2 Febbraio 1256 – Quegli incontri fatti di attese infinite, ansia, desiderio che provano l’uno per l’altro, hanno alimentato e consolidato il grande amore che li unisce; da questa notte, però, nulla sarà più loro concesso: dopo esser stati additati e seguiti, sono stati scoperti, dunque, condannati a morte per quell’amore, nei loro cuori, così puro, che infastidisce i più.Li hanno incatenati ad un albero lì, sul Monte Partenio affinchè la morte li sorprenda; così legati e sospesi, disperati e sconcertati dalla cattiveria degli uomini, attendono il freddo o un lupo affamato che ponga fine a quell’atroce agonia.
Ma così non avviene, i due giovani si ritrovano improvvisamente illuminati da una luce immensa ed avvolgente che li mette al sicuro e ad essi appare “Mamma Schiavona”, la Vergine dal volto scuro che tutti accoglie e protegge con la sua enorme benevolenza.
Mamma Schiavona, la Madonna Nera di Montevergine
Proprio qui, in tempi lontani, si era rifugiata la Vergine, unica tra le sorelle della Madonna ad avere una carnagione diversa, terrena, come quella dei lavoratori dei campi o di coloro che non avevano modo di proteggersi dai raggi del sole e per questo, derisa:
“…si jo song brutta, allora loro hanna venì fino a xcà ‘ngopp pe me truvà! (se io sono brutta, allora loro dovranno venire fino a quassù per farmi visita!)”.
L’occasione, dunque, è data dalla condanna dei due giovani, che proprio sul monte dove “Ella” risiede, vengono incatenati; così Mamma Schiavona, commossa, li salva e, dichiarandoli innocenti, impone al mondo di accettare “quell’amore” puro e sincero.
La “juta” , la salita a Montevergine
E’ dunque il 2 febbraio che si ricorda tale miracolo, stesso giorno de “La Candelora”, e qui, presso il Santuario di Montevergine, tutti gli anni, i fedeli in processione raggiungono la Vergine Nera, Mamma Schiavona; è la “Tammurriata” che accompagna il viaggio.La tammurriata che rappresenta la sacra devozione popolare: vero e proprio rito che si trasforma in maniera estemporanea in ballo, in canto, in suono rappresentante la
popolazione delle campagne della provincia napoletana e la sua enorme devozione per la Vergine.
E’ facile ritrovare, come in questo caso, delle affinità tra la nostra religione ed il
paganesimo esoterico prima greco e poi romano che, così, sopravvive sotto altre
sembianze.Sul Monte Partenio, in tempo pagano, risiede la Dea Cibele, madre degli Dei, che assume diverse identificazioni: Mater Matutae o Magna Mater e che è spesso rappresentata con in braccio molti figli per indicarne la certa fertilità; Cibele, così, generata da Urano il Cielo) e Gea (la Terra) è una Titanide ed è madre di Zeus.
Ella si accompagna sempre ad Attis, un giovane il cui destino si è incrociato con quello di Agdistis, creatura ambivalente e violenta che si invaghisce di lui e che,per vendicarne il rifiuto, punisce con la follia; il giovane si evira e, senza scampo, si lancia da una rupe; da quel sangue sgorgato, la leggenda vuole, siano nate le viole.La pietà per il giovane e sfortunato Attis è, dunque, il motivo per cui la Dea Cibele si
accompagnerà per sempre a Lui.
Questo il culto ancestrale;questo il Mito che si evolve oltrepassando tempo e popoli; riti e danze orgiastiche come quelle dei Baccanali, durante le quali gli uomini si evirano e le donne mutilano il loro corpo togliendosi un seno.La musica dei flauti sostituita, ormai, dalla “tammorra” ad oggi si intona durante lunghe processioni dove antichi eunuchi ed amazzoni non sono legati ad alcuna identità ma sanno benissimo di esser accettati, protetti, accolti da “Mamma Schiavona”.
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