Steatosi epatica: E se fosse “fegato grasso”?


La steatosi epatica è uno stato del nostro fegato che implica un eccessivo accumulo di acidi grassi, comunemente detto “fegato grasso”

Nel nostro paese ne è colpita dal 10 al 35% della popolazione in genere tale condizione è associata a diabete o anche a altre piccole patologie che rientrano nella nota sindrome metabolica. La cosa grave è che si riscontra già in bambini tra i 7 e i 10 anni.

In termini più scientifici si parla di NAFLD ovvero Non-Alcoholic Fatty Liver Disease, la cui origine deriverebbe da una non sintonia tra le vie metaboliche  che riguardano sintesi, degradazione e secrezione dei lipidi dal fegato.

Le cause della steatosi epatica possono essere molto diverse fra loro, esse vengono suddivise in tre grandi categorie:

  • steatosi epatica da aumentato apporto di grassi
  • steatosi epatica da ridotto smaltimento di grassi
  • steatosi epatica da aumentata sintesi endogena di grassi.

Le steatosi della prima categoria sono dovute per lo più a un regime alimentare iperlipidico.
Le steatosi da ridotto smaltimento di grassi possono essere dovute a ipossia, a un regime alimentare ipoproteico, a difetti della sintesi delle apolipoproteine, a carenza di vitamine (come vitamina J e B12), o a un eccesso di vitamina PP.

Le steatosi da aumentata sintesi dei grassi sono provocate da un accumulo di grassi che provengono meccanismi di sintesi endogena come accade ad esempio con un eccesso di assunzione di alcol.

Da quanto espresso fino ad ora è chiaro che la composizione degli acidi grassi della dieta costituisce un fattore fondamentale per regolare il metabolismo lipidico del fegato.
Importantissimi sono i cosiddetti PUFA ovvero gli acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 e omega-6.
In particolare gli omega-3 presenti prevalentemente nell’olio di pesce sono capaci di limitare le dislipidemie e conseguentemente l’accumulo di grassi. Sono oramai note a tutti le sigle DHA e EPA che sono fondamentali acidi grassi presenti in quantità notevole anche in nuovi integratori immessi da qualche anno sul mercato a base di KRILL (appartenente allo zooplancton e meglio conosciuto come il cibo delle balene!) nello specifico della specie Euphasia superba.

Importante è anche l’apporto di omega-6 che sono presenti in alcuni vegetali e alcuni studi hanno evidenziato la notevole quantità che c’è nel pino coreano (Pinus koraiensis). Tra i vegetali pare che rivesta un luogo di primato l’olio di oliva che ha delle proprietà fortemente benefiche sul metabolismo lipidico, grazie alla presenza di acido oleico (un acido monoinsaturo della serie omega-9), ma studi sono attualmente in corso.

La steatosi in genere è asintomatica o con lievi disturbi come una modesta dolenzia nella parte destra dell’addome e/o una sensazione di pienezza post-prandiale.

Per poterla “stanare” è quindi fondamentale eseguire analisi del sangue con particolare attenzione alle transaminasi, una visita dallo specialista che già dalla palpazione può verificare se l’organo epatico è ingrossato e  un controllo ecografico (che mostra il fegato con echi più brillanti). Sempre più spesso alla steatosi si affiancano altre patologie  quali il diabete e l’ipotiroidismo.

Oltre al controllo medico e alle sue prescrizioni è condizione essenziale cambiare stile di vita limitando la dieta iperlipidica, aumentando l’attività fisica e cercando di avere rispetto per il nostro organismo giorno dopo giorno.

Articolo di Claudia Cinquegrana
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