Una nuova missione su Marte ha avuto inizio. Ad avventurarsi sul pianeta rosso, a partire da ieri, sarà una nuova sonda della NASA chiamata Insight. Obiettivo: studiarne a fondo la geologia e i terremoti. Il veicolo si aggiunge ai due, sempre americani, già al “lavoro” sul posto, ossia Opportunity, arrivato nel 2004, e Curiosity, nel 2012.
Dal 1971 sono stati 15 i veicoli inviati sul pianeta
Il primo veicolo a posarsi sul suolo marziano fu il sovietico Mars 2, correva l’anno 1971. Da allora, altri 15 veicoli sono stati inviati sul pianeta. Non sono mancate le missioni fallite, circa la metà, a causa delle caratteristiche dell’atmosfera, così rarefatta che non è in grado di agire da “freno” durante la discesa; ecco perché il rischio che i veicoli inviati si schiantino al suolo è sempre molto concreto e ogni atterraggio (o meglio “ammartaggio“) è accolto sempre con un grosso sospiro di sollievo. L’ammartaggio morbido è riuscito solo al 40% delle navicelle che lo hanno tentato, e il primato, ad oggi, appartiene agli Stati Uniti.
La discesa di Insight è riuscita perfettamente
La discesa di Insight è stata perfetta: il lander ha superato le tappe previste durante i fatidici sette minuti di durata. Una volta toccato il suolo, il veicolo ha inviato subito la sua prima foto che è stata postata sul profilo Twitter della missione con un commento: “Qui c’è una bellezza tranquilla. Mi guardo attorno per esplorare la mia nuova casa“.
Insight userà l’energia solare per una lunga permanenza
Subito dopo si sono aperti i pannelli solari che permetteranno al veicolo di disporre dell’energia sufficiente per una lunga esplorazione del sottosuolo: una sonda misurerà infatti la temperatura sotto la crosta fino alla profondità di cinque metri. Lo scopo è quello di verificare se all’interno del pianeta esista una forma di calore. Se così fosse, infatti, l’acqua scoperta nello scorso luglio sotto i ghiacci del Polo Sud potrebbe essere più calda di quanto si è pensato fino ad oggi.
L’importante ruolo svolto dall’Italia
Anche stavolta non manca la tecnologia italiana, grazie al contributo di Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Istituto di Astrofisica (Inaf) e di Leonardo-Finmeccanica, molto attiva anche nel settore aerospaziale.
Infn e Asi hanno sviluppato lo strumento Larri (Laser Retro-Reflector for InSight) per fornire la posizione precisa del lander: si tratta di un localizzatore gemello di quello che era a bordo del lander Schiaparelli, che nel 2016 si schiantò al suolo marziano per un errore del software.
Anche il radiotelescopio che dalla Terra catturerà i segnali dei due cubesat, i piccoli satelliti utilizzati nella missione, è italiano: tutte le informazioni arriveranno infatti al Sardinia Radio Telescope, che fa parte della rete internazionale dei radiotelescopi di supporto alle missioni interplanetarie.
Infine, è italiano anche il sensore stellare Star Tracker, che ha guidato la sonda verso Marte: è stato costruito, infatti, negli stabilimenti della Leonardo a Campi Bisenzio (Firenze).
Fonte:Ansa.it