Empire of Light – Agli albori degli anni Ottanta nella città inglese di Margate, incastrata come tutto il paese tra crisi e razzismo, Hilary Small (Olivia Colman) lavora al cinema Empire che pure non se la passa benissimo. In preda alla depressione e amante del suo capo Donald Ellis (Colin Firth), la donna conosce il giovane di colore Stephen (Micheal Ward) col quale instaura in breve tempo un rapporto speciale che la sorprenderà.
Empire of Light, recensione
A quasi quattro anni da “1917” (che abbiamo recensito qui) Sam Mendes torna con un dramma sentimentale che vede, al pari dello Spielberg di “The Fabelmans”, il cinema come lenitivo dei piccoli e grandi drammi quotidiani scatenati da un passato difficile. Pur non trattandosi di un lavoro autobiografico l’autore di “American Beauty” punta tanto sulla nostalgia e sulla malinconia di un’epoca cruciale, nella quale ancora la pellicola regnava incontrastata. Ci mette del suo anche una colonna sonora superba che va a ripescare perle indimenticabili.
Olivia Colman vale da sola il prezzo del biglietto, si carica il dramma sulle spalle e ce lo restituisce con un’interpretazione intensa ed emozionante. Tutto questo a prescindere dal rapporto con il personaggio interpretato da Michael Ward, al quale lo script fornisce davvero poco spessore. Fattori come questi depotenziano l’empatia e il magnetismo che il lungometraggio poteva sfoggiare in misura molto maggiore, senza percorrere sentieri già tracciati per cercare l’impatto emotivo. Genuino invece è il personaggio dell’anziano proiezionista Norman (Toby Jones), nonostante sia stato già visto e rivisto in diversi altri film.
A dispetto del titolo, la cupezza della tematica centrale si dipana in maniera non indolore nelle due ore di durata durante le quali sembra che Mendes talvolta si specchi e non dosi nella maniera più ottimale il flusso melodrammatico. Allo scenario sociale e politico inglese dell’epoca aggiunge il razzismo e i problemi mentali della protagonista, il tutto col filo rosso tracciato da un omaggio al cinema un tantino ripetitivo.
Tanta carne al fuoco in una sceneggiatura firmata per la prima volta dal solo regista britannico che magari volutamente non si mantiene sempre compatta e coesa, pur se è difficile trovare qualcosa da eccepire nell’ottima resa tecnica. Da Mendes ci si aspettava certamente qualche guizzo registico in più e un’efficacia diversa nel parlare del presente nel passato. Nomination ai prossimi Oscar per la fotografia di Roger Deakins (notevoli soprattutto le scene ambientate in una sala scenograficamente strepitosa), che risplende al pari dell’eccezionale prova di Olivia Colman.
“Empire of Light” è sbarcato nelle nostre sale a partire dal 2 marzo 2023.