In nome del Padre, il nuovo romanzo di Amatucci

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Pubblicato da Kairos Edizioni nella collana Maigret, la spy story di Massimiliano Amatucci non ha forse ricevuto l’accoglienza che meritava da parte degli estimatori del genere, a causa dell’emergenza nella quale l’Italia è stata catapultata per la diffusione del Covid-19.

“In nome del Padre” si situa con giusto titolo nella categoria della storia di spionaggio sullo sfondo di un intricato intrigo internazionale.

Eppure l’autore si serve di questo collaudato contenitore per veicolare l’annosa tematica -ora solo apparentemente desueta- dello scontro tra religioni, del confronto o piuttosto del conflitto tra la cultura dell’ occidente e quella di cui si fa portatore l’integralismo di matrice islamica, che ha caratterizzato la storia del nostro pianeta negli ultimi anni. Aspetto ancora più interessante, però, è quello di cui si fa interprete il personaggio principale, che come il Padre di cui si fa menzione nel titolo, è uno e trino, avendo vissuto tre fasi di vita molto diverse, addirittura antitetiche tra loro fino a sembrare tre personaggi differenti che si muovono snodati e sciolti l’uno dall’altro.

E invece mentre cerca di portare a compimento la sua missione, quest’uomo nato a Napoli, fulcro della vicenda, si ritroverà a salvaguardare se stesso, la sua vita, la sua incolumità mentre i suoi valori vengono messi a dura a prova; quando scopre che non ci sono che poche certezze ineluttabili nella sua vita e che quelle poche certezze hanno una matrice di profonda fede, si ritroverà costretto a guardarsi nell’altro come in uno specchio. Negli occhi dell’uomo che deve fermare, infatti, ci sono la stessa forza, la stessa convinzione. Con un nome diverso.

Lettura appassionante, linguaggio scorrevole con poche concessioni alla lingua madre del personaggio, ad Amatucci va riconosciuto il merito di aver ben delineato, attraverso delle efficaci descrizioni, lo scenario europeo all’interno del quale si dipana la vicenda tratteggiando una Londra geo-politicamente calzante all’idea -diffusa prima della Brexit- di capitale multiculturale, di città dell’integrazione. E una Parigi velata di violenza, che ricorderà a chi l’ha vissuta, le atmosfere  della notte buia del Bataclan.

 

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