I classici della letteratura: “Cecità” di José Saramago


Nel terzo appuntamento della rubrica dedicata ai classici della letteratura mondiale, passiamo in rassegna uno dei romanzi più celebri della letteratura spagnola del secolo scorso. Il titolo è Ensaio sobre a Ceguera di José Saramago, meglio noto in Italia come Cecità. Pubblicato per la prima volta nel 1995, un anno dopo, in Italia. Quest’opera letteraria è tra le più importanti dello scrittore e giornalista portoghese, che ha contribuito a condurlo la notorietà mondiale.

José Saramago e la dittatura del Portogallo

Josè Saramago nacque ad Azinaga nel 1922. Dopo gli studi Tecnici abbandonò le scuole superiori per difficoltà economiche, dedicandosi a lavori di ogni tipo, fino a trovarne uno in pianta stabile nel campo dell’editoria. Lavorò per dodici anni come direttore di produzione. Nel 1947 scrisse il suo primo romanzo Terra del peccato, che in seguito ripudiò forse per uno stile in cui ancora non si riconosceva.

Dal 1955 lavorò come traduttore delle opere di Hegel, Tolstoi, Baudelaire, Maupassant; ma nel 1966 smise per rientrare nell’editoria. Parallelamente svolgeva il lavoro di giornalista, e trovava in Antonio Salazar, dittatore del Portogallo, un acceso oppositore per le sue idee anti-dittatoriali. Nel ’69 si iscrisse clandestinamente al Partito Comunista Portoghese, per evitare di essere scoperto dalla polizia di regime.

Negli anni ’70 divenne direttore di una casa editrice curando diverse cronache, testi teatrali e racconti. Dal ’74 in poi si dedica esclusivamente all’attività letteraria. Il riconoscimento internazionale arriva in tarda età, negli anni novanta, grazie a romanzi come Il Vangelo secondo Gesù Cristo e Cecità. Riceve il Premio Nobel per la letteratura nel 1998.

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La sinossi di “Cecità”

In un tempo e un luogo non precisati, all’improvviso l’intera popolazione diventa cieca per un’inspiegabile epidemia. Chi è colpito da questo male si trova come avvolto in una nube lattiginosa e non ci vede più. Le reazioni psicologiche degli anonimi protagonisti sono devastanti, con un’esplosione di terrore e violenza, e gli effetti di questa misteriosa patologia sulla convivenza sociale risulteranno drammatici.I primi colpiti dal male vengono infatti rinchiusi in un ex manicomio per la paura del contagio e l’insensibilità altrui, e qui si manifesta tutto l’orrore di cui l’uomo sa essere capace.

Nel suo racconto fantastico, Saramago disegna la grande metafora di un’umanità bestiale e feroce, incapace di vedere e distinguere le cose su una base di razionalità, artefice di abbrutimento, violenza, degradazione. Ne deriva un romanzo di valenza universale sull’indifferenza e l’egoismo, sul potere e la sopraffazione, sulla guerra di tutti contro tutti, una dura denuncia del buio della ragione, con un catartico spiraglio di luce e salvezza

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