Michele Rosiello: “Sogno di girare un film a Procida” – Intervista


Nel cast della fiction Rai “Mina Settembre” in onda la domenica sera su Rai 1  c’è anche Michele Rosiello nel ruolo di Giordano, barman assunto dal fratello di Titty (Valentina D’Agostino). Il carattere di Giordano viene fuori pian piano. All’inizio Giordano è discreto, si limita a fare a bene il suo lavoro, osserva e tace. Poi, man mano si lascia coinvolgere dal carattere esuberante, ma al tempo stesso dolce e delicato della proprietaria del locale verso la quale Giordano si mostrerà gentile e premuroso.

Abbiamo avuto occasione di perderci in una piacevole chiacchierata con Michele Rosiello. Nonostante bravura e successo, Michele è il vicino di casa che tutti vorrebbero avere. Nessun vanto. Garbato, disponibile, amabile.

– Grazie Michele per la tua disponibilità. Ti va di partire proprio dall’inizio? A che età hai cominciato ad accarezzare l’idea di fare l’attore?

Beh! Ho sempre avuto una passione per la cinepresa. Da ragazzo avevo la mia telecamerina e riprendevo cose che mi piacevano e mi incuriosivano. Poi, col tempo ho iniziato a montare dei video con le immagini delle vacanze, dei luoghi che avevo visitato. Così pian piano, sviluppando alcune idee semplici ho iniziato a realizzare dei cortometraggi coinvolgendo anche i miei amici che non sempre erano lieti di partecipare alle mie iniziative (ride).

Avevo circa 20 anni. Mi ero appena laureato alla triennale di Ingegneria Gestionale presso la Federico II di Napoli e avevo da poco iniziato la Magistrale quando decisi di iniziare a  frequentare una scuola di cinema a Napoli, la PiGrecoEmme. Subito dopo venni a conoscenza della nascita della Scuola d’Arte Cinematografica Gianmaria Volontè a Roma.

Partecipai alle selezioni con pochissime speranze. Al corso di recitazione c’erano circa 600/700 aspiranti che partecipavano alle selezioni. Non avrei scommesso una lira e invece, dopo tre fasi di selezioni, fui scelto. Al biennio del corso di recitazione arrivammo in 12, 6 uomini e 6 donne. Sono stati due anni fantastici. La Scuola Gianmaria Volontè offre un’ottima preparazione. Noi frequentavamo il corso di recitazione, ma la scuola offre formazione anche per tutti gli altri settori del cinema: dalla regia al montaggio, dai costumi alla scenografia, dalla produzione al suono e così via. Nella scuola c’era un clima familiare, nonostante l’impegno professionale profuso per la formazione di nuovi professionisti del cinema.

Nel frattempo completai anche la Magistrale e quello fu il momento di scegliere: ingegnere da un lato, attore dall’altro. Seguii il cuore e mi affidai ad un’agenzia. Iniziarono così i provini e i primi lavori.

– Come te la sei cavata all’inizio? Quante e quali difficoltà hai incontrato?

La scuola Volontè ci aveva preparato anche a questo. Sapevo che non sarebbe stato facile. Ho avuto la fortuna di trovare presto un agente valido con il quale ho instaurato anche un rapporto personale sincero. I primi provini servono a superare le ansie, a sciogliere le tensioni, una sorta di allenamento perchè i provini poi si fanno per tutta la vita.

Ho debuttato in un film di Ettore Scola, “Che strano chiamarsi Federico” sulla figura di Federico Fellini. Sono stato scelto per il ruolo di Agenore Improcci, lo sceneggiatore della famosa coppia Age & Scarpelli. Age era esteticamente l’esatto opposto di me. Durante i provini qualcuno ha avuto la lungimiranza di vedermi in tutt’altro modo, di vedere in me la possibilità di interpretare Age. Lavorare diretti da Scola è stata un’esperienza unica! Dopo poi è arrivata l’esperienza con Gomorra.

– C’è stato un’occasione in cui hai fatto una gaffe, un errore dovuto all’inesperienza che oggi, magari, a ripensarci ti fa sorridere?

Una gaffe, purtroppo o per fortuna no, o almeno non lo ricordo. Però un episodio legato all’inesperienza, quello sì. E’ stato proprio in occasione del mio debutto, nel film di Ettore Scola. Il mio personaggio fumava; io invece, no. Per inesperienza ho sottovalutato la cosa e non ho fatto un minimo di pratica con la sigaretta. Mi sono quindi ritrovato in scena a dover fumare e a dire contemporaneamente delle battute; ho avuto grandi difficoltà a rendere credibile e naturale il gesto di fumare.

