Una tragedia in casa Sarno – Prima puntata

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I DINAMICI SFIGATI DI BAGNOLI
“LE INDAGINI DELL’ISPETTORE VARRIALE”

un’opera di AMEDEO CARAMANICA
distribuita da Magazine Pragma

UN OMAGGIO AGLI INFATICABILI POLIZIOTTI DI PERIFERIA – GIALLI POLIZIESCHI

I casi e i personaggi sono completamente inventati, ogni riferimento a persone o cose è del tutto casuale.
Riproduzione Vietata, ogni abuso sarà perseguito a norma di legge

PRIMA PUNTATA
“UNA TRAGEDIA IN CASA SARNO”

Alle sei e trenta di mattina di una normale giornata d’aprile, la signora Giusy, a passi felpati, si avvicinò al marito, che dormiva ancora saporitamente nel letto matrimoniale, e posò sul comodino il vassoio con il caffè.

<< Ge’, il caffè!>> Nessuna risposta. << Genny, amore, purtroppo ti devi alzare, perché io stamattina devo andare più presto a scuola, e Tony e Lia devono essere a loro volta accompagnati … Lo sai … Su, alzati! Ti ho portato il caffè! >>

<<Porca miseria, Giusy, ma lo sai a che ora mi sono ritirato stanotte? >>

<< Lo so, è una vita da cane la tua, senza orari e senza soste, ma non possiamo sempre fare affidamento su mamma, che, poverina, pure lei ha i suoi anni e i suoi acciacchi. Per fortuna in ufficio nessuno si è ricordato di te stamattina! >>

<< Perciò ti sei ricordata tu! >>

<< Dai, dai! Non fare il pigrone che non sei! >>

Non aveva finito la frase, però, che trillò il cellulare proprio dell’ispettore. La donna ebbe un momento di stizza, ma, come al solito, si contenne, abituata ormai com’era, agli insoliti e improvvisi cambiamenti degli orari dei poliziotti.

<<Lo sapevo, lo sapevo, bofonchiò tra i denti, la mia antagonista di sempre, la polizia, mi ha fregato anche stamattina! Comunque, glielo dici lo stesso che vai più tardi stamattina e accompagni i ragazzi a scuola. D’accordo? >>

<< Se si può, perché no … Pronto? Manuela, sei tu?>>

<< Questa poi sta sempre in mezzo!>>

<< ‘E il mio secondo, per forza!>> << Sì, va be’!>> e la signora Giusy si spostò bofonchiando.

<< Pure con lei, che è diventata tua amica, te la prendi?>>

<< Io?! Quando mai! Dai, dai, rispondi …>> gli fece in modo scorbutico …

<<Pronto, Manuela? Dove? A Bagnoli, in uno dei palazzi del civico “58” di Via Salvatore Ferrara? Va bene. Un quarto d’ora e mi prelevi sotto casa …>>

Staccò il cellulare, poi rivolto alla moglie:<< Ecco la tua antagonista, la polizia, si è offesa e mi vuole tutta per sé fra un quarto d’ora! Capito?! >>

<<La polizia o “la tua “seconda”, mia amica”?!>>

<<Uh! Ancora “cu sta fissazione”? ‘E una collega, è lavoro, è servizio … Lo capisci, sì o no?>>

<< Io lo capisco, ma quando vi penso soli, di notte, in macchina … >>

<< Ma ti ho detto tante volte che il regolamento proibisce ogni rapporto con le colleghe che non sia esclusivamente di servizio …>>

<< Sì, lo so. So anche però che è ‘na bella femmena, ca po’ ffa girà facilmente ‘a capa a n’omme!>>

<<La colpa, mia cara, non è mia! Lo sai … ‘E della polizia che, quando le sceglie, le guarda prima dalla testa ai piedi!>>, e scoppiò a ridere.

La moglie, però, gli rispose per le rime:<<Ma tu, caro mio, stai attento, che se per caso continui a guardarla dalla testa ai piedi, come fa la polizia nelle selezioni, io te spacco in due, dalla testa ai piedi! Mi hai capito, mio caro ispettore superiore, sostituto commissario?>>

<<Mamma mia stamattina! Eppure lo sai come la penso sulle donne … Lo sai che le stimo e le rispetto come quelle che completano l’identità e la personalità di un uomo. Anzi gli uomini che le tradiscono, le maltrattano e le uccidono me fanno schifo e ribrezzo. Te l’ho detto tante volte. Questa tua di stamattina, però, non è nemmeno la consueta gelosia di moglie, che io, come sai, considero “attaccamento e passione per il marito, il compagno”, ma è cieca e irrazionale gelosia di una donna equivoca e sospettosa …>>

