Oggi per le Interviste di Magazine Pragma in esclusiva abbiamo raggiunto un ex elegantissimo giocatore italiano:Enrico Chiesa, eroe di Parma e Siena, e giocatore di Fiorentina e Sampdoria, oltre che della nazionale degli ultimi anni ’90.
Ripercorriamo con il genovese varie tappe della sua carriera, ed ascoltiamo le opinioni che ha riguardanti il calcio moderno ed i vari campioni con cui ha spesso fatto coppia in attacco.
Intervista a cura di Paride Coti
-Durante la tua lunga carriera hai avuto la possibilità di confrontarti con tante realtà calcistiche del nostro paese, tra queste Parma, Siena, Sampdoria e Fiorentina. Nel caso delle prime due squadre abbiamo due società che devono risorgere, mentre per le restanti possiamo dire che entrambe le società si stanno muovendo bene. Come pensi che si possa migliorare la situazione di queste 4 squadre, e in particolare dove può arrivare la Fiorentina quest’anno?
“Il Parma credo che abbia tutte le possibilità per tornare grande, anche perchè adesso ha cambiato società, è una squadra solida che sta programmando il futuro e credo che abbia le giuste basi per cercare poi di conquistare, anno per anno, categorie superiori. Questo glielo auguro, perchè il Parma ha una storia non indifferente. Idem per il Siena, forse con qualche difficoltà in più ma essendo già in Lega Pro può farcela. Per il resto dico che in questo momento nel calcio non è mai facile gestire una società, a causa anche di importanti problematiche del paese a livello economico. Non è assolutamente facile, bisogna essere molto attenti al bilancio perchè basta poco per commettere degli errori che abbiamo visto fare da molte squadre. E a quel punto è difficile tornare indietro.”
-Sempre durante la tua carriera ti sei mosso molto spesso in società di Serie A, sempre a livelli molto alti. Non hai mai pensato nei tuoi giorni top ad un trasferimento all’estero?
“Ci sono state squadre che mi volevano quando ero alla Sampdoria ed al Parma, ed in particolare prima di passare alla Lazio dalla Fiorentina mi cercò il Tottenham. Ma non ho mai fatto una scelta del genere perchè stavo bene in Italia, forse sarei potuto andarmene verso esperienze diverse, ma decisi di restare. Ora è diverso, son cambiati i tempi. Ora il mondo del calcio si è girato, il mercato è libero e ci sono delle prospettive diverse, ma ai tempi il campionato italiano era il più bello del mondo e si stava in Italia. ora probabilmente siamo scesi di qualche gradino ed è normale che molti giocatori guardino anche all’estero, sia per esperienza che per fattore economico. Prima il problema di soldi qui non c’era, perciò si stava molto bene.”
-Chi è il più grande campione che abbia mai affiancato in carriera?
“Io ho giocato in Nazionale, quindi con dei grandissimi talenti come Totti, Del Piero e Baggio. Ma per quanto riguarda le squadre di club, credo che Mancini sia stato il migliore, e sono convintissimo che avrebbe potuto fare ancora di più. Era straordinario, vedeva il calcio i compagni e l’azione prima di tutti gli altri. Era uno di quei giocatori con il famoso dono di natura, e sotto quell’aspetto è stato il compagno tecnicamente migliore. Ovviamente ricordo anche Crespo e Batistuta, e non vorrei dimenticarmene qualcuno. Ho avuto la fortuna di confrontarmi con i migliori. Se pensiamo a quando andai in nazionale, era davvero difficile conquistarsi un posto perchè ce ne erano 7-8 del mio stesso ruolo. Ora spero che Conte riesca a trovare la formula giusta per l’attacco. E’ sempre a provare nuovi moduli e giocatori, ma ora giustamente non è facile perchè come detto, son cambiati i tempi del calcio sia a livello economico che proprio nella forza delle nostre squadre. Sicuramente ci vorrà ancora del tempo, ma speriamo che prima o poi tutto tornerà come prima. Ma siamo noi attori principali a dover cambiare questo calcio.
-Collegandosi con Mancini e Conte che hai nominato, dove può arrivare l’Inter, e chi vedi come principale candidata per lo scudetto? E ancora, come si comporterà l’Italia di Conte agli Europei che stanno arrivando quest’anno?
