“Ma Rainey’s Black Bottom”, trama e recensione

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“Ma Rainey’s Black Bottom” – Chicago, 1927. La cantante blues Ma Gertrude Rainey  (Viola Davis) in una pausa della sua tournée arriva in città per incidere un disco. Intanto la band che la accompagnerà si lascia andare a racconti, litigi e dissertazioni su filosofie di vita varie. Il giovane e deciso trombettista Levee (Chadwick Boseman) vorrebbe suonare il suo arrangiamento di “Ma Rainey’s Black Bottom” e convincere il produttore Sturdyvant (Jonny Coyne) a incidere le sue canzoni come promesso. Ma, come vedremo, è sempre e solo la madre del blues Ma Rainey a decidere tutto.

“Ma Rainey’s Black Bottom”, recensione

Questo adattamento prodotto da Denzel Washington dell’opera del 1984 di August Wilson, due volte premio Pulitzer, da luogo ad un film atipico, di impianto teatrale, statico, verboso, pieno di racconti narrati sempre negli stessi spazi. Eppure è capace di dispiegare una certa potenza simbolica, come quando Levee cerca di sfondare una porta per poi scoprire che essa dà su un angusto spazio murato. Ogni dialogo/monologo è infarcito di rimandi culturali sulla condizione dei neri.

Il regista George C. Wolfe traspone il racconto in un giorno afoso d’estate dominato da un cielo bianco, sotto il quale si perpetra un’ingiustizia sociale tristemente attuale e inscritta da sempre nelle note del blues. Quel blues che, come la musica in generale, è capace di riempire i vuoti, abbellire il mondo e farci capire meglio la vita.

Boseman sembra alla distanza il vero protagonista e alla sua memoria è dedicato questo suo ultimo film. Il suo Levee è un impulsivo, vuole tutto e subito. La sua interpretazione è di una versatilità e di un’intensità da ricordare; riesce a divertire, affascinare e commuovere. Allo stesso tempo la trasformazione fisica di Viola Davis è altrettanto impressionante, così come la capacità di caricare su di sé le ferite di una donna solo apparentemente granitica in un’interpretazione fatta di tanti piccoli dettagli notevoli. Che ci regala una riuscita fotografia di fine carriera di Ma Rainey, capace di farsi rispettare e dettare regole ai bianchi che “non capiscono il blues”. Nonostante sappia benissimo che verrà sfruttata fino al momento giusto e poi accantonata. Concetto ben simbolizzato dai race record, dischi incisi da afroamericani che arricchivano i bianchi tra gli anni ’20 e ’40.

Ricostruzione storica mirabile immersa in colori giallo-seppia, curatissima nei particolari e deliziosa nei dettagli delle attrezzature necessarie per l’incisione. Non azione, non puro intrattenimento ma parole e metafore densissime che non possono lasciare indifferente chi si accosta con la giusta predisposizione alla visione.”Ma Rainey’s Black Bottom”, trama e recensione

Ma Rainey’s Black Bottom è disponibile in streaming su Netflix dal 18 dicembre 2020.

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