“Non ne possiamo più del politically correct!”. Spesso sentiamo dire queste parole da chiunque. L’ondata del politicamente corretto, inizialmente cominciata dai social, si supponeva finisse lì, e invece si è diffusa a macchia d’olio anche al di fuori della rete. Politicamente corretto che, diciamocelo, non di rado sfocia nel ridicolo. Pseudo intellettuali che si ergono a difensori dell’identità di genere, si battono per argomenti che poco calzano con il concetto di identità di genere. Come specificato in questo articolo, ha senso applicare il concetto di politicamente corretto nei cavi jack? Nell’articolo riportato, si denuncia la connotazione sessista nel definire dei normalissimi cavi audio, “maschio” e “femmina”.
La “sottile linea rossa” tra satira e politicamente corretto
C’è del sessismo, affermano i paladini del politically correct, ma più che sessismo, parliamo di concezione distorta della realtà e paradosso più assoluto. A questo punto c’è da chiedersi, perché non applicare lo stesso rigore e “bigottismo linguistico” (perché di questo si tratta, intendiamoci) anche alla satira? Alla satira è permesso denigrare le minoranze etniche, sociali e religiose, perché “È satira e va capita”, mentre si condanna fino all’estremizzazione, un linguaggio che nulla ha a che vedere con l’offesa o la denigrazione verso il prossimo.
Sia chiaro, il politicamente corretto si basa su fenomeni di integrazione sociale e rispetto formale, ma come per tutte le cose, c’è un limite. Ritornando all’articolo di cui sopra, è inammissibile cambiare nome all’oggettistica solo perché si intravedono connotazioni sessiste (anche se personalmente le definirei perverse). In definitiva, il politicamente corretto che tanto viene osannato come strumento di innovazione societaria, sta sortendo l’effetto opposto; un’estenuante applicazione dello stesso, sta portando questa società moderna alla deriva, in tutti i sensi.
Il politicamente corretto come regressione del pensiero collettivo
Sembra di assistere ad una nuova età di mezzo, ad una regressione del pensiero collettivo, a quello che trovo più corretto definire medioevo linguistico, visti i tempi. Qualcuno spieghi ai Power Rangers dell’inclusività, che non si cambia una linea di pensiero collettiva esasperando ogni minimo dettaglio solo perché reo di non essere “abbastanza inclusivo”; in questo modo, anzi, il pensiero viene ucciso.
Ucciso, ecco il termine appropriato. In definitiva, il politicamente corretto uccide il pensiero liberale e la critica. Niente può essere messo in discussione, altrimenti si viene tacciati di eresia. Il politicamente corretto è il carcinoma della società moderna: distorce il pensiero liberale chiudendolo nei recinti invalicabili del dogmatismo; guai a chi la pensa diversamente dalla massa! Gli oppositori del politicamente corretto vanno combattuti perché, a detta di chi difende quest’assurda dottrina, non sono adatti a vivere nella società di oggi, perché troppo retrogradi.
Il pensiero del politicamente corretto porta dunque ad un’esclusione del “diverso”. Strano, vero? Una corrente di pensiero che tende la mano all’inclusività, esclude chi la pensa diversamente. Basta questo per concludere e ribadire quanto detto al punto di partenza di questo pezzo: il politicamente corretto è davvero utile, o è semplicemente un paradosso? Ai lettori l’ardua sentenza.