“La formazione di Conte agli Europei sarà molto solida e con tanta personalità. Sicuramente ci saranno i suoi uomini della Juventus,ma agli Europei vince sicuramente chi gioca meglio e chi è in migliore condizione. E’ importante essere squadra, basta vedere che figura ha fatto il Brasile ai Mondiali con la Germania…è perchè andavano a due all’ora, e la Germania andava al doppio. Forse i brasiliani tecnicamente erano anche più forti, ma se non corri nel calcio di adesso sei spacciato: bisogna avere forza fisica e partecipare ad entrambe le fasi, e sono convinto che Conte si baserà su questo. Per quanto riguarda Mancini, l’Inter è una squadra che ancora non ha trovato la sua vera identità. Roberto lo dice, se ci si presenta davanti alla porta 4 volte e non si segna poi diventa dura. Non puoi vincere sempre 1-0, una partita può andarti male, come il pareggio 1-1 con l’Atalanta o la sconfitta in casa per 0-1 con il Sassuolo.”
-Dopo la trafila a livello manageriale nelle giovanili della Sampdoria (Allievi e Primavera), sei riuscito ad ottenere il patentino per allenare le prime squadre. Cosa pensi ti riservi il futuro?
“La scelta è arrivata dalla volontà di provare al quarto anno ad allenare una prima squadra. Io ci provo sempre, come ho fatto da calciatore. Da calciatore ero bravo, da allenatore devo ancora mettermi a disposizione…qualche squadra mi ha già cercato, ma appena si libera un posto ci sono già 20-30 candidati per quella squadra. Basti pensare che ci sono ben 15.000 iscritti all’Associazione Italiana Allenatori, e di squadre ce ne sono circa 150. Non è affatto facile, ma resto ottimista.”
-Se un giorno dovessi riuscire a raggiungere una panchina, quale sarebbe il modulo che proveresti ad imprimere nella tua squadra, e quale ti calzava meglio da giocatore?
“Io credo che non ci sia un singolo modulo da seguire. E’ fatto dai giocatori che tu hai. Puoi avere un modo di pensiero e di gioco, con tanti schieramenti diversi, ma devi conoscere bene i giocatori prima di imbastire un modulo. Se io ho una squadra che può giocare con il 4-3-3 non la cambierò di certo. La dimostrazione di ciò è la Juve, che ha provato a giocare con un determinato modulo, ma una volta in difficoltà si è messa nel modulo che conosceva a memoria, punto! E parliamo della Juve, quindi non c’è un modulo vincente, e sono i giocatori che lo creano. Non importa se giochi con 7 difensori o 7 attaccanti, perchè non importa il modo in cui vinci. Guardiola insegna a giocare con molti moduli (a 4 in difesa, a 3, 1 o 2 punte), ed il bravo allenatore è quello che con un pò di sue idee riesce a vincere in ogni squadra. Un altro esempio è Sarri che andando al Napoli si mise con un 4-3-1-2 il primo mese e fece molta fatica, e quella situazione andava cambiata. E’ stato bravo ad accorgersene e a giocare con il 4-3-3, si è aggiornato, applausi a lui. Il bravo allenatore non si fissa su un modulo, ma capisce come i giocatori si possano esprimere al meglio.”
-Come ultima domanda ti chiedo quale è il tuo più grande sogno e dove vorresti giungere, una volta che riuscirai ad entrare nel vero mondo del calcio manageriale.
“Quando ho iniziato a fare il calciatore ho fatto una lunga trafila in Primavera, C2, C1, Serie B prima di giungere in Serie A. Il mio obbiettivo è quello di iniziare con una società che mi possa dare delle sicurezze e la possibilità di allenare e migliorare a piccoli passi. Poi, sai com’è: come si dice, ci vuole tanto culo! (ride, ndr). Ed il motivo è che l’allenatore dipende sempre dai giocatori. Gli allenatori mi dicevano che se quel giorno ero in vena, allora loro erano bravi, ma se avevo qualcosa di brutto per la testa passavano per incapaci. Ma non si giudica così se un allenatore è buono o scarso. La bravura dell’allenatore deve essere nell’abilità di dare stimoli e motivazione”.
Si ringrazia Enrico Chiesa per la grande disponibilità data per questa intervista.