La prima volta l’ho incontrato in ascensore e ne sono rimasta subito colpita. Stavamo salendo al quarto piano del Palazzo Barbato Mobili dove la Galleria Arte Barbato accoglie la bellezza e la trasforma in emozione. Quella sera avevo la testa altrove — ero lì per presentare SPIRE, il mio romanzo — eppure, a distanza di giorni, quel volto sconosciuto mi è tornato in mente e mi sono chiesta perché? Che cosa mi aveva colpita così tanto di quell’uomo? Oggi lo so e voglio raccontarlo anche a voi. Mettetevi comodi. Vi racconto chi è Mike Landy.
Mike Landy, El Pineto, Giuseppe Nastro: tre nomi, un’anima sola. Mille vite tra palcoscenici, tele e amore
Si è svolta giovedì 12 Giugno, presso la Galleria Arte Barbato di Scafati, la mostra dedicata all’artista El Pineto. Ad esser presenti, oltre ai galleristi Franco Barbato e Marisa Nastro, i giornalisti Peppe Iannicelli, Stefania Falco, Maria Rosaria Vitiello e la sottoscritta, nonché l’esperta d’arte Eleonora Manganelli che si è lanciata in un’analitica e appassionante analisi delle opere di El Pineto rapportandole a quelle di Enrico Baj, ma diversificandole in quanto non grottesche, ma amabili e, a tratti, fiabesche. A condurre la serata Gianni Landy (alter ego di Gianpiero Nastro). A rendere come sempre ancor più speciale la serata le creazioni dell’Erboristeria Paluna di Patrizia Nastro.

Numerosi gli ospiti presenti in sala, tra cui anche il celebre attore Giovanni Caso che ha contribuito ad animare la serata dedicata a El Pineto (l’artista), a Mike Landi (il conduttore), a Giuseppe Nastro (il professore, il padre, l’uomo che non ha mai smesso di credere nella bellezza).

Ma chi è El Pineto? E chi sono Mike Landy e Giuseppe Nastro? A rispondere alla domanda è la figlia Marisa Nastro, emozionata e fiera: “Se penso a lui, penso prima a Giuseppe Nastro, il mio papà, quello che non si è mai avvilito neanche nei momenti più bui della nostra vita, ma basta un battito di ciglia e nella mia mente lo rivedo brillare con un microfono in mano e le camicie che gli stirava mamma, quelle scintillanti che indossava come Mike Landy, conduttore d’eccezione, intrattenitore amato, stimato e voluto fortemente da tutti. Ma in lui vive anche El Pineto, l’artista che compone e scompone, l’uomo che restituisce vita agli oggetti dimenticati.”

Mike Landi, El Pineto, Giuseppe Nastro: Viaggio nel cuore di un artista
- Perché ha scelto di chiamarsi Mike Landy?
Questo nome d’arte mi è stato dato da Gino Bramieri. Ho avuto il privilegio di lavorare con lui, seppur per breve tempo. Ero giovanissimo. Facevamo l’avanspettacolo. Presentarmi sul palco come Giuseppe Nastro non era il massimo; così Bramieri si mise a studiare una serie di varianti e giunse alla conclusione che Mike Landy era il nome d’arte che più mi si addiceva. Suonava bene. Da allora sono per tutti Mike Landy. In pochi mi conoscono con il mio vero nome, quello registrato all’anagrafe.

