Definire un uomo “pelato” sul posto di lavoro è la stessa cosa di fare apprezzamenti al seno di una donna. Questo quanto deciso da alcuni giudici della Gran Bretagna. Il “casus belli” è nato ad opera di un operaio, tale Tony Finn, che ha fatto causa contro la sua azienda in cui ha lavorato per 24 anni. Per arrivare a questa conclusione bisogna tornare indietro di tre anni, al 2019. Durante una giornata di lavoro, il supervisore della fabbrica dove lavorava Finn, si è rivolto a lui con l’epiteto “calvo” seguito da alcuni insulti. Ne è nata una discussione tra i due, che per poco non è generata alle mani. Davanti ai giudici Finn ha dichiarato di aver temuto per la sua incolumità quel giorno.
Essere chiamato “pelato” lede la dignità della persona
I giudici, a questo punto, si sono interrogati pensando se fosse molesto definire un uomo “pelato”. Secondo i giudici, la risposta è sì. C’è una correlazione tra il sesso e l’essere definito “pelato”. Sempre secondo i giudici, questo termine lederebbe alla dignità della persona. I giudici hanno quindi classificato il gesto come “molestia sessuale“, e in un’ulteriore udienza fisseranno l’entità del risarcimento per il signor Finn da parte della sua ex fabbrica.