A “Gli Incontri di Valore”, la rassegna culturale ideata e condotta da Nicola Ruocco, ospite, la scorsa settimana, lo scrittore napoletano Lorenzo Marone che ha presentato il suo ultimo libro “Le madri non dormono mai” edito da Einaudi.
“Le madri non dormono mai” di Lorenzo Marone
Con “Le madri non dormono mai” Marone spalanca ai lettori le porte di luoghi di cui tanti ne ignorano l’esistenza. Si tratta degli ICAM, istituti a custodia attenuata, luoghi dove le madri detenute scontano la loro pena accanto ai propri figli.
Ne esistono cinque in tutt’Italia. A Torino, a Milano, a Venezia, a Cagliari e a Lauro, in provincia di Avellino. Una realtà tutta italiana. In Europa non esistono istituti simili. Anzi, l’Europa ci bacchetta in tal senso.
Dopo aver visitato l’ICAM di Lauro (AV), Marone ha deciso di raccontare ciò che significa per un bambino crescere in una struttura simile che, al di là degli adattamenti strutturali, restano pur sempre celle con sbarre ed inferriate.
Lo scrittore partenopeo ha visitato l’ICAM di Avellino insieme a Paolo Siani, medico pediatra, deputato in Campania, vicepresidente della commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, nonchè fratello di Giancarlo Siani.
Paolo Siani ha presentato un disegno di legge affinchè vengano chiusi gli Icam. La soluzione alternativa sarebbe quella di potenziare le case famiglia protette, luoghi senz’altro più adatti alla crescita dei bambini. La proposta è stata accolta con la legge di bilancio 2020, ma con la caduta del Governo Draghi l’iter burocratico si è arenato.
“Gli Icam – chiarisce Marone – sono strutture che accolgono figli fino a 6 anni, età che può salire, in determinate circostanze, fino a 10 anni. Non oltre però. Dopo i bambini vengono sottratti alle loro madri e mandati “fuori”. Lo scrittore aggiunge: “Alcuni bambini sono nati lì dentro e non sanno che esiste una realtà diversa da quella, non sanno “quale realtà” lì attende.”
Una storia, quella raccontata in “Le madri non dormono mai” che è un chiaro invito a riflettere sul concetto di libertà. Per quei bambini l’ICAM è casa, è un luogo in cui sentirsi protetti. E’ un guscio, proprio come racconta Diego, uno dei tanti protagonisti del libro.
Diego ha nove anni. Nel rione dove viveva i suoi coetanei lo prendevano in giro per i suoi piedi piatti, i suoi occhiali e la sua pancia. Ma poi sua madre, Miriam, è stata arrestata ed è stata mandata, insieme a lui in un ICAM. Lì, Diego si sente al sicuro. E’ lontano da queli bambini che lo torturavano e acquista maggiore sicurezza in sé stesso. Si fa degli amici; trova persino una sorella: la dolce Melina che trascorre il tempo riportando su un quaderno le «parole belle»; e poi ci sono le guardie e i volontari che gli vogliono bene. Anche Miriam si accorge con commozione dei cambiamenti del figlio, ma Diego non ha l’età per rimanere a lungo nell’ICAM. Presto dovrà tornare fuori, “nel quartiere”, dove essere più forte, più pronto, potrebbe anche non bastare.
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