Da giorni in Irlanda del Nord, in particolare nelle città di Belfast e Londonderry si assiste a violenti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Due giorni fa un autobus di linea è stato dirottato e dato alle fiamme, mentre per le strade si assiste ad una escalation di violenza che riporta alla mente immagini che non si vedevano da più di 20 anni. Negli scontri con la polizia, i manifestanti hanno utilizzato molotov, petardi e pietre mentre le forze dell’ordine sono ricorse ad idranti e, in tenuta antisommossa, hanno tentato di disperdere la folla. Il pretesto all’origine degli scontri è rintracciabile nel mancato rispetto delle norme anti-covid dei partecipanti ad un funerale, ma le motivazioni più profonde sono da ricercarsi negli effetti degli accordi per la Brexit sulla gestione del confine tra Regno Unito e Irlanda.
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Il pretesto del funerale
Ad iniziare le proteste sono stati formalmente i cosiddetti unionisti, ovvero coloro (in maggioranza protestanti) che sono favorevoli alla permanenza dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito. La loro indignazione sarebbe stata causata dalla decisione del locale capo della polizia di non perseguire le circa duemila persone che hanno partecipato al funerale di un autorevole membro dell’IRA (l’Irish Republican Army), l’organizzazione paramilitare dei nazionalisti, ossia coloro che si dicono favorevoli alla riunificazione dell’Irlanda del Nord con la Repubblica d’Irlanda e contrari alla permanenza dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito. Ad aggravare la situazione, sarebbe stata la partecipazione al funerale di alcuni membri del partito nazionalista nordirlandese Sinn Féin, attualmente al governo con il Partito democratico unionista. Dalla data del funerale gli scontri sono cresciuti di intensità, soprattutto nelle zone di divisione tra la parte protestante e quella cattolica, i cosiddetti “Muri della pace”.
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La causa di tutto: Brexit
La situazione politico-sociale dell’Irlanda del Nord è estremamente complessa e fragile. Dopo oltre trenta anni di “troubles”, la guerra a bassa intensità combattuta tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Novanta, gli accordi del Venerdì Santo (1998) misero fine alle violenze che costarono ai due paesi oltre 3500 morti. Ora questo fragile equilibrio è messo in discussione dall’entrata in vigore degli accordi su Brexit. In base alle intese raggiunte dal Regno Unito e dall’Unione europea, l’Irlanda del Nord è stata lasciata all’interno dell’unione doganale e al mercato unico per evitare il ritorno di un confine fisico tra le due Irlande. Il dilatarsi delle tempistiche degli scambi commerciali tra Irlanda del Nord e Gran Bretagna, diretta conseguenza dei controlli doganali alle frontiere, ha causato notevoli ritardi negli approvvigionamenti di merci e situazioni di penuria nei supermercati. Al netto di tutta questa situazione, i lealisti temono che l’Irlanda del Nord possa giudicare conveniente una eventuale riunificazione con la Repubblica d’Irlanda così da risolvere tali problematiche e andare incontro ai sogni del partito nazionalista Sinn Féin che da tempo chiede un referendum sulla riunificazione.
La situazione si sta nuovamente surriscaldando. Spetta ora ai governi dei due paesi trovare una soluzione prima che si ritorni a un passato che nessuno vuole rivivere.