Un importante passo avanti nella ricerca sull’Alzheimer arriva dall’Italia. Un team di studiosi ha identificato un nuovo gene che potrebbe essere alla base della malattia, anche in età senile. Il risultato è frutto della collaborazione tra diversi gruppi di ricerca italiani ed è stato coordinato dall’Ospedale Molinette della Città della Salute di Torino. Lo studio, pubblicato sulla rivista Alzheimer’s Research & Therapy, apre nuove prospettive nella comprensione delle cause genetiche della patologia.
Alzheimer, un’indagine genetica su una famiglia italiana
La scoperta è il risultato di anni di studi condotti su una famiglia italiana affetta da Alzheimer ad esordio senile. Il team, guidato dalla ricercatrice Elisa Rubino, ha individuato mutazioni nel gene Grin2c, responsabile della codifica di una subunità del recettore NMDA del glutammato, un neurotrasmettitore essenziale per la funzione cerebrale.
Grazie all’uso di avanzate tecniche di genetica molecolare e alla collaborazione con esperti di diverse università italiane – tra cui Elisa Giorgio dell’Università di Pavia e Alfredo Brusco dell’Università di Torino – è stato possibile analizzare a fondo le implicazioni di questa mutazione. Fabrizio Gardoni, del Dipartimento di Farmacologia e Scienze Biomolecolari dell’Università di Milano, ha inoltre dimostrato che tale alterazione genetica provoca un aumento dell’eccitabilità neuronale e interferisce con il legame della proteina mutata con altre proteine cerebrali.
Un nuovo orizzonte per la ricerca sull’Alzheimer
Questa scoperta suggerisce che mutazioni genetiche rare possano essere un fattore scatenante anche per le forme senili della malattia, solitamente associate a cause multifattoriali e non esclusivamente genetiche. Innocenzo Rainero, direttore del Centro Alzheimer e demenze correlate dell’Ospedale Molinette e dell’Università di Torino, sottolinea l’importanza di questi risultati: “Questa ricerca apre nuove strade per comprendere meglio i meccanismi alla base dell’Alzheimer e potrebbe portare in futuro allo sviluppo di nuove terapie mirate.”
L’identificazione del gene Grin2c rappresenta dunque un tassello fondamentale per la lotta contro una delle patologie neurodegenerative più diffuse al mondo, offrendo nuove speranze sia alla comunità scientifica che ai pazienti e alle loro famiglie.