Sindrome dello spettro autistico

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Cos’è l’autismo? E’ considerato un disturbo del neuro- sviluppo, dei sistemi cerebrali che sono specificatamente deputati agli aspetti socio-comunicativi. Si manifesta nei primi tre anni di vita ed è caratterizzato da anomalie nell’interazione sociale che possono andare dall’isolamento classico ad altre forme più sfumate di difficoltà di interazione; anomalie  qualitative della comunicazione e da un repertorio di interessi e di attività particolarmente rigido e stereotipato.

L’autismo interessa tutto l’arco della vita in quanto è una disabilità che tende a persistere ed è definito attraverso la manifestazione comportamentale. L’autismo quindi è, più precisamente definibile come un insieme (SINDROME), eterogeneo (SPETTRO), di comportamenti (SINTOMI) che possono avere un numero molto elevato di cause e presentazioni diverse (Vagni, Moscone, 2015)-

I dati più accreditati riguardano 1 bambino ogni 150 e teniamo presente che in un anno in Italia e nel mondo vengono più bambini con la sindrome autistica che bambini con altre patologie.

La diagnosi di autismo con il DSM 5

La diagnosi di Disturbo dello Spettro dell’Autismo secondo il DSM – 5 viene posta secondo i seguenti criteri:

CRITERIO A: Comunicazione ed interazione sociale. I deficit della comunicazione ed interazione si possono manifestare in molti diversi modi. Ad esempio, si può andare da una completa assenza di capacità discorsiva alla compromissione dell’uso del linguaggio per la comunicazione sociale reciproca. Per considerare soddisfatto questo criterio, devono essere compromesse in modo pervasivo e costante tre abilità relative alla comunicazione ed interazione sociale: la reciprocità socio-emotiva, i comportamenti comunicativi non verbali e lo sviluppo, gestione e comprensione delle relazioni.

Generalmente non vi è risposta ai tentativi di coinvolgimento in una conversazione. La persona tende comunque a non cercare per prima lo scambio con gli altri. Il linguaggio, se presente, è generalmente usato per avanzare delle richieste o per denominare piuttosto che per condividere. È presente difficoltà nelle relazioni, che spesso non sono fonte di interesse. Anche quando c’è il desiderio di fare amicizia, gli approcci sono spesso inadeguati o addirittura aggressivi.

Fin da bambini è assente il gioco sociale condiviso e le attività preferite sono spesso solitarie. Comprendere situazioni sociali risulta macchinoso e non intuitivo. Modalità comunicative complesse come l’ironia o il sarcasmo sono difficilmente comprese.

CRITERIO B: Comportamenti, interessi o attività ristretti o ripetitivi. Per considerare soddisfatto questo criterio, devono essere presenti almeno due aspetti tra: Movimento, uso degli oggetti o eloquio stereotipati o ripetitivi.

Può trattarsi di stereotipie motorie semplici, come battere le mani. Oppure, può essere presente un uso ripetitivo di parole (ecolalia) o oggetti (ad esempio, mettere in fila i giocattoli). Aderenza alla routine priva di flessibilità o rituali di comportamento. I comportamenti rituali possono essere verbali, come domande ripetitive e non verbali, come percorrere sempre la stessa strada.

È spesso presente la difficoltà ad accettare anche piccoli cambiamenti. E’ presente un forte interesse per gli orari dei mezzi pubblici, per le date di nascita, ecc. Gli interessi particolari sono spesso fonte di piacere. Per questa ragione, durante l’età adulta, possono essere motivazione e mezzo per l’inserimento nella vita lavorativa. Può essere osservata una forte avversione per ogni minimo stimolo sensoriale. Al contrario, può esserci un’apparente indifferenza a stimoli anche dolorosi.

Luci, consistenze o suoni particolari possono affascinare in modo eccessivo. I deficit motori sono frequenti, compresa la goffaggine. L’autolesionismo, i comportamenti sfidanti, l’ansia e la depressione si manifestano durante l’arco della vita con una frequenza superiore rispetto a chi non ha il Disturbo.

Il CRITERIO C specifica che i sintomi devono essere presenti nella prima infanzia. Tuttavia possono non manifestarsi pienamente prima che le esigenze sociali eccedano le capacità limitate. Possono anche essere mascherati da strategie apprese in età successiva.

