Intervista a Nicola Chiacchio, autore di Intrecci, Storie che legano, Destini che cambiano

Andrea è un giovane laureato cresciuto in provincia che si ritrova alle prese con la più classica delle crisi post università. In attesa di trovare risposte impiega il suo tempo collaborando ad un progetto editoriale e d’impresa molto ambizioso, nato con l’obiettivo di diffondere le storie delle persone incidendole direttamente sulle scarpe. Viene così invitato a trascorrere un giorno in un paesino arroccato tra le colline del Cilento, quartier generale del progetto. Qui il contatto con il mondo di bottega, una comunità unita ed una visione imprenditoriale avulsa dal contesto accademico diventano per lui un continuo stimolo ad interrogarsi sul domani, riportando alla luce ricordi di famiglia, paure e ispirazioni assopite. Tra incontri imprevisti, domande scomode e ideali da inseguire, per Andrea l’esperienza in Cilento diventa a poco a poco rivelatrice di un grande insegnamento: la soluzione è spesso davanti ai nostri occhi, ma ci sforziamo di non vederla.

E’ questa la trama di “Intrecci: Storie che legano, Destini che cambiano” edito da #lavorobenfatto, libro che ha segnato l’esordio del giovane Nicola Chiacchio nel mondo letterario.

L’autore, giornalista pubblicista che si occupa anche di copywriting e SEO, ama sperimentare e, partendo da episodi legati alla sua infanzia e alla  sua formazione culturale, ne ha tratto un romanzo che offre al lettore la possibilità di fermarsi un attimo e voltare lo sguardo indietro, verso il proprio passato, affinchè lo si possa guardare con occhi diversi. Apprezzare le proprie radici – ciò che spesso si sottovaluta e/o si dá per scontato – e da esse ripartire per inseguire e raggiungere orizzonti più ampi – é questo l’espresso invito del libro.

Abbiamo incontrato Nicola Chiacchio per saperne qualcosa di più del suo esordio. Ecco cosa ci ha raccontato.

Intervista a Nicola Chiacchio, autore di Intrecci: Storie che legano, Destini che cambiano

Scarpe e scrittura. Come sono avvenuti i “tuoi primi passi” nel mondo letterario? Come è nato “Intrecci”?

Intrecci è nato nel momento in cui mi sono reso conto di poter mettere insieme passato e presente: scarpe e scrittura, per l’appunto. Vengo, infatti, da una famiglia di piccoli imprenditori calzaturieri. Ho trascorso l’infanzia in fabbrica, un mondo dal quale mi sono allontanato presto perché lo ritenevo troppo lontano dalla mia idea di futuro. Così ho studiato e ho cominciato a lavorare nel mondo della comunicazione. La bottega, insomma, sembrava un ambiente poco adatto a me. Ad un certo punto però, gli intrecci – guarda un po’ – della vita mi hanno portato a rivivere altrove il contesto e la mentalità artigiana. È solo a quel punto che ho cominciato ad apprezzarne davvero i valori. E siccome avevo in testa già da un po’ l’idea di voler scrivere un libro, ho pensato che sarebbe stato bello raccontarne peculiarità, aspirazioni e, perchè no, anche qualche difetto.

Cosa rappresenta per te la scrittura?

All’inizio, quando anni fa ho cominciato a pubblicare racconti umoristici, la vedevo solo come un gioco, un esercizio di stile abbastanza fine a sé stesso. Col tempo però ho imparato a rivalutarla con un occhio diverso. Oggi per me la scrittura è soprattutto sperimentazione. Infatti, il libro stesso è un esperimento di narrazione a tutti gli effetti. Diciamo che è anche un modo per scoprirsi e per scoprire il perché del proprio stare al mondo. Il discorso non riguarda solo le singole persone, ma anche organizzazioni ed imprese. Raccontarsi per rendersi conto meglio di cosa si è, cosa si fa e perché lo si fa. E non è tutto. La scrittura storicizza, lascia una traccia del nostro passaggio. Dopotutto non è l’impresa di Ulisse a fare grande Ulisse, ma il racconto di Omero dell’impresa stessa a farlo grande. Senza Omero oggi non avremmo Ulisse. Insomma, la scrittura è un po’ una via per dare senso, valore e dignità alla vita.

Quali sono stati i primi feedback? Come è stato accolto il tuo libro? Qual è stata la soddisfazione più grande?

Devo dire che l’annuncio del libro è stato accolto con grande entusiasmo, forse anche superiore alle mie aspettative. Il vero feedback però secondo me è quello che ricevi durante le presentazioni, quando crei un dibattito con chi viene ad ascoltarti. La prima – e finora unica – è andata bene. Altre ne arriveranno sicuramente nei prossimi mesi.

La soddisfazione più grande? Vedere la gioia negli occhi di mio padre. Sta raccontando a chiunque incontri che suo figlio ha scritto un libro.

A chi consiglieresti la lettura del tuo libro?

A chi è legato al mondo artigiano o vuole scoprirne di più in tal senso, a chi crede che fare bene le cose sia l’unica strada percorribile, a chi sogna attraverso la scrittura e, soprattutto, a tutti quei giovani e meno giovani che non sanno che fare del proprio futuro e che temono di non riuscire a trovare risposte quando in realtà sono proprio davanti a loro occhi.

Quali sono le letture che hai maggiormente apprezzato e/o quelle che ritieni che, in qualche modo, ti abbiano influenzato?

La lista è lunga. Direi innanzitutto le opere di Seth Godin, Simon Sinek e Austin Kleon. Non sono da meno Raymond Carver e Mark Manson. Menzione a parte per gli altri libri della collana #lavorobenfatto. Aggiungo anche gli italiani Mick Odelli, Raffaele Gaito, Riccardo Scandellari e Luca Mazzucchelli, e potrei andare avanti ancora per un bel po’.

Non a caso nel “retrobottega” di Intrecci ho lasciato una sezione con tutte le opere, gli autori e i creator che in qualche modo hanno influenzato discorsi, idee e visioni che ho provato a raccontare nel libro. Ci tengo però, lato narrativa, a citare anche Vasco Pratolini. È un peccato che non sia presente nei programmi scolastici.

Progetti futuri? Hai già qualcosa che bolle in pentola?

Sarei un bugiardo se dicessi che non ho già abbozzato diverse nuove storie. In fondo la creatività è uno stato mentale. Una volta scritta la prima, se resti in flusso le altre arrivano una dietro l’altra, bisogna solo che sfoghino. Insomma, le idee di sicuro non mancano, ma forse è prematuro parlarne oggi. Però sì, mi piacerebbe pubblicare almeno un altro libro.

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