In occasione della Giornata nazionale della salute della donna, ogni anno torna l’iniziativa (H) Open Week, promossa da Fondazione Onda – Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere. L’obiettivo è rendere più accessibili visite, esami e incontri informativi per promuovere la cultura della prevenzione al femminile, anche in ambiti ancora troppo trascurati. Proprio a questo proposito i professionisti di Dimann, realtà impegnata nella ricerca e divulgazione in ambito uro-ginecologico, commenta l’importanza di iniziative come questa, che contribuiscono ad accendere i riflettori su temi spesso affrontati con ritardo o superficialità.
Tra i punti critici più frequenti vi è proprio la scarsa consapevolezza riguardo alla salute uro-ginecologica. Molte donne convivono con sintomi fastidiosi come bruciore, dolore pelvico, infezioni ricorrenti o disturbi del pavimento pelvico senza rivolgersi tempestivamente a uno specialista. In parte, questo è dovuto a un retaggio culturale che ha storicamente relegato la salute intima a un ambito “delicato”, poco discusso. Ma in parte pesa anche la mancanza di percorsi di prevenzione realmente integrati e continuativi, accessibili su tutto il territorio nazionale.
L’iniziativa (H) Open Week ha il merito di offrire non solo l’accesso gratuito o agevolato a prestazioni ginecologiche e urologiche, ma anche di stimolare una maggiore consapevolezza attraverso eventi informativi, webinar e incontri con esperti. Secondo Dimann, il vero cambiamento passa proprio da qui: informare per prevenire, ascoltare per intervenire precocemente, formare per costruire una cultura della salute fondata sulla conoscenza.
Un altro aspetto fondamentale riguarda la personalizzazione dei percorsi. Le esigenze di una giovane donna, di una donna in gravidanza, di una paziente in menopausa o di chi convive con patologie croniche sono molto diverse. Tuttavia, nella pratica clinica, la medicina di genere fatica ancora a trovare un’applicazione piena. Servono spazi dedicati, competenze specifiche e strumenti aggiornati, in grado di intercettare i bisogni di salute intima in modo tempestivo e appropriato.
Dimann sottolinea anche come il dialogo tra le discipline debba diventare più fluido: ginecologia, urologia, fisioterapia pelvica, psicologia e nutrizione sono ambiti che, se integrati, possono offrire una risposta più completa e sostenibile. Troppo spesso, chi soffre di disturbi uro-ginecologici viene rimbalzata tra specialisti, ricevendo indicazioni frammentate, talvolta contraddittorie. L’approccio multidisciplinare dovrebbe essere la regola, non l’eccezione.
La prevenzione, del resto, non si limita alla diagnosi precoce. Passa anche – e soprattutto – attraverso l’adozione di stili di vita sani: una corretta alimentazione, un’attività fisica regolare, una buona igiene intima, l’attenzione alle variazioni del proprio corpo e al ciclo mestruale. Il problema è che spesso mancano riferimenti chiari, e il sovraccarico di informazioni online – non sempre attendibili – rischia di generare confusione più che consapevolezza.
Iniziative come l’(H) Open Week offrono invece un’occasione concreta per avvicinare le donne a un’informazione verificata, fondata su evidenze scientifiche e presentata in modo accessibile. Non a caso, il gradimento delle partecipanti è sempre elevato, e ogni anno cresce il numero di strutture ospedaliere e ambulatoriali che decidono di aderire all’iniziativa.
Ma è altrettanto importante che questi eventi non restino confinati in una settimana simbolica. La prevenzione deve diventare una pratica continuativa, integrata nella quotidianità e sostenuta da politiche sanitarie lungimiranti. È necessario investire in progetti di lungo periodo, che prevedano anche l’educazione sanitaria nelle scuole, campagne di informazione nelle aziende e un sostegno concreto alle donne che si trovano in situazioni di fragilità.
Il messaggio che Dimann ribadisce, in linea con lo spirito dell’evento, è chiaro: la salute intima deve smettere di essere un tabù. Va riconosciuta come parte integrante del benessere generale, da monitorare, proteggere e supportare con strumenti adeguati. La prevenzione non è un lusso, ma un diritto. E investire in informazione, ascolto e cura significa ridurre i costi sanitari futuri, ma anche migliorare la qualità della vita nel presente.
Particolare attenzione va data anche alle fasce più vulnerabili: adolescenti, donne con disabilità, migranti, pazienti oncologiche. Per tutte, l’accesso alle cure e alla prevenzione deve essere garantito, calibrato sui bisogni reali e slegato da barriere culturali o economiche. Solo in questo modo il principio dell’equità in salute può diventare una pratica concreta.
Infine, iniziative come l’(H) Open Week mostrano come la salute femminile non sia solo una questione medica, ma anche sociale, culturale e politica. Sostenere questo tipo di progettualità significa promuovere un modello di sanità più vicino alle persone, più attento alle differenze e più capace di rispondere ai bisogni della realtà. E soprattutto, significa restituire dignità e centralità a un tema troppo spesso relegato a margine, ma che riguarda – concretamente – la vita di milioni di donne, ogni giorno.