Gabriele Fabbro: “Per gli organi a canne ho una vera e propria ossessione!” (Intervista)

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“Vince The Grand Bolero” – i chiamati sul palco da Roberta Scardola, conduttrice del SWFF, lo hanno gridato per ben quattro volte.

“The Grand Bolero”, thriller psicologico scritto e diretto da Gabriele Fabbro, durante la serata di premiazione della 12esima edizione sel SWFF, ha fatto incetta di premi.

“The Grand Bolero”, scritto e diretto da Gabriele Fabbro

Premio miglior regia a Gabriele Fabbro, Premio miglior attrice a Lidia Vitale, Premio miglior colonna sonora a M.L. Cernuschi, S. Goldman e  Premio miglior fotografia a Jessica La Malfa, un poker niente male che ha visto Gabriele Fabbro salire e scendere dal palco della 12esima edizione del Social World Film Festival, la mostra internazionale del cinema sociale ideata e diretta dal regista e produttore Giuseppe Alessio Nuzzo che, ogni anno, si svolge nella magnifica cornice della città di Vico Equense.

TUTTI I VINCITORI DELLA XII EDIZIONE DEL SWFF

Gabriele Fabbro: “Il Social World Film Festival è un festival unico. Il rapporto con il pubblico è fantastico!”

Dopo il grande successo riscosso a Vico Equense, abbiamo avuto il piacere di rivolgere qualche domanda a Gabriele Fabbro, regista e sceneggiatore di “The Grand Bolero”.

  • Al Social World Film Festival, il tuo primo lungometraggio ha fatto incetta di premi. Ti abbiamo visto salire e scendere dal palco visibilmente emozionato. Quali sono state le tue emozioni la sera della premiazione?

Grandissime. Sono state grandissime emozioni. Non immaginavo assolutamente tanto clamore. Il Social World Film Festival è un festival unico. Il rapporto con il pubblico è fantastico! Ero già stato a Vico Equense qualche anno fa. Avevo partecipato con un documentario.  Mi è piaciuto subito. Mi sono innamorato immediatamente delle bellezze di quei luoghi. Quest’anno poi, tra bellezze paesaggistiche e premiazioni, è stato tutto talmente magico. Il momento più bello è stato quello della proiezione. Vedere tante persone che apprezzano il tuo lavoro è stato particolarmente emozionante, oltre che appagante, ovviamente. Vederli così entuasiasti è stato davvero esaltante.

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Gabriele Fabbro
  • Da dove è nata l’ispirazione per “The Grand Bolero”?

Tutto è partito dalla mia grande passione – forse sarebbe meglio dire, dalla mia ossessione –  per gli organi a canna, uno strumento che mi ha letteralmente rapito fin da bambino. La folgorazione è avvenuta mentre guardavo un cartoon di Mickey Mouse. Al termine di quel cartoon  – non so se hai presente – si udiva una musica celebrativa che veniva suonata con un organo a canne. Non so di preciso cosa sia scattato nella mia mente. Mi sentivo attratto da quella musica. Avrò rivisto quel cartoon centinaia di volte. L’incontro poi con un vero organo a canne è avvenuto qualche tempo dopo in chiesa. Fui portato dietro allo strumento e fu in quel momento che si concretizzò il mio sogno, la mia grande passione per questo strumento. Ho voluto, quindi, portare questa mia ossessione in “The Grand Bolero” dove di ossessioni ce ne sono diverse. E’ un film che richiama ciò che in parte è avvenuto durante la pandemia, quando la gente ha iniziato ad avere paura, quando si è perso il controllo della realtà, quando ci siamo ritrovati immersi in una bolla che ha nutrito certe ossessioni latenti, quasi del tutto sconosciute.

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Set di “The Gran Bolero”
  • Perchè hai voluto che Lucia (Ludovica Mancini), la coprotagonista del tuo film, oltre che muta, fosse una ragazza straniera?

Principalmente perchè volevo che fosse quanto più possibile fastidiosa ed irritante per Roxanne. Doveva essere un elemento di forte contrasto. La sua presenza doveva essere esasperante. La difficoltà di comunicazione è stato l’elemento che ha reso tutto più facile.

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Set di The Grand Bolero

“Snobbare la musica equivale a perdere molte opportunità”

  • Tra tutti i premi che sono stati assegnati a “The Grand Bolero”, hai mostrato particolare gioia per il premio miglior colonna sonora. Torniamo al discorso della tua ossessione per l’organo a canne?

Ritengo che la musica venga snobbata troppo nelle produzioni cinematografiche. Ci sono concetti che attraverso la musica possono essere espressi in maniera molto più vigorosa. La musica non andrebbe affatto snobbata. Farlo equivale a perdere molte opportunità. L’assegnazione del premio per la miglior colonna sonora è stato particolarmente importante per me che in “The Grand Bolero” ho puntato quasi tutto sulla musica.

  • Premio miglior attrice a Lidia Vitale. Come è avvenuto il vostro incontro?

Ho visto Lidia per la prima volta in “Tulipani”. Restai molto colpito da lei, dal suo modo di recitare. Poi, mentre completavo la sceneggiatura di “The Grand Bolero”, l’ho rivista in un’immagine – non ricordo ora quale. Ad ogni modo quando l’ho rivista, ho pensato: “E’ lei! E’ lei Roxanne!, E’ perfetta!” e così l’ho contattata.

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Lidia Vitale

“Ritengo che si possa fare un grande spettacolo anche partendo da piccole storie”

  • “The Gran Bolero” racconta diversi aspetti dell’animo umano. Ogni spettatore potrebbe ritrovare una parte di se stesso o comunque potrebbe ricavarne un messaggio che meglio si adatta alla propria indole. Qual è invece il tuo pensiero, il messaggio, quello principale che hai voluto lanciare con questo tuo primo lungometraggio?

Ho voluto raccontare principalmente le ossessioni che con la pandemia sono state amplificate e in taluni casi rivelate. Ho voluto farlo attraverso la musica e ho voluto farlo attraverso una storia semplice, ordinaria, realistica perchè ritengo che si possa fare un grande spettacolo anche partendo da piccole storie. 

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  • Prima di salutarci, a cosa stai lavorando ora? Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto scrivendo un’altra sceneggiatura. É qualcosa di completamente diverso rispetto a quello che ho fatto finora. Non posso però aggiungere altro al momento. Sto lavorando anche ad un corto, a degli spot e chiaramente c’è da fare tutto il lavoro di promozione per “The Grand Bolero” che ti anticipo, dal 22 Ottobre, sarà disponibile anche su Amazon.

 

 

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