Successivamente, quando mi sono ritrovato ad interpretare Alessandro Ferras, il commissario de L’Isola di Pietro ho fatto un lavoro molto più accurato. Io e Chiara Baschetti (Elena nella fiction) abbiamo seguito per alcuni giorni una squadra mobile della Polizia di Stato per rubare la loro gestualità, il loro approccio al loro lavoro.

Pensandoci bene, proprio durante le riprese de L’Isola di Pietro si è verificato un episodio divertente, tra l’altro trasmesso anche a Striscia la notizia. C’era una scena in cui dovevo andare in una tonnara per interrogare con tono minaccioso un indagato. Lui era lì che cuciva delle reti destinate alla pesca dei tonni. Io, vestito di grande autorità, dopo il mio brusco avvertimento all’indagato faccio per andare via, ma inciampo rovinosamente nelle reti e ovviamente cado. Provo anche a rialzarmi, ma resto impigliato nelle rete proprio come un tonno tra un mare di risate. Ovviamente, fummo costretti a ripetere la scena.

– Quale è stata l’esperienza per la quale hai pensato “Ce l’ho fatta!”

“Ce l’ho fatta!” è una di quelle cose che non ho mai pensato e credo che mai lo penserò anche perchè il nostro è un lavoro dove non si finisce mai di imparare, mai di crescere e soprattutto è un lavoro che potrebbe finire anche domani. Lavori ad un ruolo, ad un progetto e non hai mai la certezza che il tuo lavoro avrà una continuità. L’importante, quindi, è fare al meglio tutto quello che viene, dai provini ai ruoli assegnati e guardare sempre avanti.

Ci sono stati però dei piccoli “Ce l’ho fatta!”. “Ce l’ho fatta!” ad essere ammesso ad una scuola di recitazione importante, “Ce l’ho fatta!”a portarla a termine, “Ce l’ho fatta!” ad ottenere un ruolo di cui sono stato contento, “Ce l’ho fatta!” a metterlo in scena come avrei voluto, “Ce l’ho fatta!” ad avere dei feedback positivi dalle persone alla quali voglio bene. Ci sono stati tanti piccoli “Ce l’ho fatta!”, ma quello grande, non credo lo penserò mai!”

(Ph Alessandro Peruggi)

– Quale esperienza ti ha dato maggior soddisfazione?

Sono grato a tutte le esperienze di lavoro perchè ognuna di esse mi ha regalato qualcosa che ora è parte di me. In termini di soddisfazione l’esordio con Ettore Scola è qualcosa che non avrei mai immaginato. E’ stato un onore e un piacere lavorare con uno dei maestri del cinema in generale e del cinema italiano. Continuo a riguardare i suoi film. Di recente ho rivisto “Che ora è” e “Splendor”, entrambi con Mastroianni e Troisi. Film come quelli non se ne vedono più; erano film che avevano qualcosa di profondo da raccontare. Tra l’altro “Splendor” è ancora così attuale. Racconta della crisi del mondo del cinema.

Oltre all’esordio, anche il ruolo di Alessandro Ferras ne L’Isola di Pietro è stato estremamente gratificante perchè quello è stato il mio primo ruolo da protagonista. Ho lavorato a 360 gradi su quel personaggio sia per quanto riguarda la sfera pubblica – il suo ruolo come Commissario – sia per quanto riguarda il suo percorso emotivo – il suo amore per Elena e Caterina. Inoltre, essendo Alessandro Ferras, un personaggio buono, positivo, un uomo di giustizia, interpretarlo mi ha permesso di entrare in grande empatia con il pubblico dal quale ho avuto un forte riscontro. Dopo due anni di lavoro a 360 gradi ero particolarmente affezionato al mio personaggio e lasciarlo è stato un po’ come dire addio ad un buon amico.

– Mina Settembre sta ottenendo un grande successo. Il cast è eccezionale, le storie di de Giovanni sono una garanzia e Napoli è strepitosa. Come è stato lavorare in questa produzione?

Sono stato molto felice fin dall’inizio di far parte del cast di Mina Settembre, innanzitutto perchè si girava a Napoli e non lavoravo nella mia città dai tempi della seconda stagione di Gomorra. Mentre ero a Napoli per le riprese, capitava di incontrare amici e conoscenti perchè il mio personaggio girava per lo più all’interno del locale di Titty che è a San Pasquale, in zona Chiaia, e quelle sono zone che da ragazzo frequentavo spesso.

In Mina Settembre c’erano tutti gli elementi: la storia, il cast, la città di Napoli,  per immaginare che la fiction avrebbe avuto successo, ma il successo probabilmente è andato ben oltre le nostre aspettative.  Anche interpretare Giordano mi ha reso particolarmente felice.

– Il carattere di Giordano viene fuori pian piano. In cosa vi somigliate?  C’è qualcosa che vi accomuna?

