La competizione è da sempre stato insita nel DNA dell’uomo sin dalla preistoria. Questa particolarità caratteriale ha portato alla nascita di discipline sportive sempre più competitive accompagnate da una tifoseria agguerrita e fedele.
È d’obbligo, per capire come il calcio si sia modificato nel corso del tempo, attraversare i secoli soffermandosi sulle tradizioni di ogni civiltà.
Sembra che quasi tutte le civiltà più importanti abbiano praticato una forma primordiale di calcio, le regole cambiano, ma il gioco di base, una palla seguita da giocatori, rimane immutata.
Il nostro viaggio verso la storia del calcio, parte dall’antico Giappone del XI – XII secolo a.C., qui veniva chiamato Kemari. Il gioco si svolgeva in un piccolo spazio, i giocatori si passavano la palla senza farle toccare mai il suolo. Era costituita da un involucro di pelle al cui interno veniva inclusa una vescica di animale riempita d’aria. Nello stesso periodo del Kemari, in Cina, si giocava con lo Tsu-chu (palla di cuoio calciata dal piede). La palla utilizzata era colma di piume e capelli femminili. Lo scopo del gioco era calciare il pallone in un buco sostenuto da due canne di bambù (per alcuni versi ricorda quello praticato dalle civiltà precolombiane). Un manuale militare della dinastia Han, inseriva lo Tsu-chu fra le discipline imposte dal regime come esercitazione militare obbligatoria.
Il museo di Monaco, custodisce un manoscritto del 50 a.C., riporta la notizia che la disciplina del Tsu-chu fu importata in Giappone (secondo alcuni studiosi la nascita del Kemari è da ricondurre a questo periodo, quindi 500/600 anni dopo la creazione dello Tsu-chu) portando così la nascita delle prime dispute internazionali fra i due Paesi orientali.
Continuando il nostro viaggio, tracce dell’antenata disciplina calcistica, si intravedono intorno al IV secolo a.C. in Grecia. Qui si affermò quello che prese il nome di Episkyros, sembra che tale disciplina non sia rientrate tra quelle olimpiche. Altri giochi con la palla in Grecia prendevano diversi nomi a secondo dai vari ruoli svolti dai giocatori e dalla palla: l’Urania, la Feninda e l’Apporraxis. L’Episkyros era il più diffuso, costituito da due squadre da 12-14 giocatori a cui era ammesso toccare la palla anche con le mani. A Sparta sembra essere attestata una primitiva forma di competizioni fra diverse squadre, per l’esattezza 14 squadre, che si sfidavano durante la festa annuale. A questo gioco erano ammesse anche le donne. Una rappresentazione in rilievo di un giocatore che tiene la palla in equilibrio sulla coscia è stata poi inserita nella coppa Europea odierna.
A Roma l’Episkyros prese il nome di Harpastum (dal greco arpazo, cioè afferrare o strappare con forza). Si giocava con una piccola palla contesa da due squadre in un terreno rettangolare delimitata da una linea che attorniava il campo e una centrale. Lo scopo del gioco era quello di poggiare la palla sulla linea di fondo della squadra avversaria. A differenza del calcio odierno, oltre ai passaggi con gli arti inferiori, erano consentiti anche quelli con le mani. Ogni giocatore aveva un ruolo ben preciso. Marziale ci descrive con esattezza la palla utilizzata o per essere precisi erano due le palle poste in campo:
- Pila Paganica: usata dai contadini, fatta in cuoio riempita di piume;
- Follis: in cuoio con una camera d’aria interna creata da una vescica di animale.
Per 800 anni le legioni romane portarono il gioco per l’intera Europa diffondendolo soprattutto nell’isola Britannica.
Nel Medioevo i giochi con la palla furono utilizzati per sfidarsi fra villaggi vicini o fra fazioni dello stesso villaggio.
Nel ‘200 è attestato un gioco chiamato Large-football proveniente dalle isole Britanniche, famoso per la brutalità con cui i giocatori lo praticavano durante il carnevale londinese. La sua fama di gioco violento lo portò ad essere bandito. Edoardo I infatti, proibì il gioco nei luoghi pubblici per poi essere messo al bando da Enrico V. Anche se in Inghilterra fu proibito, il gioco continuò a prolificare nei Paesi limitrofi come in Scozia.
In Francia si giocava la Savate, unicamente con i piedi o la Soule dove la palla in cuoio era riempita con crusca, muschio e crine di cavallo. Il campo da gioco aveva la particolare difficoltà di avere fossati, ruscelli, boschi e acquitrini. La metà del campo poteva essere sancita da un cimitero o da una chiesa o un particolare edificio. La palla veniva mossa con i bastoni, le gambe o con le mani.
