Je sò napulitan e se nun cant moro, la necessità del recupero e della conservazione del patrimonio culturale, linguistico e musicale napoletano

Ieri sera presso il Teatro Karol di Castellammare di Stabia, nell’ambito della rassegna Platealmente di Casa del Contemporaneo, a cura di Pierluigi Fiorenza, è stato presentato il libro “Mario Maglione. Vico Gerolomini 11 dove la mia storia ha inizio, l’appassionante biografia di Mario Maglione, scritta da Vincenzo De Luca e pubblicata da Guida Editore. Presenti in sala lo chansonnier Mario Maglione, lo storico d’arte Vincenzo De Luca, il maestro Gianlorenzo Scotti, l’attrice Federica Citarella ed il giornalista Pierluigi Fiorenza.

La lettura di alcune pagine del libro intervallata da coinvolgenti momenti musicali e dai commenti dei protagonisti ha sollevato ancora una volta una questione che mi sta molto a cuore.

La canzone classica napoletana, pur essendo conosciuta in tutto il mondo, è quasi del tutto sconosciuta alle nostre nuove generazioni. Allo stesso modo il teatro, persino quello di Eduardo che, grazie alla TV, è entrato nelle case di tutti.

Eppure si tratta del nostro DNA culturale! La canzone classica napoletana altro non è che una poesia in note che racconta la storia, i sentimenti, le passioni, i costumi di un popolo, del nostro popolo.

Allora mi chiedo perché non introdurre la canzone classica napoletana ed il teatro napoletano nelle scuole campane? E’ da tempo che predico la necessità di dare ai giovani l’opportunità di riappropriarsi della nostra grande eredità culturale.

Insegniamo loro chi erano Libero Bovio,  Salvatore Di Giacomo, Raffaele Viviani,  Eduardo Scarpetta, Antonio Petito, Eduardo De Filippo, Ernesto e Roberto Murolo, Totò, Pino Daniele, Massimo Troisi e tutti gli altri grandi interpreti di Napoli.

A venirmi in qualche modo in soccorso, in questa mia esortazione, non un signore qualunque, di cui ieri sera, al Teatro Karol, durante la presentazione del libro, è stata letta una sua dichiarazione che di seguito integralmente vi riporto:

“Permettimi di dire una cosa importante. A proposito del millennio molti giornali hanno fatto un referendum sulla canzone o sulle canzoni più belle del secolo. Ricordate, vinse, mi sembra, Imagine. Beh! Imagine che è una canzone straordinaria, è una cotoletta al confronto di questa canzone meravigliosa, napoletana, con il testo di Salvatore Di Giacomo. È forse la canzone o una delle canzoni napoletane più belle, secondo me una delle più belle canzoni della storia della canzone a livello mondiale! Si chiama “Era de maggio”. Io mi scuso con i napoletani che ascoltano, sono bolognese e faccio il possibile per essere credibile. Darei chissà cosa, non so quante ossa per poter sapere il Napoletano perfettamente; che è bella come lingua, perché è una lingua non è un dialetto, almeno quanto è bella questa canzone”.

Quel signore, quel bolognese che avrebbe dato chissà quante ossa per saper parlare Napoletano, era il grande grandissimo Lucio Dalla.

Mario Maglione canta “Era de Maggio”

Segui la rubrica ESPRESSO NAPOLETANO per scoprire il significato e l’origine dei modi di dire in napoletano.

 


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