Donne al volante in Arabia Saudita – Riad scardina un dogma granitico.

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Il re dell’Arabia Saudita, Salman, ha annunciato che le donne del regno potranno guidare. Cade un tabù storico, motivo di proteste da parte della comunità internazionale e delle donne saudite.

Un primo passo era stato fatto già il 23 settembre scorso in occasione della celebrazione dell’87° anno del regno saudita, per l’occasione il re Salman aveva concesso finalmente alle donne di accedere allo stadio sportivo re Fahd di Riad per la prima volta nella storia.
Notizia di oggi che un decreto del re Salman dell’Arabia Saudita ha finalmente concesso alle donne il permesso di guidare anche se non da subito, ma ha dato l’ordine che anche loro possano sostenere l’esame della patente. Il decreto prevede che sia costituto entro 30 giorni un panel ministeriale per dare attuazione alla decisione rivoluzionaria. Le prima patenti dovrebbero essere rilasciate entro giugno del 2018.
Questa decisione epocale rientra in una più ampia serie di riforme volte a garantire permessi e diritti anche alle donne del regno, segno di un mutamento profondo all’interno di una società chiusa e conservatrice come quella del regno Saudita.
L’annuncio è arrivato dai media di Stato di Riad, in contemporanea l’ambasciatore della casa Saudita da Washington, commentava cosi durante un evento a favore del regno saudita : “È il momento giusto per cambiamento perché in Arabia Saudita abbiamo una società giovane e dinamica. Le donne non avranno bisogno del loro guardiano” per prendere la patente. Fautore di questa ventata di progresso è stato l’erede al trono il principe Mohammed bin Salman di 32 anni, modernizzatore del regno, autore del progetto “Vision 2030”. La decisone ha in buona parte motivazione economiche, il calo del prezzo del petrolio porterà il paese ad un’economia più inclusiva e dunque permettere alle donne di essere protagonisti attivi del paese potrà aiutarlo verso una crescita sempre meno dipendente dall’oro nero.

La dottrina wahabita

Difatti nel regno saudita vige la dottrina wahabita, un’interpretazione fondamentalista del Corano. Secondo le regole vigenti nel regno saudita le donne devono avere il consenso di un tutore maschile, che sia padre, fratello, o un altro parente pe sposarsi, ottenere il passaporto, viaggiare all’estero e spesso anche per lavorare o studiare anche se non è espressamente previsto per legge.

Le prime mobilitazioni contro il divieto:

Risalgono al 1990 le prime battaglie delle donne saudite quando in decine si misero al volante per protesta. Imprigionate pe 24 ore gli venne confiscato il passaporto e alcune di loro persero il lavoro. Nel 2007 l’Associazione per la Protezione e la Difesa dei Diritti delle Donne in Arabia Saudita presentò a re Abdullah 1.100 firme a sostegno di un documento in cui si chiedeva la revoca dell’interdizione. Tra le promotrici, c’era Wajeha al- Huwaider, protagonista l’anno successivo di un video su You tube in cui si mostrava al volante di un’auto mentre guidava. Le immagini accesero l’attenzione internazionale.
Nel 2011 un gruppo di donne lanciò la campagna Women2Drive, un vero e proprio appello all’azione. Sul social Facebook l’iniziativa ottenne oltre 10mila consensi a sostegno. A maggio Manal al-Sharif si fece filmare mentre guidava, per le immagini postate sui social venne arrestata e poi rilasciata. Il mese dopo un’altra donna seguì il suo esempio con la stessa sorte, ed episodi simili seguirono nei mesi successivi. Nel novembre 2014, Loujain al-Hathloul, attivista in possesso di una patente degli Emirati arabi uniti, guidò da Abu Dhabi fino al confine con l’Arabia Saudita e tentò di attraversarlo, fu arrestata e passò 73 giorni in prigione. Il video caricato su You Tube ebbe 800mila visualizzazioni, 3mila commenti divisi fra sostenitori e critici. L’anno prima si era filmata con il marito accanto mentre guidava verso casa a Riad.

L’ultimo paese che impediva alle donne di guidare ha invertito il senso di marcia.

foto: fonte web

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