Tunisia, Kuwait, Somalia, Francia: il terrore fa quadrato

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Il venerdì nero, pregno di sangue, dell’ IS inizia in Tunisia

Oggi  26 giugno, la matrice della bandiera nera dell’ IS colpisce 4 paesi e tre continenti; il sedicente Stato Islamico sembra reggere le fila della vita di qualsiasi Stato intenda colpire. Centra all’ improvviso, arriva dove vuole.

Tunisia

Immaginate una mattinata di sole, turisti in vacanza, famiglie con bambini e dal mare, all’ improvviso, arrivano su una spiaggia a Sousse e Port el Kantaoui in Tunisia, località storiche del turismo anche e soprattutto italiano, e sparano all’ impazzata con i kalashnikov. Tra quelli che non riescono a trovare scampo periscono 37 persone e 36 feriti. Sappiamo che erano di nazionalità tedesca,tunisina e britannica quelli morti. Perisce sotto i colpi della sicurezza uno degli attentatori, jihadista originario della regione di Kairouan. A chi non è mai stato in questi luoghi va detto che la sorveglianza, la Sicurezza negli alberghi è sempre stata molto rigida e presente, eppure accade. Succede a pochi mesi dall’ orrore avvenuto al Museo  del Bardo di Tunisi. Dunque perché attaccare ancora la Tunisia e perché anche questa volta le “intelligence” non hanno ravvisato alcun segno di un possibile attentato?

Kuwait

Altro stato medio orientale, il Kuwait; qui, in particolare, è la capitale Kuwait city e la moschea sciita Imam Sadiq ad esser presa di mira. Presenti in tantissimi oltre duemila persone per il venerdì di preghiera. Particolare non trascurabile: è il secondo venerdì di Ramadan. L’ attentatore suicida si fa esplodere: 27 i morti e 202 feriti. Attentato rivendicato dal gruppo jihadista della Stato Islamico.

Somalia

L’attentato è avvenuto nel sud della Somalia nel villaggio di Lego; qui i morti sono 30. I miliziani hanno attaccato la base dell’Unione Africana, sono entrati con un auto che conteneva esplosivi e hanno lanciato granate sui soldati. Si sono impossessati delle munizioni e degli armamenti e hanno sparpagliato i corpi intorno alla base, come afferma il comandante Mohamed Abu Yahya del gruppo Al Shabab, che ha rivendicato l’attacco. Avevano già minacciato di intensificare gli attentati durante il mese sacro del Ramadan; anche qui ci chiediamo come sia possibile bypassare i servizi segreti.

Francia

Ore 10.00 del mattino: due persone attaccano una fabbrica di gas, sita a 40 chilometri dalla città di Lione e di proprietà della compagnia statunitense Air Product . Si sospetta di un attentato dell’ IS in quanto la vittima di 50 anni, manager di una compagnia di trasporti locali, è stato trovato decapitato con al fianco una bandiera recante scritte in arabo e alcune iscrizioni sono state ritrovate  sul corpo della vittima. Arrestato un possibile responsabile dell’attentato, tale Yassin Sahli di 35 anni, sospettato di aver rapporti con un gruppo salafita radicale. Pochi mesi fa, la Francia è stata attraversata da un altro terribile attentato, quello alla redazione giornalista Charlie Hebdo. E’ lampante che gli attentati non si possono leggere solo nella singola ottica nazionale o di egemonia di un Paese a discapito di un altro.

Si rincorrono anche stavolta, da ovest a d est del globo, accuse reciproche o velatamente tali. Notizia di ieri, passata completamente in sordina, era che IS aveva attaccato di nuovo la città di Kobane , liberata a gennaio di quest’anno grazie alle forze curde. Timori e tangibili preoccupazioni di nuovi attacchi da parte dello  “Stato Islamico “ erano note; grazie e sopratutto alle minacce pubbliche che corrono in rete da parte di questa organizzazione ben progettata e tecnologicamente  avanzata. Eppure avvengono, in tempi ravvicinati e luoghi lontanissimi tra loro, attentati che vogliono incutere paura e minare alla base l’ economia di certe nazioni. Ciò dovrebbe indurre ad una seria analisi sulla politica internazionale,  poiché una politica ceca o volutamente non vedente, permette che ciò che accada. Allora che muoiano innocenti, ancora una volta. Anche ora un presidente di turno urlerà la propria forza come Stato, ordinerà di alzare muri sempre più alti, istigherà sempre più all’ odio razziale, a trincerarsi nei propri confini, e se non bastasse invocherà  vacillanti strategie di autodifesa. Cercheranno il mostro di religione ed etnia diversa e lo daranno in pasto ai media e diranno:

Ecco era lui!

 

 

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