- E invece El Pineto come nasce?
Mi chiamo Giuseppe e quindi Pino. C’è una leggenda, che forse leggenda non è, che aleggia in famiglia. Con molta probabilità mia madre era una donna spagnola di Palma de Maiorca che mio padre ebbe a conoscere in gioventù. Questa storia mi fu raccontata la prima volta da una zia di mio padre quando avevo circa 9 anni. Da quel momento mi sono convinto che questa storia fosse vera e che quella che diceva di essere mia madre, non lo era biologicamente. Mio padre non ha mai confermato questa storia, però ho sempre avvertito la sensazione di avere qualcosa di diverso dai miei fratelli. Anche i miei occhi lo manifestavano: grandi, scuri e profondi come quelli degli spagnoli. El Pineto dunque è un omaggio a quella parte misteriosa e poetica legata alle mie origini.
- Ma si sente più Giuseppe Nastro, più Mike Landy o più El Pineto?
L’identità che sento più mia è sicuramente quella di Mike Landy, il conduttore che si alternava tra gli studi Rai e il Piper, che viveva sotto i riflettori circondato da artisti di fama nazionale e internazionale.
Naturalmente anche l’Arte intesa nel senso più stretto del termine, come la pittura e il disegno, è una parte importante di me. Sono stato per tanti anni insegnante di Disegno presso l’Istituto Bartolo Longo di Pompei e presso l’ITIS Medi di San Giorgio a Cremano.
Anche come docente non ho perso l’occasione di coinvolgere i ragazzi, i miei studenti, nell’allestimento di veri e propri show. Con i ragazzi del Bartolo Longo che notoriamente venivano da condizioni familiari difficili, ho sempre avuto un rapporto che andava oltre quello che ci può essere tra un insegnante e un allievo. Spesso li invitavo a stare a casa mia anche per offrire loro momenti di vita in un ambito familiare. Erano occasioni di scambio, di confronto, di arricchimento, per i miei figli da un lato e per i ragazzi che vivevano nell’istituto dall’altro.
Mike Landy, il conduttore che accendeva i palchi
- Immagino che nell’arco della sua lunga carriera siano accadute tante cose. Ci racconta qualche aneddoto?
Beh! Ne ho tantissimi. All’inizio degli anni ‘70 ero al Piper. Il palinsesto era ricchissimo. Al Piper si esibivano gli artisti più in voga del momento. Un giorno arrivarono in moto due ragazzi. Uno di essi aveva lunghi capelli. Si presentò come un cantautore e chiese se poteva avere uno spazio al Piper. Dal direttore artistico che, all’epoca era Ninì Grassia, ottenne un categorico “NO”. Quel ragazzo l’anno successivo lanciò una delle canzoni che hanno accompagnato e che continua ad accompagnare la storia d’amore di tante coppie. Il brano è “Questo piccolo grande amore” e il ragazzo, perfetto sconosciuto fino a quel momento, era Claudio Baglioni. Restammo sbigottiti ripensando a quel rifiuto. Dunque, amara fu la conclusione che, dopo quello strepitoso successo, quel ragazzo dai lunghi capelli non sarebbe mai più venuto ad esibirsi al Piper.
Un’altra volta mi trovavo a Boscotrecase. Durante un Festival dell’Unità era prevista la partecipazione del maestro Sergio Bruni. Lo attendevano tutti. Lo avevo già annunciato quando, poco prima della sua esibizione, mi dissero che il Maestro aveva avuto un malore dietro le quinte. Mi ritrovai quindi a dover intrattenere il pubblico nella speranza che il Maestro si riprendesse rapidamente. Sul palco avevano già posizionato le sue due preziose chitarre. Avendo un po’ di dimestichezza con la chitarra, ne presi una e cominciai a strimpellare. Il pubblico si entusiasmò fuori misura tanto che poi feci fatica a farlo restare in silenzio quando poi mi avvertirono che il Maestro si era ripreso ed era pronto a esibirsi. Intanto, lo staff si era accorto che avevo utilizzato una delle chitarre del maestro – chitarre che il maestro Bruni non consentiva a nessuno di toccare, figuriamoci di suonare. Ero pronto a ricevere una solenne bastonatura; invece, il Maestro, salendo sul palco, si complimentò pubblicamente con me dicendo che ero stato il primo ed unico ad aver usato la sua chitarra e che lo avevo fatto per salvare lo spettacolo in attesa che si riprendesse dal suo malore.
Di aneddoti te ne potrei raccontare davvero tanti altri. Come Mike Landy sono stato per anni sotto i riflettori tra vallette e ballerine, tra artisti e direttore artistici. Avevo ottenuto anche un ingaggio da parte della RAI, ma per amore per mia moglie e per la mia famiglia, decisi di non accettare.
Sai, la mia vita è stata gratificante, ma ci sono stati anche momenti di grande dolore: la morte di mio figlio e poi quella di mia moglie avvenuta poco dopo. Mi sono ritrovato vedovo a 50 anni con tre figli. Non è stato facile! L’equilibrio si era rotto. Qualcosa dentro di me si era spezzato. Non avevo neanche più voglia di condurre, ma dei buoni amici riuscirono a coinvolgermi e ripresi nuovamente. Quando si vivono grandi dolori occorre indossare una maschera per andare avanti; quella di Mike Landy mi ha aiutato a riprendere in mano la vita. A venirmi in soccorso è stata però anche la Fede in Dio che più di una volta mi ha lanciato chiari segnali.
Giuseppe, Mike, El Pineto, un uomo che ha saputo cucire tra loro le sue identità senza mai perdere l’unità del cuore
Ascolto le parole di Mike Landy, quelle di El Pineto e quelle di Giuseppe Nastro, il conduttore, l’artista e il professore, ma anche il papà di Marisa, di Patrizia e di Gianpiero – e naturalmente di Franco che da troppo tempo è insieme alla sua mamma.
Il suo è un racconto lucido come se avesse davanti agli occhi una successione di fotogrammi. Nel raccontarsi i suoi occhi brillano ancora e talora si inumidiscono quando ripensa ai momenti di sofferenza, a quelli vissuti da bambino, a quelli vissuti da ragazzo e a quelli vissuti a causa dei prematuri lutti subiti.
Guardo le sue opere. Sono fatte di stracci, di ricordi e di poesia. In ognuna di esse viene espresso l’amore di coppia e l’amore per la famiglia. Una vita, la sua, dedicata alla bellezza, alla famiglia e al prossimo tanto da ricevere anche una medaglia al valore per aver salvato la vita ad un amico.
Peso la sua forza, quella di chi ha saputo affrontare il dolore senza smettere di amare la vita, e concludo che incontrarlo è stato per me un grande privilegio.
Dalle stelle agli “stracci” senza mai smettere di brillare
Giuseppe, Mike, El Pineto, ha scelto di avere lo sguardo puntato sulla bellezza della vita. La sua è stata una forma di resistenza. Ha saputo cucire tra loro le sue differenti identità senza mai perdere l’unità del cuore.
Un testimone, un maestro, un uomo che, ancora oggi, con voce ferma e occhi lucidi, ci insegna che non è mai troppo tardi per risplendere e che, anche dagli “stracci”, può nascere un capolavoro.
