Circolo Degli Artisti, Fish’n’Chips & Glamda in collaborazione con Vice presentano POP CIRCUS Preview
Martedì 28 Maggio College e Deptford Goth
Mercoledì 29 Maggio Trust e Dirty Beaches
entrambe le serate special guests & djs
porte/botteghino
20:30
concerti
21:30
ingresso singola giornata
8 euro + d.p.
abbonamento
12 euro + d.p.
@ CIRCOLO DEGLI ARTISTI
Via Casilina Vecchia 42 – Roma
06 70305684; info@circoloartisti.it
Una provvidenziale ondata di refrigerio e divertimento è prevista a Roma per il prossimo Luglio.
Sbarca nella capitale la prima edizione di POP CIRCUS, il nuovo festival che raccoglie i nomi più hype della scena indie-pop-electro internazionale e promette di farli esibire in numeri strabilianti, come nei circhi più blasonati.
Ancora non vi è dato sapere chi saranno i protagonisti della mirabolante compagnia ma – nella lunga attesa che ci divide dall’estate – è prevista una succulenta anteprima al Circolo degli Artisti. Il 28 e 29 maggio si esibiranno sul palco del club di via Casilina, ben quattro band che ci faranno gustare un prelibato antipasto.
Martedì 28 maggio, ad aprire il sipario saranno l’electro pop sognante dell’artista francese COLLEGE, autore della colonna sonora del celebre film di culto “DRIVE” con Ryan Gosling, ed il nuovo talento della scena R’n’B/ Soul /Dub Step, DEPTFORD GOTH, entrambi attesissimi e per la prima volta in Italia in esclusiva per Pop Circus.
Mercoledì 29 maggio sarà invece la volta di TRUST – giovane duo canadese, anche loro per la prima volta nel nostro Paese, tra gli esponenti più apprezzati della scena New wave/Synth Pop – e del lo fi / psycho billy di DIRTY BEACHES, che ci presenterà in anteprima il suo nuovo album Drifters/Love is the Devil .
Un assaggio da non lasciarsi assolutamente sfuggire, in attesa che il Circo arrivi in città.
Martedì 28 Maggio
College
College, il progetto del francese David Grellier, tra i fondatori del blog/collettivo Valerie, ora anche casa discografica, ha appena dato alla luce il suo nuovo album, Heritage. Il disco è disponibile in vinile, in edizione limitata a 300 copie, dal 19 marzo. Se avete amato le sonorità della colonna sonora del film Drive, di cui College ha fatto parte con il brano A Real Hero, troverete pane per i vostri denti.
Deptford Goth
Pur se residente nella South London, Daniel Woolhouse non è né di Deptford (ma di Suffolk), né “goth”. È piuttosto uno dei migliori studenti che James Blake abbia mai avuto; Life After Defo la sua tesi di laurea che, non a caso, descrive come “sitting somewhere between real and synthetic”.
Lungi però dal limitarsi a dare per assodati gli insegnamenti del “maestro”, la dialettica uomo-macchina messa in scena dal nostro è sorprendentemente calda. Conserva la natura vagamente spettrale e spiriturale, nonché il cutting edge metallico e l’intimo gioco sui silenzi di quella di Blake, eppure, non rinunciando a un’ovattata stilizzazione “da cameretta”, ne risulta estremamente più familiare, immediata e molto meno pretenziosa. In una parola: pop.
Deptford Goth conosce tanto a memoria la lezione sul valore del minimalismo e del generale contegno da permettersi di gestirla non soltanto attraverso beat sparsi, ma anche in applicazione a trame – fatte di ritagli di chitarre stampo The xx e synth da sogno lucido, scintille garage e scampanellii ambient, contaminazioni dubstep e R&B, vocal-samples pitchati e altre glitcherie – che finiscono per mostrare una certa intricatezza. Woolhouse, infine, si sgancia dalla nutrita schiera di bedroom producer UK e si propone come aggiunta di spicco al fermento electro-soul-pop, grazie a un songwriting (e crooning) dalla consapevolezza e dall’onestà disarmanti; che saltuariamente tradisce la formazione blues (indotta in adolescenza) e la fascinazione (largamente condivisa) per il prodigio King Krule; che possiede lo stesso impatto emozionale del Youth Lagoon di The Year Of Hibernation (2011), di How To Dress Well, appunto dei primi The xx (in cabina di regia c’è, anche qui, Rodaidh McDonald); che mai perde d’intensità, sia lanciato in chorus da intelligentissimi “drop” (Bronze Age, Union) o piuttosto stripped-down (Lions).
