Chi di noi non ricorda Paolo Di Canio? Ecco il racconto di quell’uomo che faceva emozionare e piangere di gioia i suoi tifosi.
Di Canio non era di certo uno che si faceva problemi nel farsi dei nemici, anzi. Basti pensare al suo primo derby con indosso la tanto amata maglia della Lazio: 15 gennaio 1989, dopo una stagione in prestito alla Ternana, il giovane romano torna alla Lazio con l’intenzione di essere protagonista e, in un Lazio-Roma (il primo dopo tre ani vissuti dai biancocelesti in B) segnò la rete decisiva (terminò 1-0) e nell’esultanza corse sotto la curva dei tifosi romanisti con il dito indice alzato, facendo imbufalire gli ultrà giallorossi.
Dopo tre stagioni con i biancocelesti, passò prima alla Juventus, e poi a Napoli e Milan, con cui vinse lo scudetto 1995/1996. A fine stagione però litigò con Capello, allenatore dei rossoneri, e venne ceduto in Scozia, al Celtic.
La sua militanza in Scozia dura una sola stagione, in cui ottiene grandi risultati personali (12 gol realizzati), ma non riuscì a vincere il titolo con i biancoverdi di Glasgow, che andò nelle mani dei Rangers, ed a fine annata cominciò così la sua esperienza in Inghilterra.
Per un anno e mezzo, vestì la maglia dello Sheffield Wednesday in cui unì cose buone, come i numerosi gol segnati nella prima annata, a cose meno buone, come la squalifica che gli venne inflitto per aver messo le mani addosso all’arbitro nel corso di una partita. Nel 1998 si accordò con il West Ham ed iniziò così la prima delle sue 4 stagioni con gli Hammers.
I tifosi della squadra di Londra, a seguito delle sue grandi prestazioni e del suo grande spirito, lo inserirono nella top 11 di sempre del West Ham. Con gli Irons, il romano realizzò ben 48 reti in 118 partite, ma la sua rete più bella fu quella che non realizzò mai: al Goodison Park va in scena Everton-West Ham che sono appaiate sull’1-1; la gara volge al termine, è il 90’ minuto, quando Paul Gerrard, portiere dei Toffees esce dai pali per effettuare un rilancio, ma proprio mentre sta spendendo in avanti la palla il ginocchio fa crack e così cade a terra. La palla la raccoglie Trevor Sinclair che la passa proprio a Di Canio che, a porta spalancata, invece di segnare la rete decisiva per la vittoria, ferma la palla con le mani per consentire i soccorsi al portiere ed i tifosi del club di Liverpool lo onorarono con una lunghissima standing ovation, per sottolineare la grandezza del gesto.
Dopo la retrocessione nel 2003 del West Ham, Di Canio scelse il Charlton Athletic come sua destinazione. I risultati non furono molto positivi, ma anche qui lasciò il segno: si gioca Charlton-Leicester, calcio di rigore per il Charlton e sul dischetto si presenta proprio Paolo che freddamente mette dentro il pallone. Nell’esultanza l’ex West Ham mostrò la maglia in cui c’era scritto: Onore a Fabrizio, eroe vero; Fabrizio Quattrocchi era un italiano rapito ed ucciso in Iraq pochi giorni prima.
Al termine della stagione si concluse la sua esperienza in Inghilterra e decise che era arrivato il momento di tornare in Italia, alla Lazio. Il simbolo del suo ritorno alla Lazio furono i gol e le polemiche con la Roma. Nel gennaio del 2005 si gioca Lazio-Roma e lui è in campo e segna. La sua esultanza con i capitolini non poteva essere banale e decide così di esultare in un modo molto particolare, il saluto romano alla curva. Anche qui, le polemiche non mancarono, ma l’importante era la vittoria, ed anche quella arrivò, per 3-1. Quella esultanza la ripeté per ben altre tre volte in quella stagione, contro il Livorno, contro il Siena e contro la Juve, che lo portarono a multe e squalifiche.
A causa di un diverbio con Lotito, fu “costretto” a lasciare la Lazio ed accettò la sfida della Cisco Roma, club di C2 in cui non riuscì ad esprimersi al massimo a causa dei numerosi infortuni che lo portarono a giocare la sua ultima partita ufficiale il 27 gennaio 2008, quando realizzò 2 gol, insultò l’arbitro e ne conseguirono 4 giornate di squalifica: il perfetto riassunto della carriera del romano.
Finita la carriera da giocatore, intraprende la carriera di allenatore e dove cominciare se non dalla tanto amata Inghilterra. Di Canio comincia dal basso, come da giocatore. Comincia dallo Swindon Town, in League Two (quarta serie inglese), e lo porta in League One (terza serie inglese), ma a causa di attriti con l’intera dirigenza, decise di dimettersi.
Pochi mesi dopo, venne chiamato dal Sunderland per tentare l’impresa di salvarsi in Premier League. L’italiano ci riesce ed a fine stagione viene confermato sulla panchina dei Black Cats, ma a settembre della stagione successiva, a causa degli scarsi risultati ottenuti, venne esonerato.
Nella carriera di Paolo Di Canio c’è di tutto. C’è il bello ed il brutto del calcio, perché Di Canio era un giocatore, ma prima di tutto era un uomo, ed in campo sentiva il bisogno di esprimere la sua persona, facendo vedere chi fosse e non facendo la cosiddetta “doppia faccia”, perché “i calciatori sono uomini di sport e non uomini di spettacolo” (anche se forse, un po’ involontariamente, lo spettacolo, sia in senso buono che in senso cattivo, lo dava ampliamente anche lui).
Immagine principale tratta dal Telegraph