<<No, questo … è palese avvertimento di una donna prudente e innamorata. Perciò uomo avvisato mezzo salvato!>>

<< Mamma mà! Come stai infuocata stamattina! >>

<<Eh sì! M’infoco ogni volta che so che state insieme! Vuoi forse rimproverarmi che tengo tanto a te?>>

A questo punto l’ispettore l’abbracciò, le sfiorò le labbra e la tranquillizzò, poi si accinse a farle una confidenza da segreto di Stato: <<Affinché tu ti tranquillizzi definitivamente, sappi che Manuela è impegnata con il giovane vice ispettore Ruotolo. Ma guai a farne parola, sono colleghi e il regolamento è severo. Ora però lasciami vestire, altrimenti faccio tardi …>>

<<E anche stamattina passa in secondo piano la famiglia! E io che non mi voglio mai ricordare che sono la moglie di un poliziotto! Volevo vedere se scattavi così, se si fosse trattata di una partita del Napoli o dell’esibizione di una serata dei “Giullari flegrei!>>

«Perché è la prima volta che vi ho dovuto rinunciare per un caso di polizia?>>

<<Se, se, la sai lunga …!>>

Erano tasti che spesso la moglie toccava, perché l’ispettore aveva due hobby: la chitarra e il canto in un gruppetto canoro: due chitarre, un mandolino con un solista e l’accompagnamento corale delle altre voci, che si esibiva per amici e conoscenti saltuariamente, e poi una sfegatata passione per la squadra del Napoli.

La signora Luisa, la mamma dell’ispettore, che, da quando era rimasta vedova, viveva con loro, come al solito era già in piedi e, sentita la diatriba dei due, intervenne a metter pace: <<Non ti preoccupare, Giusy, vado io ad accompagnare i ragazzi … >>

<<Vi volevo risparmiare questa ennesima incombenza, mammà, purtroppo pure io devo andare presto stamattina … >>

<< Non ti preoccupare, vado volentieri … >>

Questa situazione di levataccia improvvisa e di diatriba quotidiana dei coniugi Varriale era quasi abituale, perché la squadra dell’ispettore superiore Varriale era l’unica al distaccato commissariato di Bagnoli della Questura di Napoli ad occuparsi delle indagini di polizia giudiziaria al servizio della Procura Generale sotto il comando di un Questore aggiunto. I commilitoni della polizia napoletana, però, tacciavano di “meschini sfigati i poliziotti di Bagnoli”, perché erano distaccati in un commissariato di periferia, in genere più tranquillo delle zone calde della Napoli centrale, dove venivano inviati illustri “cani mastini e poliziotti di provata esperienza e intuito sopraffino”.

Avevano voglia a precisare i poliziotti di periferia che in queste zone, descritte in genere come iellate e prive di attrattive poliziesche, la calma era apparente, anzi le indagini spesso diventavano più difficili, proprio perché ubicate in territori più ampi e dispersivi e quasi sempre rifuggivano dalle consuete e conclamate cause delle zone calde della città, dove spadroneggiavano i boss, i clan e da qualche tempo anche i “cani sciolti”, che si facevano spazio a botte di stese.

Soprattutto, poi, perché nei commissariati periferici erano sbattuti quei poliziotti, che agli occhi dei superiori avevano meno esperienza o meno tatto e intuito.

Il sostituto commissario Varriale – ma lui preferiva il titolo di ispettore, nel caso, superiore – a cui era stata affidata la squadra giudiziaria, aveva già ottenuto vari risultati molto positivi, veloci e concreti, anzi spesso in opposizione proprio all’intuito e alla perspicacia dei superiori, tanto che ormai gli sfigati di Bagnoli, quando dai commilitoni della Napoli centrale venivano presi in giro con il titolo di “meschini sfigati di Bagnoli” loro rispondevano “non meschini”, ma “dinamici”, i “dinamici sfigati di Bagnoli”. E quando capitava un caso, o di notte o di giorno, in giornata feriale o festiva, con il sole o con la pioggia, la squadra doveva scattare e in primis il loro capo. La famiglia quasi sempre passava in secondo piano.