Come Giordano ho un carattere che viene fuori pian piano; non che io abbia una scorza burbera, ma inizio ad aprirmi dopo un po’ con le persone, non subito. La cosa che abbiamo in comune è il senso di protezione che Giordano mostra nei confronti di Titty ed io naturalmente verso le persone alle quali voglio bene. Inoltre ci accomunano la pazienza e la perseveranza, caratteristiche a me molto familiari.

– E con Alessandro de l’Isola di Pietro?

Con Alessandro Ferras ho in comune il forte senso di responsabilità. Lui, in quanto Commissario e quindi punto di riferimento per i suoi concittadini aveva un grandissima responsabilità; parimenti avvertiva questo senso di responsabilità nell’ambito della sfera affettiva, nei confronti dei suo grandi amori Elena e Caterina. In questo modo di essere e di comportarsi mi ci ritrovo molto e ammetto che a volte sono anche troppo responsabile. Come lui, inoltre, credo nella forza del grande amore.

“La stanza, The room”, l’ultimo lavoro di Giuseppe Alessio Nuzzo, un importante progetto in cui sei protagonista. Di cosa si tratta?

Giuseppe Alessio Nuzzo mi ha coinvolto nel progetto de “La stanza – The room“. Ho partecipato con piacere a questo progetto perchè da diversi anni seguo, anche da vicino, alcune associazioni che si occupano di bullismo e di cyberbullismo, una piaga che rovina tanti ragazzi.

La cosa particolare di questo progetto, oltre all’importante messaggio che intende lanciare, è la tecnica di ripresa. Il corto è stato girato in due versioni. In maniera classica e in realtà virtuale. La seconda modalità consente allo spettatore di poter vivere l’esperienza di Andrea che è nella sua stanza. Lo spettatore vive il dramma di Andrea perchè è come se fosse egli stesso chiuso in quella stanza o in classe, nella scuola di Andrea. Una tecnologia perfetta per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla piaga del bullismo e del cyberbullismo.

Oltre al cinema, hai altre passioni?

Oltre al cinema non ho altre grandi passioni, o almeno non le ho ancora scoperte. Sicuramento amo leggere e scrivere. Butto giù appunti, idee, ma sia alla lettura che alla scrittura mi piacerebbe dedicare più tempo. Strimpello la chitarra, ma non la suono come vorrei. Mi diverto a giocare a calcio e a praticare windsurf, ma anche per questi svaghi il tempo a disposizione è piuttosto limitato.

– Qual è il sogno di Michele Rosiello? Cosa gli piacerebbe fare da grande? Un ruolo particolare, uno spettacolo…

Sogno di costruirmi una famiglia e di stare bene. Sono contento di quello che ho. Artisticamente, al di là di una crescita professionale come attore, un sogno che resta è quello della regia. Spero che un giorno si possa concretizzare. Mi piacerebbe dirigere un film ambientato a Procida, un’isola che amo moltissimo, con la quale ho un legame particolare. Ci vado da 30 anni, in estate, con i miei genitori. Per le strade di Procida ho girato tante cose a livello amatoriale da ragazzo. Mi piacerebbe fare qualcosa di professionale come una sorta di cerchio che si chiude anche per il piacere di mostrare le bellezze di quest’isola che non a caso è stata eletta Capitale della Cultura Italiana 2022.

– Progetti per il futuro? Hai già qualcosa che bolle in pentola? Una nuova fiction? Un nuovo film?

In primavera dovrebbe andare in onda la seconda stagione de La Compagnia del Cigno che abbiamo girato in contemporanea con Mina Settembre. A causa dell’emergenza sanitaria le riprese sono state frammentate in diversi periodi. Abbiamo iniziato a girare a Febbraio 2020; poi ci siamo dovuti fermare e abbiamo ripreso in estate fino ad ottobre. Ho appena iniziato le riprese per una serie TV Netflix, prodotta da IIF (Italian International Film) dal titolo “Guida astrologica per cuori infranti”. Sono protagonista di serie con Claudia Gusmano e Lorenzo Adorni.

– Delle sorti del cinema, del teatro, della musica, cosa pensi?

Il 2020 è stato un anno difficile e ancora non si vede l’orizzonte. Le produzioni cinematografiche televisive hanno trovato uno spazio per poter lavorare. Restano però i cinema e i teatri. Il mio pensiero va proprio ai miei colleghi che vivono essenzialmente di teatro. Bisognerebbe reinventarsi anche in quel settore, ma molti dicono che le alternative  “non sono teatro” e su questo non posso che essere d’accordo. Tuttavia, se non ci si reinventa, si rischia di esser costretti a dedicarsi ad altro e ciò sarebbe molto triste.

(Foto in copertina di Alessandro Peruggi)

 

 

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