Ci si interroga se per il Pd si tratti di un bivio o piuttosto di una strada già tracciata nella sintesi delle due mozioni dei candidati, Stefano Bonaccini ed Elly Schlein. La macchina organizzativa del partito democratico è comunque pronta alle elezioni del ballottaggio di domenica 26 febbraio.
Stefano Bonaccini è finito al primo posto nel primo turno, perché la commissione nazionale per il congresso del Partito democratico ha diffuso i dati definitivi dei congressi di circolo, che si sono svolti dal 3 al 19 febbraio.
I risultati sono i seguenti: Bonaccini 79787 voti, pari al 52,87%, Schlein 52637 voti, pari al 34,88%, Cuperlo 12008 voti pari al 7,96% e De Micheli 6475 voti, pari al 4,29%. Ora però ai gazebo potranno votare anche i non iscritti per scegliere il nuovo segretario del PD.
Tra i due contendenti ci sono visioni differenti, ma anche tanti punti di accordo, lo Ius Soli, la netta contrarietà al presidenzialismo e all’autonomia differenziata e la cancellazione della legge Bossi-Fini per riorganizzare la questione dei migranti.
In un confronto diretto televisivo i due contendenti scommettono entrambi su almeno un milione di partecipanti al voto.
Elly Schlein appare più combattiva, anche perché deve recuperare nelle primarie lo scarto di circa 18 punti percentuali del voto nei congressi di circolo, riservato agli iscritti.
Schlein il confronto diretto televisivo lo ha definito ‘british’, ma ha dichiarato di essere contraria al ticket con Bonaccini dopo le primarie di domenica perché comunque vada, sarà il PD a vincere. E quindi ha chiesto esplicitamente a Bonaccini: “Sei d’accordo sulla grande battaglia, da fare dal giorno dopo la fine del Congresso, sul porre un limite a i contratti a termine come in Spagna, sulla sperimentazione della riduzione di orario di lavoro a parità di salario, per lavorare insieme su questi temi?”.
Ma se Schlein incalza Bonaccini su lavoro e diritti, il presidente della regione Emilia Romagna le chiede invece conto della sua volontà unitaria, se insomma sarà al suo fianco se diventerà segretario del Pd.
“Assolutamente sì, senza ombra di dubbio”, è la risposta. Negli appelli al voto finali Bonaccini dichiara che dopo tanti anni di sconfitte a livello nazionale il Pd debba rafforzarsi, per vincere la prossima volta e dare soluzioni concrete ai problemi dei cittadini, a partire da quelli dei giovani, recuperando i milioni di voti persi dai tempi della segreteria di Walter Veltroni.
Schlein si rivolge soprattutto ai delusi: “La mia storia è di chi ha tenuto un filo di connessione con chi se ne è andato, oggi dobbiamo provare a ricostruire quel filo, ridare casa a chi si è sentito orfano in una sinistra nuova”.
La platea dei gazebo con 5500 seggi e 20000 volontari sarà dunque più ampia e meno consolidata di quella dei circoli, perché potrà votare anche chi non ha la tessera del partito, firmando una dichiarazione di sostegno al Pd e versando un contributo di 2 euro.
Bonaccini parte in vantaggio per il consenso ottenuto fra gli iscritti al Pd, dove ha superato Schlein e surclassato Gianni Cuperlo e Paola De Micheli. Ora I due primi classificati si sfidano al ballottaggio, ma ripartendo dallo zero a zero e consentendo ai sostenitori di Schlein di confidare nel ribaltone, anche se Cuperlo ha lasciato libertà di voto ai suoi sostenitori e Paola De Micheli senza fare apparentamenti ha annunciato comunque il voto per Bonaccini.
Schlein si sente forte del voto nelle prime tre città italiane, Roma, Milano e Napoli e il suo comitato spera anche in molte altre, da Genova a Venezia, La Spezia, Verona, Catania, Siena, Pisa perché domenica 26 febbraio alle primarie tutte e tutti potranno votare per un partito nuovo. Nei circoli si sono espressi 151.530 iscritti, mentre nel 2019, quando vinse Nicola Zingaretti, furono circa 190000, dunque un dato inferiore, ma il segretario uscente Enrico Letta ha parlato lo stesso di un risultato straordinario di partecipazione politica, unico in Italia, dicendo testualmente : “Siamo orgogliosi della nostra comunità”.
