Il travaglio societario dell’Unione Triestina forse è finalmente giunto al termine. Ora testa all’obiettivo salvezza
Sono le ore 16 di martedì 12 aprile quando si aprono le porte dello studio del Dott. Riccardo Merluzzi. La notizia comincia a trapelare, poi esce un raggiante Mauro Milanese e il tribunale di Trieste diventa la curva di uno stadio, il Nereo Rocco naturalmente. Applausi, abbracci e subito parte l’inno dell’Unione cantato a squarciagola dai tifosi presenti fin dal mattino. Le disavventure della Triestina sembrano essere finite, ma andiamo con ordine.
Alle ore 12 scade il termine per la presentazione delle offerte di rilevamento dell’Unione Triestina 2012 in seguito al fallimento decretato dal tribunale il 1 febbraio. Si presentano Mauro Milanese (per conto dell’imprenditore edile italo-australiano di origine triestina Mario Biasin), l’Alma Spa, agenzia per il lavoro attuale main sponsor della Pallacanestro Trieste e alcuni altri interessati. Solo Milanese-Biasin e Alma risultano però idonei all’acquisizione della società in base ai vincoli posti dal curatore fallimentare Giuseppe Alessio Vernì, ovvero garanzia di solidità finanziaria, requisiti di onorabilità e presentazione di un progetto sportivo valido.
Alle 15 viene dunque fissato l’orario dell’asta che dovrà decretare il vincitore, ma tale asta non avrà mai inizio, in quanto Alma decide di ritirarsi. L’azienda friulana dichiara di essersi presentata esclusivamente come garante nel caso non vi fossero altre offerte valide, ma il suo ritiro è forse dettato anche dalla volontà di evitare un clamoroso autogol, vista l’aperta preferenza della tifoseria per il progetto di Milanese, anche grazie a ciò che il triestino ex difensore dell’Inter ha fatto in questi due mesi di gestione provvisoria mettendoci faccia e denaro per permettere alla squadra di proseguire il campionato anche dopo il fallimento. Mario Biasin è dunque il nuovo proprietario della Triestina e Mauro Milanese l’uomo che avrà l’arduo compito di riportarla nel calcio che conta.
L’entusiasmo all’interno della tifoseria è grande, sebbene i triestini negli ultimi siano stati costretti ad una continua diffidenza, sempre giustificata, nei confronti dei vari personaggi discutibili che hanno messo le mani sulla squadra. Le prime avvisaglie nel 2006, quando la sciagurata gestione Tonnellotto portò l’US Triestina 1918 sull’orlo del fallimento, scongiurato dal salvataggio da parte dell’imprenditore friulano Fantinel, andatosene nel 2011 (non privo di colpe) innescando una letale girandola di presidenti. Nel 2012 con Aletti arriva il secondo fallimento della storia alabardata, con la squadra costretta a ripartire dall’Eccellenza sotto il comando di Puglia e Cergol. I guai societari sfondano i confini nazionali quando il timone passa al camerunense Mbock e al kosovaro Mehmeti, indagati per truffa aggravata e cacciati dalla città. Poi la coppia di romani: Pangrazio Di Piero e quel Marco Pontrelli che ha dato la mazzata finale alla società. La scomparsa del settore giovanile, l’intera tifoseria che su invito della curva diserta lo stadio e il fallimento a inizio 2016 sono i momenti più emblematici della sua gestione, oltre al tentativo di cessione al veneto Favarato, che ha presentato una fidejussione bancaria non valida, e al ricorso, non accolto, contro l’istanza di fallimento tentato in extremis per provare a riprendersi la società prima dell’asta.
Chiara è quindi la gioia dei tifosi nel vedere finalmente la società in mani competenti (Milanese oltre ad essere ex calciatore di Serie A ha già alle spalle esperienze dirigenziali al Varese e al Leyton Orient) e soprattutto triestine. Ciò non significa che alla nuova proprietà verrà concessa totale fiducia a priori da una tifoseria disillusa da troppi anni burrascosi, ma la sensazione è che questa possa finalmente essere la volta buona. Per l’affidamento del marchio storico (di proprietà dei tifosi) ci sarà tempo, ma ora urge il ritorno allo stadio dei supporters alabardati, organizzati e non, per aiutare la squadra a conquistare la permanenza in Serie D senza passare attraverso i play out.