“Divorziare con stile” di Diego De Silva (Einaudi) – Recensione

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Dopo aver letto, la scorsa estate, “I valori che contano (avrei preferito non scoprirli)”  – che abbiamo recensito qui – ho desiderato rituffarmi anche questa estate nelle disavventure dell’Avv.Vincenzo Malinconico, così ho scelto di leggere “Divorziare con stile” prequel di “I valori che contano”.

“Divorziare con stile” è disponibile anche su Amazon

“Divorziare con stile” di Diego De Silva (Einaudi)

L’Avv. Vincenzo Malinconico questa volta è alla prese con due giudizi, quello pendente innanzi al giudice di pace per il risarcimento dei danni  subiti da un suo quasi-zio, che in un pomeriggio piovoso è andato a schiantarsi con il naso contro la porta a vetri di una tabaccheria e la causa di separazione di Veronica Starace Tarallo, sensualissima moglie del celebre avvocato Ugo Maria Starace Tarallo, accusata di tradimento virtuale. Oltre alle problematiche legate alla vita professionale Malinconico si ritrova ad affrontare piccole rogne: una segretaria sui generis, una cena con i vecchi compagni di scuola e l’arrivo di una notizia inaspettata che Malinconico dovrà accettare obtorto collo.

Recensione

Credo di aver amato troppo “I valori che contano” perchè “Divorziare con stile” per quanto ironico e con finale sorprendente, non mi ha entusiasmata particolarmente.

Ho ridacchiato ad alta voce, senza ritegno, davanti alla gente in spiaggia, anche leggendo questo libro, L’ironia di De Silva è fuori discussione, non lascia scampo.

“Uno dei privilegi dell’esser single (che basterebbe da solo per motivare la scelta) è non avere nessuno che ti rivolge la parola quando ti alzi al mattino….Sono soprattutto i primi quindici-venti minuti di riemersione dal sonno (quando ti trascini dalla camera da letto alla cucina e prepari il caffè aspettando che passi il disprezzo mattutino per te stesso  che ti sfigura il volto e fa sì che la tua unica emissione vocale sia il muggito) che controindicano ogni relazione umana…”

Oltretutto avendo frequentato per oltre 25 anni le aule di tribunali, preture e giudici di pace, le righe di De Silva mi giungono come un’istantanea di tanti momenti già vissuti.  Nel personaggio di Pestalocchi che “da dietro la scrivania se la tira manco fosse un presidente di Cassazione” ho rivisto diversi giudici che negli anni (ahimè!) ho incontrato. Inoltre, ho rivissuto il comportamento tipico del teste citato in giudizio.

Chi non fa questo mestiere non ha idea delle molteplici umiliazioni a cui espone. Quello che più offende è la disinvoltura con cui gli utenti della Giustizia ci mancano di rispetto. Il fatto – tanto per fare un esempio – che un teste citato in giudizio dia di matto perchè non gli va di aspettare che chiamino la causa e si lamenti con l’avvocato di star perdendo il suo tempo, implica la convinzione che l’avvocato abbia tempo da perdere. Di più: che l’allestimento dell’intera macchina giudiziaria, le sue procedure, le sue formalità, le sue lungaggini, sia tutta un’intera perdita di tempo e di risorse, il protocollo di un carrozzone inconcludente lontano dal paese reale che lavora, produce e non ha mattinate da perdere. Gli avvocati che lavorano per vivere devono confrontarsi ogni giorno con questi attentati alla dignità…”

Ciò che, invece, non ho particolarmente apprezzato di questo capitolo della saga di Malinconico è stata la costruzione del romanzo. Troppi episodi scollegati tra loro che danno l’impressione di esser stati aggiunti tanto per “allungare il brodo”. A mio avviso sarebbe bastata la narrazione delle vicende giuridiche e delle relazioni familiari. Le pagine in cui De Silva racconta della cena con i compagni delle scuole superiori, del professore ritrovato in circostanze insolite (mi aspettavo di ritrovarlo qualche pagina dopo e invece  il prof. è stata una meteora) e dei tentativi di scrittura di Gaviscon, a mio avviso, si sarebbero potute anche evitare.

Inoltre, in questo romanzo Malinconico è più acido, più scostante, più sfacciato del Malinconico solitamente impacciato, remissivo, a tratti fantozziano.

Resta il fatto che il libro è assolutamente da consigliare. La scrittura di De Silva è piacevolmente scorrevole, suscita allegria, insegna e invita alla riflessione.

“Io, al mattino, oltre a godermi l’immensità del silenzio casalingo e sentire felicemente la mancanza di altri esseri umani in giro, amo sedermi alla finestra della cucina mentre sorseggio il primo caffè e spiare gli abitanti del palazzo di fronte che iniziano a prendere dimestichezza con il giorno. Il dettaglio che più mi appassiona è la sequenza dei movimenti con cui il condomino medio guarda il mondo fuori di casa: prima in basso, come volessi farsi un po’ i fatti degli altri, poi verso il cielo per azzardare una previsione climatica e insieme tendere all’infinito.”

 

“Divorziare con stile” è, dunque, un libro per tutti, l’ideale da portare in viaggio, perfetto da leggere in spiaggia. Vincenzo Malinconico è un ottimo amico con il quale trascorrere piacevolmente qualche ora. Unica controindicazione: riderete senza alcun contegno davanti a tutti.

Buon divertimento!

 

 

 

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