Perciò anche quella mattina, in meno che non si dica, l’ispettore superiore si preparò e raggiunse la vice ispettrice Manuela Manna già in attesa in macchina giù al palazzo, una villetta in Viale della Liberazione, di fronte alla NATO. Due sgommate e, attraverso Piazza Salvemini e un tratto di Via Acate, furono in Via Salvatore Ferrara “58”. Imboccarono lo slargo e raggiunsero il portoncino N°1 di un lungo caseggiato di sei piani, interrotto da ben sei portoncini, come se fossero un insieme di sei palazzi. A terra, coperto da un lenzuolo bianco, c’era la vittima. Erano già sul posto gli agenti del 113, che avevano transennato la zona con nastro bicolore, il medico legale, il dottor Lo Versi, in piena azione, e la squadra della polizia scientifica, con le tute bianche, a fare i loro rilievi … L’ispettore superiore, com’è prassi, si rivolse al capo pattuglia del 113, il sovrintendente Sandri: << Allora, Carlo, che cosa è successo?>>

<< Ispettò, è uno che si è buttato giù dal terrazzo del palazzo ed è morto sul colpo.>>

<< Si è buttato o l’hanno buttato? >> << Boh?!>> <<Sapete già chi è?>>

<< Uno che abita nello stesso stabile … Si chiama Pasquale Sarno, un piccolo imprenditore edile … Di sopra, al sesto piano, c’è tutta la famiglia …>>

Si avvicinò, poi, al dottor Lo Versi, un omone sulla sessantina, basso e tarchiato, che il quel momento completava i suoi rilievi. << Dottore, allora?>>

<< Allora che, Varrià? È morto, spiaccicato sull’asfalto dal terrazzo, sito oltre il settimo piano, circa un’ora fa. Il corpo è ancora caldo … Ti basta o vuoi altro? >>

<< No – dico – nessun segno particolare che possa far pensare a qualche intervento esterno: colluttazione, abrasioni, escoriazioni, ferite non dovute alla caduta?>>

<< A occhio e croce pare di no … Mi hanno detto che era un piccolo imprenditore … Sarà forse l’ennesimo suicidio per motivi economici …>>

<< Sì, deve essere stato proprio così – intervenne il capo pattuglia del 113 – perché ha lasciato anche una lettera di addio per i familiari … Me l’ha detto un parente. >>

<< Insomma, è un suicidio volontario, senza nessun’ombra di dubbio …>>

<<Così pare … Comunque, Varrià, ti sarò più chiaro dopo l’autopsia …>> E il medico legale fece per allontanarsi.

<<Dottor Lo Versi, cerchiamo di non andare alle calende greche però!>>, gli si raccomandò l’ispettore.

<<Gennaro Varrià, ma sempre con la neve in tasca stai!>>

<< E voi, imperterrito, me la fate sempre “squagliare” completamente, fino all’ultima goccia, rovinandomi tasche e pantaloni, sa! >>

<<Uuuh! Chiacchiere e parapocchie nun ghiengono ‘a panza, non riempiono la pancia, principà! E facimmece ‘a solita croce stammatina! Ma io nun‘o saccio, ‘a ggente more sempre quando meno te l’aspetti!>>

<< Eh, sì! Mo’ ‘a ggente fa ‘o patto c’’o Pataterno … Signò, ti prego, famme murì sule quanne il dottor Lo Versi è nelle sue piene disponibilità!>>

<< Spirito ‘e sasicce! Ma hai capito che oggi era il mio compleanno e me l’ero pigliato di festa!>>

<<Ah! E auguri allora!>> << E augurissimi anche da parte mia, caro dottore!>>, s’inserì la vice ispettrice.

<< Seh! Auguri al sisco, ispettrì! E me lo mettono sempre a quel servizio!>>

<<Chi ve lo mette a quel servizio, caro dottore?>>

La domanda era partita da una voce femminile che il dottore conosceva molto bene, perciò si affrettò a rispondere: <<Da voi della Procura ovviamente …>>

Varriale si girò e vide dietro di lui la dottoressa Grazia Nappi, il pubblico ministero che era stata incaricata di seguire il caso. <<Scusate, dottoressa, non vi avevo visto. Ha ragione però il dottore. La Procura l’ha scomodato nel giorno del suo compleanno, eh!>>

<<Varrià, meno spirito di patate!>>

Ma la dottoressa Nappi: <<Ci è dispiaciuto veramente, caro dottore, ma non abbiamo potuto fare altrimenti. Comunque, auguri per cento anni!>>

