“Le madri non dormono mai” di Lorenzo Marone – Recensione


Lorenzo Marone non delude mai – che il protagonista dei suoi romanzi sia un uomo (La tristezza ha il sonno leggero) o una donna (Magari domani resto), un anziano (Tutto sarà perfetto) o un bambino (Le madri non dormono mai), Marone riesce sempre ad essere credibile e a raccontare storie che coinvolgono appieno il lettore.

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Le madri non dormono mai di Lorenzo Marone – Recensione

Ho letto “Le madri non dormono mai” (Einaudi) durante le mie vacanze settembrine. Il romanzo, oltre ad essere un chiaro invito a riflettere sul concetto di libertà, ha il merito di far conoscere ai lettori gli ICAM, gli istituti a custodia attenuata, luoghi dove le madri detenute scontano la loro pena restando accanto ai propri figli.Gli ICAM rappresentano una realtà esclusivamente italiana.

In Europa non esistono istituti simili.In Italia se ne contano cinque: a Torino, a Milano, a Venezia, a Cagliari e a Lauro, in provincia di Avellino.

Dopo aver visitato l’ICAM di Lauro (AV), Marone ha deciso di raccontare ciò che significa per un bambino crescere in una struttura simile che, al di là degli adattamenti strutturali, restano pur sempre delle celle con sbarre ed inferriate.Lo scrittore partenopeo ha visitato l’ICAM di Lauro insieme a Paolo Siani, medico pediatra, deputato in Campania, vicepresidente della commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, nonchè fratello di Giancarlo Siani, il “giornalista giornalista” la cui triste storia è nota a tutti.

Siani ha presentato un disegno di legge affinchè gli ICAM vengano chiusi.La soluzione alternativa sarebbe quella di potenziare le case famiglia protette, luoghi senz’altro più adatti alla crescita dei bambini.

La proposta fu accolta con la legge di bilancio del 2020, ma con la caduta del Governo Draghi l’iter burocratico si è completamente arenato.

Le madri non dormono mai di Lorenzo Marone (Einaudi), trama e recensione

Diego ha nove anni.Nel rione dove viveva prima che sua madre venisse arrestata i suoi coetanei lo prendevano in giro per via dei suoi piedi piatti, degli occhiali e della pancia.

Quando Miriam, sua madre, viene arrestata, Diego approda all’ICAM, un posto dove finalmente si sente al sicuro, un posto che contrariamente alla funzione della struttura, concede a Diego “la libertà”, quella di essere se stesso.Lontano dai bambini che lo vessavano Diego acquista maggiore sicurezza, incontra nuovi amici e trova una bambina che considera “la sua sorellina”, la dolcissima Melina che trascorre il suo tempo riportando su un quaderno quelle che lei chiama “le parole belle”.

Miriam si accorge con commozione dei cambiamenti di suo figlio.Diego però è grande.

Ha 9 anni.Al compimento del suo decimo anno di vita non potrà più restare all’ICAM, non potrà più stare con sua madre che avrà ancora diversi anni da scontare in carcere.

Diego dovrà tornare fuori,  dovrà tornare “nel quartiere” e dovrà essere più forte e più pronto degli altri per non soccombere.

– Miriam tornò ai suoi panni, e tolse l’aria dai polmoni con uno sbuffo.Lei non voleva compagnia, non conosceva l’amicizia, non temeva la solitudine.

Il sole mattutino s’affaccendava a portare un po’ di calore, permetteva ai bambini di restare fuori a giocare, ma proiettava l’ombra delle sbarre sulla parete alla sua destra, sezionava il muro come fosse una scacchiera.Miriam ripensò alle parole della donna e s’accostò alla grata per cercare Diego nel cortile, e lo scorse in un angolo che s’intratteneva con uno scricciolo di ragazzina dai capelli ricci: lui tentava di fare una capriola, lei rideva.

Di lui, pensò subito Miriam, e la pervase la solita furia che abitava le sue giornate senza amore e le deformava il volto, la furia dei respinti, o di chi si crede sempre tale, lei persecutrice perché perseguitata.Il sangue s’animò nelle vene e le scaldò le guance: avrebbe spaccato volentieri la faccia a qualcuno.

S’appese alle spranghe e allungò l’esile collo, come a voler uscire da lì, lei così minuta, e si ritrovò sulle punte senza volerlo, da dietro pareva un puma pronto a spiccare il balzo.Pensò di andarsi a riprendere quel figlio cretino che a quasi dieci anni si lasciava sfottere da una mocciosetta e manco lo capiva.

Invece vide qualcosa d’inaspettato, vide la bambina ridere ancora per le parole del suo Diego, e però subito dopo vide anche il viso di lui aprirsi in un gioioso sorriso, e poi in una fragorosa risata che liberò farfalle, una risata per lungo tempo attesa, che le tolse l’ombra dalla faccia e la spinse a donare al cielo, alle nuvole dense che soffocavano quel carcere tra i monti, un moto appena percettibile di labbra. –
Il libro è diviso in capitoli.Ciascun capitolo porta il nome di uno dei protagonisti del libro.

La costruzione narrativa adottata da Marone consente al lettore di conoscere intimamente ciascun personaggio; consente, insomma, di entrare nella cella e nei pensieri di Miriam, di Anna, di Amina, di Dragana ed anche nelle case di Greta, di Miki e di Antonia.Anche nelle descrizioni ambientali Marone non si risparmia.

Prende per mano il lettore e lo conduce sui luoghi che abilmente descrive.

E partirono assieme, con una canzone di Springsteen che suonava piano, una ballata lenta e ripetitiva che ricopriva le cose di una dolce nostalgia.Uscirono dal paese e imboccarono la statale, quindi svoltarono per una stradina che s’arrampicava per i monti.

Sotto di loro c’erano la valle degli uomini, le luci, le case dl paese addossate, a darsi coraggio l’una con l’altra, sopra invece c’era un cielo nero senza luna e pieno di stelle.Michele aveva lo sguardo dritto, sembrava preso dalla canzone, o forse dai ricordi, guidava accorto, puntava i tornanti e li assecondava girando poco lo sterzo, si affidava alla strada come il buon marinario al mare.

Il consiglio

Leggete questo libro perché oltre ad amare Diego, la piccola Melina, Gambo e Adamu, entrerete nelle pene e nelle contraddizioni degli adulti, di quelli che hanno perso fisicamente la libertà, ma anche di quelli che si ritrovano prigionieri delle convenzioni e/o di scelte talora non troppo ragionate.

Con delicata profondità Marone racconta le debolezze e i drammi umani invitando il lettore  a domandarsi cosa significhi davvero essere liberi o prigionieri.Buona lettura!

autori partenopei

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