Valerio Mastandrea al Comicon di Napoli: “Nel mio lavoro ci sono inciampato”

Si è appena conclusa a Napoli la XXIII edizione del COMICON, l’ampia rassegna dedicata al mondo dei fumetti che quest’anno, per la prima volta, si estenderà, dal 23 al 25 giugno 2023, nella città di Bergamo.

Quattro giorni di sold out, un ricchissimo programma per ciascuna area tematica e tantissimi ospiti quelli che si sono alternati nei giorni compresi tra il 28 Aprile ed il 1° Maggio presso la Mostra d’Oltremare di Napoli.

Esilarante l’incontro presso l’Auditorium tra Gianni Pacionotti, in arte Gipi, fumettista, pittore e regista e l’attore e regista Valerio Mastandrea. “Un incontro della vecchiaia”, come ironicamente lo ha definito Mastandrea dal momento che fingendosi smemorati (o forse lo erano davvero?) hanno divertito la platea ed hanno eluso diverse domande di Mattia Stefanelli.

-“Ma davvero abbiamo fatto questa cosa insieme? Non ricordo. A proposito, ci hanno pagato?”

-“Ricordi, invece, quella volta che abbiamo girato l’intera scena per poi scoprire che non era stato registrato l’audio? Un omaggio al cinema muto il nostro!”

Con battute simili i due protagonisti del talk hanno subito catturato il pubblico. Tra un finto battibecco e l’altro hanno raccontato del loro primo incontro, del film “La terra dei figli” diretto da Claudio Cupellini e tratto dall‘omonima graphic novel di Gipi, di cosa significhi il loro lavoro, della relazione tra scrittura ed interpretazione.

“I libri sono sempre meglio dei film” ha detto Mastandrea  – “I fumetti sono libri che utilizzano un linguaggio diverso. Ne “La terra dei figli” tratto dalla graphic novel di Gipi, ho barattato il mio ruolo con quello destinato a Paolo Pierobon. Avrei dovuto fare il ruolo del padre; invece ho fatto il Boia e Paolo Pierobon ha interpretato il ruolo del padre.”

Scrivere è meraviglioso” – ha ribadito  Gipi – “Quando scrivo ho l’impressione che siano i personaggi a dettare. Sono loro che mi guidano. Io non quasi mai il controllo di quel che scrivo. In questa cosa rasento la schizofrenia, ma è meraviglioso. Nelle rare volte che prendo il controllo vengono fuori cose che poi mi accorgo che non sono del tutto buone.”

Gipi ha poi raccontato che solo in tarda età ha potuto ammettere a se stesso e agli altri che il suo mestiere è quello del fumettista, perché ai suoi tempi era impensabile che un uomo potesse portare a casa il pane con un’attività come la sua. Quella del disegnatore era considerata solo una passione. Il lavoro era tutt’altra cosa e avrebbe fatto bene per la società a cercarsene uno.

“Io nel mio lavoro ci sono inciampato” – ha aggiunto Mastandrea – “e all’inizio faticavo anch’io ad ammettere a me stesso e agli altri che il mio mestiere era quello dell’attore. Sulle tessere per le promozioni, quelle per i pub ad esempio, alla voce professione scrivevo “Studente”; solo più tardi mi sono convinto che potevo scrivere “Attore”.

 

 

 

 


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