, con la rinuncia di quest’ultimo alla magia.
Nella versione eduardiana del 1983, (pubblicata dalla collana Einaudi) è il perdono e non la vendetta il motore del suo sviluppo. La traduzione effettuata dal drammaturgo è una vera e propria riscrittura in lingua napoletana. Le affermazioni che in italiano sembrano neutre, nel dialetto cultivè di Eduardo sembrano, al contrario, acquistare una carica positiva e propulsiva. Questi personaggi verranno riscritti secondo un affresco tutto partenopeo: il ricorso agli spiriti, l’evocazione di forze misteriose ed incontrollabili della natura sono dinamiche che si aggiungono alla perenne visione dell’umanità come esercito di burattini guidati da destino. Una caratteristica che si ricongiunge all’anima della teatralità e della fantasia tradizionale – napoletana e meridionale- pervasa da spiritismi e da incontri con santi, angeli e demoni, ma non soltanto. E’ una considerazione che si basa sulla trasmissione dalle favole che si raccontavano un tempo nelle stalle o nelle piazze dei paesi. Una delle ragioni per cui Eduardo scelse questa commedia fu:”La tolleranza,la benevolenza che pervade tutta la storia” e in queste parole si ritrovano la saggezza e la lungimiranza dei grandi. “Sebbene sia stato trattato in modo indegno da suo fratello, dal re di Napoli e da Sebastiano, Prospero non cerca la vendetta bensì il loro pentimento. Quale insegnamento più attuale avrebbe potuto dare un artista all’uomo di oggi, che in nome di una religione o di un ideale ammazza e commette crudeltà inaudite, in una escalation che chissà dove lo porterà?”
Sulle peculiarità evidenziate dal Maestro eccoli reinterpretati, rielaborati in opera concerto dal regista Bruno Garofalo, allievo del grande Maestro. Al Maschio Angioino va in scena un’ opera in un atto unico, fluido, scorrevole. Un palco ad effetto, tra la narrazione fiabesca e la secolare tradizione oratoria teatrale. Dove, fra testi recitati, cantati e musiche scritte dal maestro Antonio Sinagra, si alternano paesaggi fantastici e suggestivi. Le musiche (tammurriate e villanelle) scandiscono tempi, luoghi, umori.; Scorre una recitazione che è più vicina alla poesia che al dialogo teatrale, pur nel rispetto dell’opera originale. Grande prova per gli attori,a principiare da Mariano Rigillo.
Come lui stesso afferma: “sarebbe più facile per un non napoletano recitare questa pièce in napoletano arcaico, che per un napoletano”.
Da non perdere. In un momento storico di crisi di identità e valori dove tutti sono attori ma solo di sè stessi, dove la professionalità e il talento vengono rinnegati, usurpati. La grande tradizione teatrale e letteraria partenopea e italiana deve essere sostenuta, alimentata e mai abbandonata. Andiamo a teatro!
ph. Angela Garofalo