Se nei vari listoni “Ones To Watch 2013” (e affini) non s’è vista praticamente traccia di Deptford Goth è perché questo Life After Defo risulta a tutti gli effetti come un’enorme sorpresa. Nessuno si aspettava granché dal ragazzotto barbuto che era solito inzozzare MySpace con tracce ispirate dall’amore per Mariah Carey (Real Love Fantasy, poi convogliata nell’acerbo Youth II EP del 2011), nessuno si era prospettato una tale, esponenziale crescita artistica. Invece è successo, lo applaudiamo, ci appuntiamo il suo LP – che è peraltro un “grower” – tra i migliori esordi dell’annata in corso. (sentireascoltare)
ore 18.30 c/o SUEDE STORE / Via dei Serpenti 127
COLLEGE showcase dj set + Nic (Fish’n’Chips) dj set
ingresso gratuito
Mercoledì 29 Maggio
Trust
A fare un disco pop, di quelli belli, con le canzoni belle, si fa una fatica inumana. Inumana perché è difficilissimo indovinare la melodia, il taglio delle tastiere, la voce e inquadrare tutto il contenuto in un qualcosa che emerga, che abbia una forma e una direzione. Quando però si raggiunge una sintesi nascono i dischi non belli, ma bellissimi. È il caso di questo duo, Trust. Vengono dal Canada, Toronto. Lei – Maya Postepski – è già conosciuta alle cronache per far parte degli Austra, lui – Robert Alfons – è un illustre sconosciuto.
Siamo dalle parti del gruppo madre di lei, ma forse anche no. Synth ovviamente, a manetta; una centrifuga però molto più in punta di piedi rispetto al debutto degli Austra – molto fioretto, e un taglio in generale decisamente asciutto. È quel synth davvero molto old school, da rimpatriata tra vecchi amici con panini e coldwave. Il completino totally black non lascia spazio a fantasie di sorta: ancora una volta anni 80. Ma come si diceva c’è molto meno unto nell’aria e un gusto tanto minimale nelle strutture, quanto variegato nei colori che risaltano.
Ne esce fuori un disco estremamente omogeneo e giocato davvero sui giri di synth, impeccabili nel ficcarsi in testa indelebilmente. I testi ammiccanti viaggiano su un unico binario assieme a tastiere sinuose, giocate su saliscendi ora intrisi di una spirito decadente, ora romantici, ora luminosi. Anche se la sensazione di un disco che ruota attorno alle variazioni sul tema può affiorare, poi alla fine ci si abbandona davvero a un debutto di impatto non così diverso dal fu-esordio dei Cold Cave. Una sorta di altra faccia della medaglia: aggressiva e grintosa la band di Eisold, più timidi e misteriosi, a tratti quasi dream-pop, i Trust.
L’iniziale “Shoom” parla chiaro: beat deciso e poco tronfio, synth in salita e tono della voce distante e quasi isolato rispetto al pezzo, in un crescendo continuo ma mai esagerato. Le potenziali hit sono tantissime: “Dressed For Space”, “Bulbform” vivissima fotografia, gli Absolute Body Control e i Depeche Mode che guardano da lontano, il profumo di mare lasciato alle spalle di “The Last Dregs”, la bellissima maliconia autunnale di “Candy Walls”, il vigore di una “Gloryhole” piuttosto che la sognante “Heaven”. La lacrimevole “Sulk” – singolo di lancio – chiude le danze, chiude un cerchio, chiude tutto.
Forse monotematico, forse un po’ statico, forse con un paio di pezzi di troppo. Fregarsene è la parola d’ordine, perché non so cos’altro possa servire, cos’altro si possa pretendere da un esordio. C’è tutto un campionario di emozioni per un disco che è un disco pop, ma anche no. L’importante è che ci sia una sola cosa, quella che conta: le canzoni belle. (ondarock)
Dirty Beaches
Dopo l’immediato successo del corroso pastiche anni 50 ‘Badlands’, Dirty Beaches aka Alex Zhang Hungtai torna con un doppio album ‘Drifters/Love Is the Devil’. “Ho cercato di nascondermi dietro questa immagine da lupo solitario itinerante con la giacca di pelle e i capelli fighi – personaggio che mi sono creato e che non mi rappresenta” racconta a proposito di ‘Badlands’. Quel personaggio era il risultato di diverse esperienze, in particolare i lunghi viaggi fra Taipei e San Francisco, Montreal e Shangai, alla ricerca di un significato, un esilio, uno smarrimento, senza una casa al quale fare ritorno. Hungtai descrive ‘Drifters’ e il quasi completamente strumentale ‘Love is the Devil’ come “me stesso fino in fondo, basato sugli ultimi due anni della mia vita”.
Questo album più sperimentale, che uscirà il 21 maggio via Zoo Music, vede Hungtai viaggiare attraverso motivi blues spezzati, una techno fragile, registrazioni all’aperto e assoli di chitarra molto vicini alla colonna sonora che Neil Young ha composto per il western esistenzialista di Jarmusch del 95 ‘Dead Man’.
ore 18.30 c/o SUEDE STORE / Via dei Serpenti 127
TRUST showcase dj set + Nic (Fish’n’Chips) dj set
ingresso gratuito
In collaborazione con
Suede Store
Zero
Nerds Attack
Dance Like Shaquille O’Neal
Always Never Again
http://alwaysneveragainproduzioni.wordpress.com
Face Magazine:
Mondo Bizzarro
http://www.mondobizzarrogallery.com
Artwork e disegni originali di DR PIRA