Il partito Fratelli d’Italia con la leadership di Giorgia Meloni per salvaguardare i principi fondanti della civiltà europea e l’identità nazionale ritiene condivisibile il piano economico proposto dal presidente americano Joe Biden.
Meloni sposa la dottrina di Biden
Il piano del partito democratico americano prevede una “global minimum tax”, una tassa con un’aliquota del 21 per cento, che dovrebbe obbligare le multinazionali a versare all’erario statunitense la differenza delle imposte pagate nei paradisi fiscali. Praticamente lo stravolgimento della politica economica del presidente Trump, punto di riferimento di Giorgia Meloni e della destra italiana, che addirittura arrivò a minacciare la rottura commerciale con i paesi europei, se l’Unione Europea avesse applicato la “digital tax” del 3 per cento sui profitti delle gigantesche multinazionali del web.
La digital tax europea era peraltro una misura di entità non rilevante, rispetto alla proposta attuale di Biden. Evidentemente la pandemia del coronavirus ha affossato le attività commerciali nazionali, allargando ulteriormente il divario tra i sistemi economici e produttivi e quindi è giusto contrastare la globalizzazione selvaggia e le sofisticate tecniche di elusione fiscale, che adottano le multinazionali.
Insomma la “governance della globalizzazione” trova d’accordo il partito democratico americano e il partito di Fratelli d’Italia e la leader Giorgia Meloni ha fatto presentare dai suoi gruppi al Parlamento una mozione con la quale chiede al governo Draghi di sostenere la riforma proposta da Biden sia a livello di unione europea, che nel G20, nel quale l’Italia si trova ad avere il turno di presidenza.
Il ruolo di Draghi quale esperto, riconosciuto ed apprezzato economista
Ovviamente il presidente Draghi, che è un esperto, riconosciuto ed apprezzato economista, dovrà verificare in quale maniera in Italia si possa applicare la global minimum tax attraverso la riduzione dell’Ires e quindi verificare la fattibilità del progetto americano. Il dato politico però è la svolta clamorosa di Fratelli d’Italia, che riconosce la necessità di accordi economici su scala mondiale e l’importanza del patteggiamento con i fautori del globalismo.
L’operazione della Meloni, che finora è stata una sovranista convinta, come e forse di più dello stesso Salvini, si muove sia sul piano nazionale, con un rapporto più collaborativo con il premier Draghi, sia a livello internazionale, guidando come leader europea il gruppo dei conservatori del Parlamento di Strasburgo verso soluzioni più moderate e di sistema. Fratelli d’Italia rimane ancora all’opposizione del governo Draghi e continua a fare la voce grossa sulla questione delle riaperture economiche in questa fase nuova della pandemia, per assecondare gli umori del suo elettorato, ma contemporaneamente comincia a muoversi dentro una politica europeista ed atlantista, per cercare soluzioni interne al sistema e non per provocare conflitti con lo stesso. Fino a pochi mesi fa invece difendeva spudoratamente le tesi del presidente Trump e degli altri sovranisti.
A mio giudizio, il processo importante e positivo per la dialettica politica italiana, per il partito della Meloni si dovrebbe completare, anche con riguardo alle tesi del passato sugli orrori del fascismo e del terrorismo eversivo di destra. Su questo evidentemente non è bastata la svolta di Fiuggi del 27 gennaio 1995 con il passaggio da MSI-DN ad Alleanza nazionale, che fu consacrata dal leader di quel tempo Gianfranco Fini, ma che ora dopo il suo ritiro dalle scene politiche, deve essere completata da una donna, che per età non poteva essere certamente la delfina di Giorgio Almirante, ma che comunque è stata ministro del governo Berlusconi e che soprattutto proviene dalle giovanili dello stesso storico partito di Almirante e Fini.