“Il nostro impegno – ha detto invece la presidente della Commissione per il congresso, Silvia Roggiani – ora è rivolto alle primarie del 26 febbraio e a fare in modo che in quella giornata ci sia la più alta partecipazione possibile”.
Ai gazebo sia Bonaccini che Schlein, si attendono più di un milione di persone, sperando di pareggiare il dato dell 2019, che fu quasi di un milione e seicentomila votanti.
Ma ci sono anche differenti visioni tra Bonaccini e Schlein, in sintesi il presidente della giunta regionale dell’Emilia Romagna vuole costruire un partito di sinistra, laburista, popolare a vocazione maggioritaria, mentre Elly Schlein intende lavorare per un partito di lotta con al centro innanzitutto i diritti e la giustizia sociale. Sono a confronto nel ballottaggio di domenica due galassie del PD ben distinte,
Stefano Bonaccini è presidente dell’Emilia Romagna da quasi dieci anni perché è stato rieletto nel 2020, avendo battuto la candidata leghista Lucia Borgonzoni. Nelle primarie del passato è stato vicino a Matteo Renzi, di cui ha coordinato pure la campagna vincente nel 2017 contro Orlando ed Emiliano. Bonaccini ha sempre voluto specificare con orgoglio di non appartenere a nessuna corrente e ha indicato come assoluta priorità per rilanciare il Pd il ricambio della classe dirigente. Quindi non è un caso che a sostenerlo ci siano solo tre membri dei 17 della segreteria nazionale del partito, il senatore Enrico Borghi, responsabile delle politiche per la sicurezza, la senatrice Sandra Zampa, responsabile per la Salute, e il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, coordinatore dell’assemblea nazionale dei sindaci del Partito democratico.
Inoltre uno dei principali sostenitori di Bonaccini è il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. ed ha anche ricevuto l’appoggio di alcuni esponenti della dirigenza del partito, tra cui la vicesegretaria e parlamentare europea Irene Tinagli e le due vicepresidenti, le deputate Anna Ascani e Deborah Serracchiani.
Elly Schlein è stata invece parlamentare europea dal 2014 al 2019, e nel 2013 è diventata il volto di Occupy Pd, il movimento dei giovani, nato per protestare contro i franchi tiratori, che bloccarono la candidatura di Romano Prodi al Quirinale prima dell’elezione di Mattarella, indicata da Matteo Renzi. Schlein invece dispone del sostegno di gran parte della nomenclatura del Pd, a cominciare dal segretario uscente Enrico Letta, che non ha nascosto di preferire lei.
La candidata di origine ebraica è sostenuta anche da altri ex segretari del Pd, l’ex presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e l’ex ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini. A favore di Schlein si sono spesi anche l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando, l’ex ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia, l’ex presidente della Camera Laura Boldrini e il deputato Alessandro Zan, quello dell’omonimo disegno di legge contro l’omofobia. Stefano Bonaccini punta sul taglio del cuneo fiscale, la reale parità di salario tra uomo e donna e la trasformazione del tempo pieno in un diritto scolastico accessibile a tutti.
Elly Schlein ha impostato invece la sua campagna sulla giustizia sociale e sulla conversione verde, sposando in pieno la scelta dal 2035 di dire addio alle auto a benzina e diesel. Schlein ha definito “un errore da superare” il Jobs Act, voluto dal PD di Renzi, puntando sul contrasto a ogni forma di discriminazione e diseguaglianza.
Sul fronte delle alleanze, per Bonaccini la vocazione maggioritaria, che invoca, non vuol dire affatto isolamento, ponendo il Pd come perno di qualsiasi coalizione da contrapporre al centrodestra, mentre Schlein punta sul campo progressista, con un rafforzamento della consultazione interna attraverso referendum di sostenitori ed iscritti sulle decisioni più importanti, un modello simile a quello attuato in passato dal movimento 5 stelle.
Non resta che aspettare il voto di domenica 26 febbraio dalle otto alle venti e lo scrutinio successivo, per scoprire chi abbia avuto maggiore considerazione tra i due sfidanti alla segreteria del PD, che in fondo potrebbero essere pure un tandem alla guida futura dello stesso partito.