Nel libro “ L’ipocrisia dell’Occidente” Franco Cardini racconta le varie fasi dell’attacco musulmano all’Occidente con una personale chiave interpretativa.
Dietro lo scontro di civiltà usato da minoranze sparute, vi sono interessi precisi ed al servizio di questo mito appartengono più o meno consapevolmente una diplomazia internazionale traballante e voltagabbana ed un universo mediatico allarmista e ricercatore di consensi di legittimità.
Sulla base degli attentati di matrice islamica siamo portati a giudicare l’aspetto esteriore della situazione di terrore perpetrata dai fanatici del fondamentalismo islamico, ma prima di giudicare bisogna conoscere determinate verità che lo storico cerca di riportare nel suo libro.
Una di queste è che negli anni settanta gli statunitensi in Afganistan in funzione antisovietica, si sono serviti dei guerrieri missionari fondamentalisti provenienti dall’Arabia Saudita e che la mala pianta del fondamentalismo l’abbiamo innaffiata e coltivata per anni noi occidentali per cui l’autore mette a nudo certe verità circa le ragioni sulla situazione di terrore che stiamo vivendo.
Uno degli episodi di violenza di matrice islamica citata nel libro, è l’attentato del 7 gennaio 2015 compiuto da due fratelli di fede musulmana d’origine nordafricana, cittadini francesi, Cherif e Said che hanno fatto irruzione nella sede del settimanale “Charlie Hebdo” che hanno sterminato tutti i redattori insieme al personale di custodia compresi quelli che erano fuori.
L’evento è stato riportato dai media che hanno enfatizzato la sua gravità e creata una situazione di paura ovunque ed ancora oggi a distanza di qualche mese c’è il rischio di altri attentati anche altrove.
Le religioni possono anche venire invocate come alibi per questo scontro; e qualcuno, nella manovalanza del terrorismo islamista, come in quella dell’ottusa islamofobia di certi occidentali, può anche pensare che ne siano causa effettiva.
Ma le ragioni reali del conflitto mondiale ormai aperto risiedono nello scontro fra la brutale volontà di potenza di chi oggi detiene il controllo del pianeta versus la fame e la sete di giustizia che anima, in parte ancora inconsapevolmente, quella che Toni Negri ha a suo tempo definito «la moltitudine».
I troppi “dannati della terra“, la cui esistenza non possiamo più ignorare se non altro perché essi hanno imparato a conoscerci non per quello che sosteniamo di essere la “civiltà dei diritti dell’uomo“, bensì per quello che siamo: non ignorano più né quello che abbiamo fatto e che continuiamo a fare, né il livello di vita e di prosperità che le conseguenze della nostra egemonia sul mondo ci hanno consentito di raggiungere, né il costo in termini di sofferenza e di miseria che a causa di ciò il genere umano ha dovuto sostenere.