Il CRITERIO D richiede che le caratteristiche causino compromissione clinicamente significativa dell’attuale funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

Il CRITERIO E specifica che si tratta di compromissioni non meglio spiegate da disabilità intellettiva o da ritardo globale dello sviluppo. Questo non significa che disabilità intellettiva e Disturbo dello Spettro dell’Autismo non possano coesistere. La comorbidità tra questi due disturbi è infatti frequente. Le due diagnosi possono essere poste contemporaneamente: la comunicazione sociale deve risultare più compromessa di quanto atteso, dato il livello di sviluppo generale.

Sindrome dello spettro autistico: I livelli di gravità

I livelli di gravità sono tre. Sono misurati sulla base della quantità e tipo di supporto necessario

LIVELLO 3: “È NECESSARIO UN SUPPORTO MOLTO SIGNIFICATIVO”

Sono presenti gravi deficit. La persona può ad esempio interpellare gli altri solo per soddisfare esigenze e tramite approcci insoliti. Difficilmente risponde quando l’interazione è avviata da altri. Pronuncia poche parole. Sono presenti difficoltà che interferiscono in modo marcato con il funzionamento.

Le difficoltà nell’affrontare il cambiamento, l’inflessibilità di comportamento e i comportamenti ristretti/ripetitivi sono gravi. È in forte disagio se deve spostare l’attenzione o cambiare l’azione che sta compiendo.

LIVELLO 2: “È NECESSARIO UN SUPPORTO SIGNIFICATIVO” Sono presenti deficit marcati. Ad esempio, una persona che non dà quasi mai inizio a interazioni con gli altri, spesso solo nell’ambito di interessi molto ristretti e particolari. Anche quando sono gli altri a coinvolgerlo, risponde in modo ridotto o anomalo. Pronuncia solo frasi semplici e la comunicazione non verbale è molto scarsa.

Le difficoltà nell’affrontare il cambiamento, l’inflessibilità di comportamento e comportamenti ristretti/ripetitivi sono gravi sono evidenti.  È a disagio e/o molto in difficoltà se deve spostare l’attenzione o cambiare l’azione che sta compiendo.

Livello 1: “è necessario un supporto” Per esempio, una persona che fatica ad avviare un’interazione. Spesso reagisce in modo “strano” alle interazioni avviate da altri, i quali spesso non sono fonte di interesse. Pronuncia frasi complesse, ma fallisce nella comunicazione bidirezionale.

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Sindrome dello spettro autistico

Sindrome dello spettro autistico: Trattamenti 

Data la complessa eterogeneità presente nei DSA Non esiste un trattamento per l’autismo che funzioni per tutti allo stesso modo. Attualmente esistono diversi modelli e strategie d’intervento per l’autismo di documentata efficacia, ma non ci sono prove assolute a sostegno della superiorità di un modello rispetto agli altri. Emergono una serie di fattori comuni a tutti i modelli di documentata efficacia: precocità dell ’ intervento; intensività; adattamento delle strategie e degli obiettivi all’età cronologica e all’età di sviluppo del bambino; periodiche valutazioni per determinare il profilo di risorse e di deficit; coinvolgimento dei genitori; il riferimento a strategie educative derivate,  prevalentemente, dal modello cognitivo comportamentale; visione integrata del bambino (cognizione, emozioni, comportamento); enfasi su obiettivi di apprendimento sulla comunicazione, la socializzazione e le capacità adattive; attenzione alla generalizzazione ed il mantenimento degli apprendimenti. .

Oggi sappiamo che l’intervento utile va “cucito addosso” all’individuo con autismo, ovvero basato sul suo profilo di abilità e disabilità e che sia sostenibile per il contesto familiare di riferimento. E sappiamo, soprattutto, che l’individuo con autismo, se opportunamente trattato, può progredire.

Assistenza  alle persone con autismo

L’intervento è complesso e risponde alla complessità della patologia. È centrale ricordare che queste persone devono recuperate alla società e in primis alla famiglia. Sono tante le azioni che si possono fare, la prima è una corretta diagnosi, poi la presa in carica per implementare un intervento funzionale ai bisogni della persona.

Insieme è più semplice

Il più grave errore che ha le conseguenze più negative per i ragazzi e le loro famiglie è quello di considerare la parola autismo come una diagnosi definitiva,  una  sentenza ineluttabile immodificabile.  E’ una  diagnosi certamente,  indica che  ci sono dei problemi, indica la necessità di  provare ad affrontarli ed ad affrontarli insieme, professionisti e famiglia e anche pazienti e di cercare tutto quello che può essere utile per fare stare bene il ragazzo e la sua famiglia. In questo modo  si cambia prospettiva, da una sentenza ineluttabile che cancella la possibilità di vita a una possibilità di una vita piena uguale a quella degli altri.

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