Luigi Vanvitelli nacque a Napoli il 12 maggio 1700 da padre olandese e madre napoletana. Il padre, Gaspar van Witte si era trasferito nella città partenopea su invito del viceré Luigi Francesco de la Cerda per partecipare ai lavori del Palazzo Reale. Fu proprio in suo onore che Gaspar diede a suo figlio il nome di Luigi.
La famiglia si trasferì a Roma e quindi il piccolo Luigi poté formare il suo estro artistico basandosi sul lavoro del padre, del nonno materno e sulle meraviglie architettoniche della classica capitale.
Vanvitelli può essere definito un architetto del “mondo di mezzo”, infatti pur mantenendo alcuni caratteri dello stile barocco fu un precursore di quello successivo: il Neoclassico.
Vanvitelli grazie al suo spirito innovatore, fu molto apprezzato tra i nobili italiani, ma anche europei, questa fama gli permise di diventare l’architetto personale del papa. Gli fu infatti affidato la messa in sicurezza della cupola di San Pietro, conquistando così il titolo di “Nuovo Michelangelo”.
Per chiudere il nostro viaggio nella Reggia di Caserta, ci soffermeremo sugli anni dell’artista che lo portarono a collaborare con i Borboni.
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Carlo di Borbone era alla ricerca di un architetto dallo spiccato stile progressista, che desse al suo nuovo palazzo uno sfolgorìo in più rispetto ai vari sedi del potere europei.
Quando la scelta cadde su Vanvitelli e lui iniziò ad elaborare il progetto della reggia, il prospetto fu diffuso in tutta Europa attirando nella sua persona grande ammirazione, ma anche tantissima invidia.
Alla base dei progetti del palazzo reale vi è senza indugio il pensiero e la filosofia dell’architetto. Vanvitelli era un uomo pratico che detestava la teoria architettonica di cui i suoi colleghi si circondavano. Questo lo portò a circondarsi di artisti che avevano ormai abbandonato la pesantezza dello stile barocco.
Quando iniziò a lavorare alla Reggia di Carlo III di Borbone, contemporaneamente lavorò per il papa e per altri nobili di spicco.
Elaborò uno stile sobrio all’esterno dell’edificio, come uno scrigno che doveva custodire le stanze delle meraviglie al suo interno. I lavori iniziarono nel 1751, quelli erano gli anni più laboriosi e produttivi della sua vita. Fu scelto il sito del borgo medievale di Casertavecchia per costruire un edificio che potesse superare le bellezze della Reggia Versailles pur copiandone lo splendore.
La posa della prima pietra
Dopo la realizzazione dei progetti, in circa 30 giorni fu subito innalzato il cantiere per iniziare i lavori e la prima pietra fu posata con una cerimonia (celebrata anche su un dipinto posto sulla volta del palazzo), il 20 gennaio 1752, giorno della nascita di re Carlo. Sulla pietra fu fatta incidere una frase in latino:
“Stet Domus, et Solium, et Soboles Borbonia, donec Ad superos propria vi lapis hic redeat – Da Reggia, il Soglio, il Regal Germe regga, Finché da se la pietra il Sol rivegga” .
Queste parole riprendevano i due versi di Porzio Lionardi, l’amico dell’architetto e nell’incavo della pietra il re posò alcune monete d’oro fatte coniare proprio per l’occasione.
La celebrazione fu raccontata dallo stesso Vanvitelli, che descrisse la giornata come: meravigliosa e soleggiata, ma fredda.
Vanvitelli sin da subito si ritrovò con un cantiere di 3000 persone tra artigiani, schiavi e pirati turchi; come forza lavoro furono impiegati persino i cammelli. Il cantiere divenne subito un miscuglio di genti e lingue.
Nei documenti di Vanvitelli ritrovati alla reggia è possibile percepire i retroscena della costruzione del palazzo e cogliere le sfumature stilistiche dell’architetto regio. Dai registri si coglie un Vanvitelli puntiglioso, in alcuni momenti con una salute precaria, ma disposto a pagare di tasca propria i rifornimenti pur di portare a termine il lavoro. Infatti alcuni registri riportano le annotazioni dell’architetto dove aveva anticipato del denaro per acquistare alcuni materiali.
L’opera che lo impiegò di più fu la realizzazione dell’acquedotto che doveva fornire di acqua l’intero palazzo e le maestose fontane dei giardini della Reggia. La ricerca lo portò sino alle falde del Monte Taburno, dove trovò le sorgenti del Fizzo che già in passato aveva rifornito di acqua l’acquedotto romano dell’Acqua Giulia.
L’arresto della fortuna di Vanvitelli ad opera di Tanucci, la sottrazione dei suoi progetti, il gioco al lotto: gli anni crudi dell’architetto
Nel 1759 il cantiere era nella sua massima espansione, ma il lavoro di Vanvitelli ebbe un intoppo; infatti il fratello di Carlo, morì e così dovette ascendere alla reggenza del regno spagnolo, lasciando al suo posto il piccolo Ferdinando IV. Questo, essendo ancora un fanciullo, non poteva prendere le grandi decisioni e quindi tale potere si concentrò nella mani del nemico di Vanvitelli: Bernardo Tanucci.
Molti furono i momenti umilianti per l’architetto che si vide persino ridurre il budget dei lavori. Riuscì a trovare solo l’appoggio dell’abate Galiani, perché ormai tutti si erano schierati dalla parte del più potente. Persino il capomastro dell’architetto lo derubò di alcuni suoi progetti.
Tanucci arrivò persino a togliere alcuni lavori per affidarli all’artista toscano Fuga. Furono anni crudi per l’architetto, molti lavori non furono retribuiti e per il compenso, Vanvitelli dovette penare a lungo. Si ritirò dalla vita mondana, anche se quando poteva assisteva alle opere teatrali che si tenevano al San Carlo. Amava molto il gioco del Lotto e spesso i numeri che giocava erano collegati ad alcuni eventi che succedevano durante la sua giornata.
L’età avanzava anche per l’artista, ma malgrado ciò continuava il suo lavoro presso le corti europee, il suo stile però fu considerato eccessivo alla corte di Vienna e quindi dopo una piccola parentesi austriaca ritornò a Napoli.
Un piccolo cambiamento avvenne quando gli furono affidati i lavori della realizzazione della camera da letto di Ferdinando IV e la sua sposa. Il primo Marzo del 1773 Vanvitelli morì, fu sepolto senza nemmeno una lapide presso la chiesa di S. Francesco di Paola, tutti ormai avevano dimenticato il suo grande lustro artistico e stilistico.
L’artista morì senza vedere la fine dei lavori della sua maestosa opera, alla sua dipartita, il proseguimento del cantiere fu affidato al figlio Carlo Vanvitelli che, pur semplificandone alcune parti, si mantenne in linea con il progetto del padre.
Lo stile di Luigi Vanvitelli era così versatile e innovativo che ancora oggi è difficile inserirlo in una specifica corrente artistica. Alcuni lo definiscono pienamente barocco, altri neoclassicista, la certezza è che Vanvitelli progettò una delle più imponenti opere della sua epoca.
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