<<Speriamo non sempre alle prese con la Procura …>>

Fu a questo punto che si fece avanti un personaggio molto strano, tutto vestito di nero, con una specie di cappello a tuba in testa, gli occhiali neri sugli occhi e una cartellina pure nera in mano. Era Rosario Fossore, il becchino, che lavorava per una ditta di pompe funebri e, in genere, seguiva come un’ombra sinistra, ma a sua insaputa, il dottor Lo Versi, perché diceva che, quando si muoveva il medico legale, “di riffa o di raffa” c’era sempre un buon’ affare da concludere e, trovarsi per primo sul posto, gli permetteva di farla in barba alle altre ditte. Figurarsi come lo trovava felice tra i suoi piedi il dottor Lo Versi, ma lui se ne fregava e continuava per la sua strada. Sentirli scontrarsi però era uno spasso! Pure quella mattina Rosario aveva seguito il dottore, ma si era tenuto in disparte, quasi nascosto. Saputo, però, che quel giorno era il compleanno del dottore, si avvicinò e gli feci gli auguri.

<< E auguri per cento anni anche da parte mia, caro dottore!>>

<< Ah, nce mancavano solo gli auguri tuoi stamattina, caro muort’allerta! Mo’, sicure che di compleanni non ne faccio più! Datemi un ferro, fatemelo toccare, ca questo signore va sempe duje ore ‘nnanze ‘a morta!>>

<<Dottò, io nun vaco ‘nnanze ‘a morta, io la seguo …>>

<< Ma che dici? Tu sei l’avvoltoio dei cadaveri, il maggiordomo della morte!>>

<<Duttò, è mestiere. Voi fate il medico dei morti, io il loro affossatore.>>

<<Affossatore? Il becchino vuoi dire. Come uno muore, tu vai a beccarlo, peggio di un avvoltoio. E nun te pigli un pezzo, che saccio, un orecchio, un occhio, una coscia, un braccio. No, t’’o piglje sempe sane sane, tutt’ intero …>>

<< Non prima, però, che il medico legale l’ha fatto piezze, piezze, eh!>>

E la discussione sarebbe andata per le lunghe, se proprio in quel momento non avesse trillato il telefonino del dottore. <<Pronto? N’atu muorte? Che pozzene accidere, ma se so’ date appuntamento proprio ogge! Comme? Ah, è ‘na morta? E se so’ date nu bell’appuntamento in cielo allora! Ah, non in cielo, a Coroglio? E dicitele ca nun se move, che appena posso, le vengo a da’ ‘a benedizione! Cose ‘e ll’atu munno!>>

<<Caro dottore, e io ero venuta anche per informarla proprio dell’altro caso penale. Ma si vede che c’è stato un disguido e sono stati costretti ad avvertirla.>>

<<Ma guardate che disgrazia di disguido?!>>

<<Comunque, caro dottore, io ora finisco con il caso di Bagnoli e la raggiungo a Coroglio …>>

<<E chi si muove, dottorè! Buona giornata!>> E si allontanò.

Ma subito il becchino lo seguì:<< Dottò, allora, oggi, è caccia grossa?!>>

<<E l’avvoltoio è sempre pronto! Ma lo sai che per rimuovere i cadaveri ci sono gli infermieri e l’ambulanza?>>

<< Ma pecchè mo ‘e spitale fanne pure da composantieri? Be’, lo so che spesso ‘e duttore mandano proprio ‘a povera ggente al camposanto, ma poi per portarla purtroppo ci devono chiamare sempre a noi!>>

<< Malaurio ‘e tutte ‘e muorte tuoje!>> << E pure d’’e vuoste però, dutto’! Eeeh! Quando ce vo’, ce vo’! E si capita, nun ve scurdate ‘e me chiammà a me! Mi raccomando!>> <<Pussa vi’, avvoltoio disgraziato!>>

<< Ve porto c’’o tiro a quattro!>> << Jett’’o sanghe!!!>>

La dottoressa Nappi, l’ispettore capo e la vice ispettrice guardarono divertiti i due che si allontanavano, poi insieme, dopo aver scrutato la vittima dalla testa ai piedi, e ascoltato le conclusioni delle indagini della scientifica, che, come il dottore, non aveva trovato nessun elemento sospetto sul corpo del morto, salirono al quinto piano, dove abitava la famiglia Sarno. Che cosa scoprirono i nostri dirigenti della polizia? Veramente il povero signor Sarno si era gettato giù volontariamente per debiti di gioco o era stato gettato? E quale altro tragico caso si profilava sul commissariato di Bagnoli? Le risposte alla prossima puntata.

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