A metà tra Cuma e Poseidonia (Paestum), vi è un punto in cui il mare è soggetto a strane correnti. Il suo nome è Sirenoussai, ossia “Isole delle Sirene” (Li Galli presso Positano).
Proprio qui, su di una nave, gli uomini ai remi hanno il capo chino e le orecchie impregnate di cera; gli ordini impartiti sono ben precisi: continuare a remare e non ascoltare quel che il comandante, una volta legato all’albero maestro, può ordinare loro.
Circe, la Maga, ha già preannunciato ciò che sta per accadere e Ulisse non vuole in nessun modo perdere l’unica occasione di ascoltarle. Le Sirene scrutano l’anima; possono carpirne i più nascosti desideri e, proprio per questo, è impossibile sfuggire al loro canto che inebria, lusinga, irretisce.
Ulisse conosce bene i suoi limiti e i suoi demoni. La sua determinazione lo ha reso vincitore e sa che può affrontarle; così, legato e con orecchie ben attente comincia ad udirne il canto: Vieni, celebre Odisseo, ferma la nave affinché tu possa udire la nostra voce, nessuno è mai passato di qui senza ascoltare dalla nostra bocca il suono del miele. (ODISSEA Libro XII).
Gli uomini continuano a remare mentre Ulisse, legato si dimena; ha ascoltato l’inebriante proposta che gli promette la gloria per le gesta passate e la conoscenza di ogni cosa futura, ma resiste, forse, solo grazie alle corde. Il canto di Leucosia e Partenope non dà tregua, il continuo riecheggiare delle loro voci lo stordisce e lui si dibatte affinché lo si liberi.
Nessuno lo ascolta poichè nessuno può sentirlo; non avrebbe mai immaginato potesse esser così difficile resistere ma, soprattutto, non avrebbe mai immaginato che incontrando i suoi occhi, quelli di Partenope, entrambi sarebbero stati folgorati dall’amore. Un amore cui sono stati concessi solo pochi istanti poichè nulla di ciò che si sono detti con i loro sguardi potrà mai essere – un amore a cui Partenope non sopravvive poichè, al rifiuto di Ulisse, ella si abbandona al volere del mare, le cui onde ne trasportano il corpo esanime sull’isolotto di Megaride (Castel dell’Ovo).
Un gruppo di uomini scorge qualcosa in mare e si avvicina; a galleggiare nell acqua bassa un bellissimo volto di donna dai lunghi capelli mentre il corpo è quello di un uccello mostruoso dai feroci artigli. Riconoscono immediatamente Partenope, la Sirena, figlia di Acheloo, morta per esser stata rifiutata da Ulisse.
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Si narra che Partenope sia stata sepolta lì dove è stata trovata, ma tante nel corso del tempo sono state le ipotesi. Per il geografo Strabone, per Stazio, per Licofrone, ella riposa presso l’antico porto, mentre gli storici moderni hanno ipotizzato diversi scenari: chi ha seguito la teoria della tomba presso l’antica Acropoli (S.Aniello a Caponapoli) chi pensa alla lapide nella Chiesa di S. Giovanni Maggiore, ma di lei nessuna traccia; ad oggi ci si affida agli scavi effettuati per le nuove stazioni metropolitane di Duomo e Municipio che stanno riportando alla luce la parte più antica della Città ancora più al di sotto della stratificazione romana ossia quando Partenope é indicata come la città più greca dell’Occidente.