“La vita davanti a sé”, trama e recensione

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La vita davanti a sé – Nel cuore di Bari vecchia Momò (Ibrahima Gueye), immigrato senegalese di soli 12 anni rimasto orfano, vive con il dottor Cohen (Renato Carpentieri), il quale lo affiderà a Madame Rosà (Sophia Loren), la stessa donna che il ragazzino ha appena derubato di due candelabri d’argento che le servivano a pagare l’affitto di casa. Rosà è un’ex prostituta ebrea reduce dai campi di concentramento di Auschwitz, che bada anche ad altri bambini figli di chi fa il suo stesso vecchio mestiere. Momò è scontroso, vive nel suo mondo di diffidenza ma tra i due cresceranno sotterranee una fiducia e un’amicizia speciali.

La vita davanti a sé, recensione

Ispirato dal romanzo omonimo del 1975 di Émile Ajar, pseudonimo di Romain Gary, “La vita davanti a sé” è sceneggiato da Ugo Chiti ed Edoardo Ponti, figlio della protagonista e regista di questo film in lizza per i premi Oscar.  Al di là del buon auspicio che può portare la precedente trasposizione di Moshé Mizrahi premiata come miglior film straniero nel 1978, va fatto sicuramente uno sforzo per scindere il valore dell’opera dalla presenza della Loren, che mancava in un lungometraggio da Nine di Rob Marshall (2009).  Fa un certo effetto il dettaglio sulle sue mani nodose, l’effetto del tempo che è passato anche per chi ne ha nascosto sempre con disinvoltura i segni. Il meglio in questo film la Loren lo da nelle espressioni assenti in cui cade la sua Rosà quando tornano a farle visita i fantasmi dell’Olocausto.

Cast notevole

La vicenda viene trasferita dalla Parigi del romanzo ad una Bari immersa in colori caldi che ci mostrano una  città mediterranea, multietnica, molto africana in alcune inquadrature. Bisogna riconoscere a Ponti il merito di aver selezionato un cast notevole. Mirabile la prova centellinata di Renato Carpentieri, come sempre magnetico Massimiliano Rossi nell’ennesimo ruolo da cattivo con pochi scrupoli. Piacevole conferma quella della trans Abril Zamora (volto noto della serie “Vis a vis”, che abbiamo recensito qui) e gran bella scoperta quella di Ibrahima Gueye, per la prima volta sullo schermo nel ruolo di Momò. Il giovane attore riesce a rendere una buona quantità di sfumature in maniera autentica e senza nessun timore reverenziale.

Il rapporto conflittuale tra Rosà e Momò innesca dinamiche trattate in maniera interessante, in una sceneggiatura senza guizzi sconvolgenti che evita morali, restando sulla superficie dei temi proposti. Ponti si mette a servizio della storia e della Loren evitando ogni forma di virtuosismo. Variopinta la colonna sonora, che passa dalla cover dei Maneskin di “Vengo dalla luna” di Caparezza a “Milionario” di Guè Pequeno, per poi chiudere il film con il testo suggestivo di “Io sì”, cantata da Laura Pausini.

“La vita davanti a sé”, che doveva uscire nelle sale in una tre giorni di proiezioni, è disponibile in streaming su Netflix dal 13 novembre 2020.

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