TERRA MIA…TERRA NOSTRA


Qualcuno è andato via oggi

Lui ha intrapreso un viaggio, da solo stavolta. Lui che non amava volare, un po’ pigro come disse in una sua canzone, lui che era legatissimo alle sue radici, fonte di  tante sue poesie in musica. Tanti i testi, grandi successi, eppure nel mio piccolo mi trovo anch’ io qui a scrivere qualcosa. Tanti i fiumi di parole oggi e nei giorni a seguire e d’istinto preferirei il silenzio, ma forse non sarebbe giusto. Lui è stato un percorso, una nuova via, lui…era Pino Daniele.

Ci penso, ripenso e propendo per il si! A chi vorrà leggere, così se vi va, come avrebbe forse detto lui. Quasi impossibile  -ripercorrendo le sue canzoni- scegliere una piuttosto che un’altra. Non cadere nei ricordi che affollano la mente.  L’istinto, quello che mai ci inganna, mette il punto o meglio punta il dito su “Terra mia”. La terra a cui pensavo e che malinconicamente cercavo tra le lacrime quando da ragazzina azzardavo il ruolo dell’emancipata, giocavo  a fare l’indipendente che appena quindicenne si allontanava da casa perché voleva confrontarsi col mondo del lavoro. Tuffarsi nel mondo adulto.  Che gran conquista, che gran sofferenza.

L’amarezza di quelle parole, la sofferenza che trasudavano la facevo mia, era la mia. Allo stesso tempo però trovavo forza proprio in quelle espressioni Terra mia, terra mia, comm’è bello a la penzà perchè mi davano il calore di casa. Comm’è triste e comm’è amaro st’assettato e guarda tutt’è cose, tutt’e parole ca niente pònno fa”, invece mi portavano all’infanzia, ai racconti di mio padre e io piccolina ad ascoltarlo. Di lui che andava al porto di Napoli per vedere il bastimento che partiva per quella terra lontana, l’America. Allora balzava alla ragione quanto potesse essere stupido il mio momento malinconico, di fronte alla sofferenza di lasciare tra le lacrime, gli affetti di tanti napoletani e non che partivano a cercar fortuna.

 

“Terra mia, terra mia, comm’è bello a la guardà”. Quella sì che era amarezza, quelle erano lacrime di disperazione per chi si lasciava, e di speranza per cosa si sarebbe trovato. La mia in fondo era una scelta  temporanea, legata al periodo estivo e seppur  lontana chilometri dalla famiglia, potevo ritornarci in qualsiasi momento e soprattutto la mia era una scelta non dettata dalla disperazione. Quella degli emigranti lo era; quella là no, eh no, loro no ..proprio no.

Con qualche anno in più negli occhi e sulle spalle, quella stessa canzone mi torna nella testa  quando osservo purtroppo, la marea umana che oltre sponda su barconi di fortuna o attraverso viaggi pindarici, arrivano nella mia Terra. Proprio non riesco a trattenere  le lacrime, ogni volta. Seppur in maniera leggera io conosco quella sofferenza, quel senso di smarrimento, quelle lacrime di speranza, vissute o raccontate mi hanno da sempre attraversato l’animo. Ecco spuntare lì, insinuarsi nella mente ancora una volta le parole della tua canzone, caro Pino. Permettetemi di dire caro, anche se non lo conoscevo, è uno di famiglia, un caro amico che se ne è andato. Per me come per voi.

 “Terra mia” oggi ancora si canta e si canterà sempre, in maniera struggente. Ieri in napoletano oggi in arabo,indi , cinese, amarico, hausa, yoruba, igbo, swahili… “ Terra mia” che lo dica io o tu, non importa. Tutti la portiamo dentro allo stesso modo, ecco questo!

Mi ha lasciato per sempre questo testo che è trasversale, abbraccia l’umanità intera.

photo fonte web

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