Pasqua, occasione per viaggiare
Te Pito O te henua– l’ombelico del mondo, cosi la definivano gli abitanti dell’isola.
Isola di Pasqua perché vi sbarcò, nella domenica di Pasqua del 1722, l’olandese Jakob Roggeveen, per cui l’isola fu battezzata così. Prima di lui, ad avvistare l’isola di Pasqua fu presumibilmente il pirata Eduard Davis a bordo del suo battello Bachelors Delight nel 1867. Va detto che molto prima vi sbarcarono i polinesiani, che rappresentano a tutt’ oggi la maggior etnìa presente sul territorio.
Il luogo più lontano da qualsiasi altro, ha fatto sì che, data la difficoltà di raggiungerla, l’ambiente con il suo contorno fosse preservato dalle incursioni che luoghi più esposti hanno invece subìto; esso è caratterizzato dai Moai, “ i Mata Ki Te Rangi -gli occhi che guardano il cielo” : enormi statue in pietra (900), sparsi in tutto il territorio, dalla forma caratteristica e variabili nell’ altezza, da un metro a oltre i 21 metri del più grande chiamato “el gigante”, che pesa oltre 1150 tonnellate. Tra le tante ipotesi fantasiose e scientifiche, la più attendibile è che raffigurino gli antenati dell’isola i cui spiriti dovevano continuare a vegliare su Rapa Nui. L’epoca dei Moai risale tra il 100 d.C. e il 1500 d.C., cinque secoli per scolpire statue , tutte con lo stesso modello dagli occhi di corallo bianco e pomice. In origine avevano un copricapo detto pukao. Simbolo e mistero dell’isola , queste enormi statue non guardano il mare, ma danno le spalle all’ Oceano, tutte tranne le sette statue che si trovano a Ahu Akivi. Rappresentano, secondo la leggenda tramandata ai giorni nostri, i primi sette abitanti di Rapa Nui, mandati da Hotu Matua ,il re di una antica isola chiamata Hiva, a cercare una nuova terra prima dell’inabissamento della loro patria. Molte le teorie sul perchè della costruzione, sul trasporto, ma nulla di scritto, fatta eccezione per le 21 tavolette Rongo Rongo, con oltre 14.000 caratteri che, ad oggi, non sono state ancora decifrate.
Distante dal Cile 3.700 km, dalla Polinesia 2.600 km, una fermata all’ isola di Pasqua è l’occasione per conoscere un popolo diverso, avendo la percezione di essere veramente lontani da tutto, da soli in mezzo all’ oceano e per questo gli antichi la definirono l’ombelico del mondo. Si può arrivare con normali voli di linea tra Papeete (Polinesia francese ) e Santiago del Cile (Cile). Difatti essa è territorio speciale del Cile . Il volo Santiago- Papeete, a seconda delle stagionalità, ha la frequenza di uno/due a settimana. La differenza di fuso con l’Italia è di -8 ore, quando da noi vige l’ora legale è di -6 durante l’ora solare. Ci sono lievi variazioni climatiche durante l’anno. Gennaio e febbraio i mesi più caldi. Il sole può battere anche in maniera violenta, mentre luglio e agosto i mesi più freddi. Comunque le temperature medie annue sono tra i 15°C e 28°C in estate e tra i 14° C e 22° C in inverno, quando sulla temperatura influisce in maniera forte la forza dei venti dell’Antartico. Precipitazioni diffuse a maggio, il mese più piovoso, anche se spesso si tratta di piogge leggere. L’unica spiaggia di origine corallina dell’isola sulla quale si trovano due ahu (colline), uno con sei moai, uno con un singolo moai, è Anakena, ritrovo degli abitanti durante la stagione estiva. Si parla lo spagnolo, cileno e Rapa Nui. Consigliato l’abbigliamento sportivo. Percorrere l’isola significa incontrare dolci colline, vulcani con il cratere occupati da piccolo laghi riempiti di giunchi e cavalli liberi a pascolare nelle distese di erba verde. Non è un viaggio per chi ama la mondanità, ma per chi va alla scoperta di popoli e luoghi semplici, lontani e con un passato mai svelato.
“Rapa Nui Ta ‘ato’ a kona ‘o te ao kona tau,’e ai ro’ ate kona ‘ata nehe nehe.. ko nei ko rapa nui, ‘o te henua.ma ‘au…” “Tutti i luoghi del mondo sono meravigliosi … qualcuno lo è di più , ecco Rapa Nui , il centro del mondo.”