Underwater, trama e recensione


Un thriller-horror a diecimila metri di profondità sotto l’oceano, dal buon ritmo, ma che troppo deve ad altre opere senza sfruttare fino in fondo le potenzialità del suo plot.

Underwater

Underwater – Trama

In una stazione subacquea sotto l’oceano con annessa trivella si verifica un’esplosione e gli scienziati che la abitano per salvarsi devono arrivare a delle capsule di salvataggio situate in una piattaforma fuori uso. Il capitano Lucien (Vincent Cassel) è coadiuvato in questa impresa da Norah Price (Kristen Stewart), che per via di un’immersione ha già perso il suo compagno, e da altri scienziati più o meno pavidi: quella alle sue prime immersioni spaventata a morte (Jessica Henwick), quello dalle spiccate doti comiche (T. J. Miller) e il classico marine (John Gallagher Jr.). Le cose si complicano quando gli scienziati scoprono di non essere soli in fondo all’oceano ma minacciati da creature mostruose e a loro ignote, quando pensavano si trattasse semplicemente di un terremoto.

Recensione

Il non portare soluzioni nuove né a livello visivo né a livello narrativo in una situazione che sa di già visto appiattisce l’opera di William Eubank. Il gruppo di scienziati ricalca cliché noti e mutuati ad esempio anche da film sugli astronauti. Le stesse bestie fameliche non riescono a scomporre più di tanto lo spettatore, se si eccettua la scorciatoia del jumpscare utilizzata ad ogni piè sospinto. Impossibile non correre con la mente ad “Alien” di Ridley Scott o anche al più recente “Gravity” di Alfonso Cuarón, con una Norah-Ripley spesso e volentieri in mutandine a scorazzare da un angolo all’altro della stazione. “Lavorare da soli è contro la politica aziendale” recita un manifesto affisso ad una parete, eppure la sorte beffarda vuole che la Stewart rimanga sola contro tutto e tutti a gestire una situazione di emergenza.

La chiave per spingere meglio sul pedale del thriller e dell’horror sarebbe stata quella del trovarsi a diecimila metri di profondità nel buio deserto. È qui all’esterno che “Underwater” poteva ritagliarsi meglio un suo perché, uscendo dalla straniante sensazione di farci assistere ad un film di serie B. Di buono c’è che gli eventi si succedono in maniera spedita in appena un’ora e mezza, sfruttando una sorta di rassegna stampa in testa e in coda sui titoli per condensare le informazioni necessarie allo spettatore per contestualizzare la storia.

I personaggi sono appena abbozzati (di alcuni ci viene detto davvero poco e nulla relativamente al vissuto) per lasciare spazio al puro intrattenimento, con riprese anche ben realizzate in dry-for-wet per simulare che gli attori si trovino davvero sott’acqua. L’unico messaggio che “Underwater” si preoccupa di consegnarci senza nemmeno tanta forza, sacrificio dell’eroina emancipata ed altruista a parte, è quello del rispetto della natura che se oltraggiata sa poi reagire e chiedere il conto con forza inarrestabile. Da guardare per puro divertissement e senza troppe aspettative: senza infamia e senza lode.

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