La mia banda suona il pop, trama e recensione

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Gag da cinepanettone, qualche battuta che scade nel triviale e un ottimo cast di attori principali non valorizzato dalla sceneggiatura: l’ultima fatica di Fausto Brizzi lascia più di una perplessità.

La mia banda suona il pop

La mia banda suona il pop – Trama

I “Popcorn” sono una band musicale che ha sfornato alcune hit nel corso degli anni ’80, tutte ritmi pop e testi melensi. Quando da San Pietroburgo arriva da Olga (Natasha Stefanenko), addetta alla sicurezza del magnate Ivanov (Rinat Khismatouline), la richiesta di reunion per un singolo concerto indirizzata al manager Franco Masiero (Diego Abatantuono) che incassa anche centomila euro di anticipo, non resta che rimettere insieme i quattro componenti ormai in rovina. Tony (Christian De Sica) canta alle cerimonie per ripagare i suoi debiti e viene squalificato dal reality “L’isola delle meteore” per via di una bestemmia in diretta televisiva prima ancora di iniziare il programma. Micky (Angela Finocchiaro) conduce un programma di cucina ma è sempre alterata dall’alcol. Lucky (Massimo Ghini) lavora in un negozio di ferramenta di proprietà della moglie, mentre Jerry (Paolo Rossi) prova a raccogliere qualche spicciolo esibendosi in strada. Una volta sul suolo russo si scoprirà cosa c’è in realtà dietro al concerto evento e la band sarà portata a trasformarsi da musicale a criminale.

Recensione

Il plot e gli attori principali potevano rappresentare una buona premessa per un film brillante, comico pur se leggero. La nostalgia per un decennio magico poteva toccare le corde giuste di una grossa fetta di pubblico e al tempo stesso si poteva raccontare il sistema dello spettacolo che per certi versi oggi funziona ancora come allora. Tra l’altro le reunion sono all’ordine del giorno, vedi Al Bano e Romina Power, i Pooh e i Ricchi e Poveri. Ma quest’ultimo romanissimo lavoro di Fausto Brizzi stenta visibilmente a strappare risate e quando ci prova scade nella trivialità in più di un’occasione.

La sceneggiatura scritta dal regista capitolino con Marco Martani, Edoardo Falcone e Alessandro Bardani non valorizza i pur validi protagonisti, ingabbiando principalmente Paolo Rossi in un personaggetto vuoto e imbarazzante. Anche il montaggio di Luciana Pandolfelli rivela in diversi frangenti una produzione approssimativa e rabberciata. È presente inoltre un product placement troppo plateale e pretestuoso a certi livelli, relativo ad una marca di caffè italiana. Per il resto si cerca di miscelare commedia, gag da cinepanettone, azione e thriller con risultati piuttosto modesti e con una tensione che di certo non riesce ad incollare lo spettatore alla poltrona. Funzionano soltanto i richiami agli anni ’80 come il walkman e la DeLorean della trilogia “Ritorno al futuro” (citata tra l’altro nella celebre battuta “Dove andiamo noi non ci servono strade!”) e le canzoni composte da Bruno Zambrini, impregnate dalle melodie e dalle tipologie di testi che andavano per la maggiore in quell’epoca. Lo spettatore esce dalla sala sconcertato oppure canticchiando il vuoto tormentone “Turu-turu” che rende celebri i Popcorn. In entrambi i casi nulla di buono.

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