Non tutti conoscono la storia vera della Mascotte del Napoli, il Ciuccio. Perché scegliere un animale percepito come testardo, umile, simbolo di fatica, più che di forza e bellezza?
Nel 1926 il Napoli si affannava a risalire dalle prime categorie verso i campionati più importanti. Il simbolo della squadra era un cavallo rampante, tipo quello della Ferrari.
La squadra però andava male, perdeva tutte le partite.
Un vecchio venditore di frutta all’epoca girava tra i quartieri popolari della città con un carretto, vendendo fichi. L’asino del carretto era vecchio, spesso si fermava rifiutandosi di andare avanti, anzi buttandosi a terra. Era conosciuto come il Ciuccio di Fighella (il soprannome del vecchio ambulante).
‘Si comm o Ciucc e Fechell, cient chianch ea cod fracida’ (Sei come il Ciuccio di Fichella, cento piaghe e la coda fracida) divenne un insulto o un detto popolare. Il popolo cominciò ad associare il Ciuccio con l’andamento scarso della squadra. Un giornalista ascoltò queste dicerie e le riportò sulla stampa.
Fu così che il Ciuccio di Fichella passo da umile asino stanco a simbolo imperituro e fiero di questa città, che tanti di noi amano per essere al di fuori degli schemi e delle convenzioni.
A raccontarci questa Storia è Vincenzo, artigiano del Rione Sanità che da alcuni anni crea sculture e statuette. Pulcinella, Babbo Natale Rosa ed inclusivo, il Bambinello, corni con la testa di Osimhen, il Ciuccio con lo scudetto, escono plasmati dalle sue mani e dalla sua fantasia.
Non sono in ceramica, ma fatti di sapone Palmolive, che viene prima grattugiato, poi mischiato con colla vinicola, modellato e finalmente verniciato. Sono materiali umili ed insoliti quanto la Storia del Ciuccio. Però ci fanno sognare perché insoliti e sorprendenti. Come Napoli.
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