“L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito – Recensione

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Con “L’acqua del lago non è mai dolce” edito da Bompiani, Giulia Caminito ha vinto il Premio Strega Off 2021 ed il Premio Campiello 2021 . Il libro, racconta la storia di una adolescente che cresce ad Anguillara Sabazia, sul lago di Bracciano, in una famiglia economicamente disagiata – condizione, quest’ultima, che la ragazza vive con notevole fatica ed imbarazzo.

“L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito, trama

Antonia ha quattro figli e un marito disabile costretto sulla sedia a rotelle. In casa entrano pochissimi soldi, ma Antonia cerca di dare il meglio alla propria famiglia. insegnando ai suoi figli l’onestà e invitandoli a studiare per emanciparsi ed avere una vita migliore. Proprio per dar loro una possibilità di riscatto decide di trasferirsi sul lago di Bracciano. Siamo all’inizio degli anni Duemila. La primogenita di Antonia frequenta il liceo. E’ una ragazza che vive male il disagio della sua famiglia: un padre inchiodato su una sedia rotelle, l’impossibilità di essere come tutti gli altri suoi coetanei. E mentre Antonia continua a camminare a testa alta facendo grossi sacrifici per far quadrare i conti di casa ed avere la sensazione di avere tutto sotto controllo, sua figlia cade in un profondo abisso.

lacqua del lago non e mai dolce

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Recensione

Confesso che leggendo le prime pagine di questo libro ho avuto difficoltà a capire perchè fosse stato finalista e vincitore dei due principali premi letterari italiani. Man mano però che sono andata avanti nella lettura, senza accorgermene, mi sono ritrovata “con l’acqua alla gola” trascinata dalle parole della Caminito nel fondo melmoso del lago. Ho incassato uno e più colpi, ho faticato a “restare a galla” e mi sono ritrovata a sperare che in qualche modo la trama evolvesse e sfociasse in una rinascita. Mi sono, dunque, ricreduta su quel giudizio iniziale dato troppo frettolosamente.

La Caminito con una scrittura fredda, asciutta, asettica racconta il disagio interiore di una adolescente che trasforma il suo imbarazzo in qualcosa che poi non riuscirà più a governare.

“Io sono stata un cigno, mi hanno portato da fuori, mi sono voluta accomodare a forza, e poi ho molestato, scalciato e fatto bagarre anche contro chi s’avvicinava con il suo tozzo di pane duro, la sua elemosina d’amore”.

“Ci hai mai pensato all’acqua? Dicono acqua dolce, ma è una bugia. Questa acqua ha il sapore della benzina, quando avvicini l’accendino prende fuoco.”

Antonia, nella sua frenesia di superare gli ostacoli della vita, non si accorge cosa realmente stia accadendo. Antonia organizza in modo quasi scientifico l’economia domestica e organizza la vita di tutti riponendo fiducia e speranze nella sua primogenita. Commuovono le pagine in cui la Caminito descrive “la conquista” di Antonia, quella di esser riuscita a portare a casa un dizionario di italiano.

“Così fai i confronti con il latino e il greco, studi le lingue, le avessi potute studiare io, hai visto che bello? Tutte le parole, proprio tutte […] Mi getta tra le braccia il dizionario e continua a sorridere, le brillano gli occhi d’un sogno […] Le gioia di mia madre mi si appiccica addosso, dopo mesi di viso scuro e parole mozze non posso recarle tristezza e così scelgo un’altra parola e così restiamo sospese nel tempo di quello che imparo la prima volta […] C’è una forza dinamica, che mi spinge a perseguire la sua soddisfazione, allontanandomi dalla mia”.

La ragazza però soffre atrocemente la sua condizione di povertà: “Io non ho giocattoli e ho poche amiche, mi tocca di ogni cosa la sua mala copia: la bambola cucita con pezzi di stoffa avanzati, la cartella usata da un’altra bambina e con i suoi disegni sopra, le scarpe del mercato portate a casa senza scatola ma dentro una busta di plastica con la sua suola già consumata, al posto delle luci di Natale e mandarini, al posto delle Barbie le loro fotografie ritagliate dalle riviste”.

Il lettore si ritrova immerso nello stato di torpore della giovane protagonista anche grazie ai lunghi asettici elenchi con i quali la Caminito si serve per descrivere al meglio il disagio, la noia, l’indolenza:  “Chissà un ladro cosa ne penserebbe delle scatole per scarpe che Antonia usa per dividere i calzini dalle magliette nei nostri cassetti, delle confezioni delle uova che dipinge di blu, di argento, di porpora e tiene su una mensola in camera sua, le ha riempite di ninnoli, anelli da bigiotteria, collanine fatte da lei con conchiglie trovate a Ostia e i fili dei pacchi, dei poggiapentole realizzati grazie a tappi di sughero, resti del vino rosso e frizzante che ama tanto mio padre e a me fa venire dolore alle tempie”

Un libro dunque che non lascia indifferenti, probabilmente non tanto per la trama, quanto per l’uso e l’attenzione rivolta dall’autrice alle parole, al loro significato.

Buona lettura!

 

 

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