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Cerchio del vincitore. |
Hernán Cortés nel 1528 portò alla corte spagnola di Carlo V alcuni curiosi personaggi indigeni del Messico. La particolarità di tali individui era data dal fatto che erano giocatori di un famoso e a volte crudele gioco, il Tlachtli. Cortés nei suoi diari riporta che questi indigeni praticavano un gioco assai spettacolare. Con l’aiuto di cosce, braccia, bacino e testa muovevano una palla di circa 2 kg o più (in base alle epoche). Racconta che il peso della palla portava spesso escoriazioni e addirittura amputazioni ai malcapitati giocatori. Il gioco veniva disputato in un campo di 45 per 18 metri da due squadre formate da 10 o più giocatori. La palla doveva essere passata da giocatore in giocatore senza farle mai toccare terra. Il tutto era reso più interessante da un cerchio in pietra posta nella sommità del campo su una parete. Il giocatore che riusciva a far passare la pesante palla dal cerchio avrebbe avuto onori (se il capitano) e ricompense in cibo, denaro o armi. Il gioco attirava centinaia di persone che scommettevano su una squadra o su un’altra. La squadra che non riusciva ad arrivare alla vittoria veniva sacrificata al dio Xolotl. Alcuni studiosi invece credono che ad essere sacrificato era solo il capitano della squadra perdente. Il Tlachtli, oggi prende il nome di Ulama, da paragonare più però al gioco della pallavolo. Le origini del Tlachtli sembrano essere molto antiche, infatti ritrovamenti archeologici attestano “campi dacalcio” con un corridoio centrale stretto con muri centrali, sui quali la palla rimbalzava, attestati già 3000 anni fa. La palla era in gomma e a seconda delle epoche arrivava a pesare anche 4 kg. Alcune statuette raffigurano donne con tipiche “divise”, questo fa pensare che Tlachtli era uno sport praticato dalle donne, ma sembra anche dai bambini. Malgrado ciò, questo antico progenitore del calcio era considerato un vero e proprio evento religioso. Per i Maya rappresentava la lotta tra i sovrani dell’oltretomba e gli dei terrestri, gli Aztechi ne vedevano invece la lotta tra le divinità della notte retti dalla luna e dalle stelle contro il dio sole.
Anche i vichinghi praticavano un gioco simile chiamato Knattleikr. Gli giocatori si dividevano in due squadre con un capitano e gareggiavano con una palla pesante e dura, forse per forgiare il corpo degli atleti. I vichinghi giocavano con mani o bastoni su campi erbosi o sul ghiaccio. Per giocare in un campo di ghiaccio le suole erano cosparse con bitume o sabbia.
Tra i celti era famoso il Knappan si giocava con una palla di legno cosparsa di grasso animale per rendere il gioco più difficile. La competizione, quando raggiungeva un certo fervore, poteva essere bloccata alla parola “Heddwch!” cioè pace.
Grande sviluppo del calcio si ebbe a Firenze quando fu governata dalla famiglia dei Medici. Prese nella storia il nome di Calcio Fiorentino.
La squadra era divisa in diverse file:
- 5 erano posti nella prima fila ed erano chiamati Innanzi e avevano il compito di attaccanti,
- 5 erano chiamati Sconciatori, avevano il compito di intralciare le azioni degli avversari ed erano posti in seconda fila.
- 4 erano posti in terza fila ed erano chiamati Datori Innanzi che rilanciavano la palla agli innanzi,
- 3 erano i Datori Indietro, questi impedivano agli Innanzi avversari di conquistare una Caccia e quindi arrivare alla fine del campo.
In Inghilterra il calcio ritorna nel 1617 con Giacomo Stuart e fu praticato quasi esclusivamente dai giovani universitari. Furono stilate le prime regole scritte chiamato dribbling-game che prevedevano un gioco disputato da due squadre di 11 ( 11 perché le camerate degli universitari erano composte da tale numero) o 22 giocatori ciascuna e prevedeva l’uso di entrambi gli arti. Questo tipo di gioco era un misto tra il calcio e il rugby fino alla totale separazione e alla nascita di quest’ultimo nel 1846. Da questa data in poi nasce la vera storia del calcio.
Il primo club di football fu fondato il 24 ottobre del 1857: Sheffield Footbal Club. Un riscontro nazionale si avrà solo nel 1863 quando i rappresentanti di ben 11 club si unirono per formare la prima federazione calcistica nazionale che prenderà il nome di Footbal Association. Da qui il gioco del calcio fu sempre più perfezionato, e nuovi studi furono condotti per armonizzare la forma della palla.
La prima partita ufficiale fra nazioni si ebbe il 12 ottobre 1902, l’incontro vedeva sul campo l’Austria contro l’Ungheria (5-0).
La diffusione del gioco del calcio vera e proprio si ebbe nelle olimpiadi di Londra nel 1908.
Il successo del calcio forse si deve al significato insito in esso sin dalle origini. Infatti vede in un campo disputarsi due fazioni, come due popoli in guerra fra loro in cerca della conquista della gloria.
Il calcio da allora è cambiato a volte in bene a volte in male, ciò che invece non è cambiato e l’amore che unisce in un unico posto più persone che condividono la passione per un’unica squadra.
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