SASA’ MENDOZA si racconta: devo tutto ad un organetto

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In occasione del suo concerto di domani 9 settembre nello storico sito della Certosa di Padula, abbiamo intervistato il poliedrico musicista Sasà Mendoza.

Ci sono interviste che ti catapultano in universo parallelo, quella della passione, dello sprono, del guizzo musicale svelato fin dalla tenera età; l’occasione è data dalle parole semplici e sincere – non è uno slogan – del poliedrico artista, polistrumentista-compositore-arrangiatore: Sasà Mendoza.
Tante le collaborazioni nella sua lunga carriera di artista, altrettanti i ricordi e amicizie indelebili che si sono instaurate lungo questo percorso; da quando un organetto divenne gioia di giorno e palpitante attesa di notte. Quella che vi racconteremo a seguire è la realtà artistica e di vita, quasi fiabesca, di Sasà Mendoza.

Lei è un artista poliedrico, molte delle sue performances nascono da sue composizioni. A che età si è accostato alla musica?

Da bambino mi fu regalato alla Befana un organetto con i tasti colorati, lo ricordo ancora! Non me ne separavo mai, mi incollavo a questo strumento -giocattolo dalla mattina alla sera, in modo quasi “autistico”. Non riuscivo più a staccarmi, per me non esisteva il gioco, tutto era tempo sprecato tranne suonare quell’ organetto.
Non dormivo più la notte dalla gioia di poter comporre delle melodie, era il mio unico pensiero, aspettavo che si facesse giorno per poterlo riaccendere e suonare tutta l’intera giornata (sorride). Un po’ patologico lo so.  

inizi musicali di Sasà Mendoza
inizi musicali di Sasà Mendoza

 

Quando ha deciso, o, quando ha realizzato che la musica era la sua strada?

Come ti dicevo prima, dal modo in cui non riuscivo a staccarmi da quello strumento che era solo un giocattolo – ma per me era tutto – da lì cominciai a capire che ero stato catturato da una forte passione che mi avrebbe accompagnato per tutta la mia vita. Era la musica che aveva scelto me.
Poi a soli 14 anni, già suonavo con  musicisti molto più grandi di me nei famosi complessi, pazzesco! Suonavo nei locali, nei club, ai matrimoni e mi pagavano pure. Non potevo crederci.

Appena compii i 18 anni,

il mio primo tour per la Sardegna, in Costa Smeralda che esperienza favolosa; lì presi coscienza che la musica mi avrebbe accompagnato tutta la vita. Era un mezzo per viaggiare, conoscere altre realtà, altri musicisti. Venivo da una famiglia povera di una realtà periferica povera, un rione dormitorio dove i ragazzi della mia età si drogavano, e anche per me forse non ci sarebbero state alternative che quella. Invece, la musica mi ha salvato la vita, mi ha proiettato verso nuovi orizzonti ; quando l’avrei mai vista la Costa Smeralda in Sardegna? Mai!  Il mio senso di gratitudine è sempre stato molto forte nei confronti della musica perché già da piccolo è stata la mia medicina, mi ha salvato. Per questa ragione sono sempre stato attento a progetti culturali nel sociale.

Di lei si sa che è uno sperimentatore e ama contaminare, fondere la sua musica madre, quella napoletana con quella araba, latina e brasiliana: qual è la sua chiave per mettere in connessione questi mondi musicali?

Non c’è niente più della musica, che ti dà la possibilità di entrare in empatia con l’altro.
La musica ha un forte potere quello di “unire”, soprattutto oggi che viviamo in un mondo di continua separazione. Assistiamo in questo periodo a scene strazianti quando vediamo persone che muoiono in mare, bambini e donne violentate, ognuno cerchi di fare qualcosa per evitare tutto questo!
La musica, la grande Maestra ci insegna che noi possiamo stare insieme (tranne gli estremismi), al di là del colore della pelle e della razza a cui apparteniamo, non c’è separazione, siamo un tutt’uno.
Ho fatto delle bellissime esperienze suonando con musicisti di ogni nazionalità e genere, americani, russi, africani, arabi, argentini, spagnoli, brasiliani, indiani, sioux e, l’ultima esperienza con musicisti cubani. Ogni volta il risultato è sempre stato la sensazione di un tutt’uno, senza nessuna separazione di genere. Grande armonia e grande gioia perché ognuno è grande proprio nella sua diversità e nella sua peculiarità.

Sasà Mendoza al piano in aeroporto, durante il viaggio verso Cuba
Sasà Mendoza al piano in aeroporto, durante il viaggio verso Cuba

Recente è la sua esperienza musicale a Cuba, è stato ospito alla Casa della Musica dell’Havana, un tempio sacro: ci racconta come è arrivato lì e che sensazioni le ha lasciato quest’esperienza?

Quando ho messo piede all’ Havana ho avuto la sensazione di scendere da una macchina del tempo e ritornare ai nostri anni 50/60. Un mondo a parte, uno scenario che mai ti saresti aspettato, si vive per le strade piene di colori, con macchine colorate che sfrecciano incuranti dei passanti, con nuvole di fumo nero che le inseguono. Non hanno niente gli hanno tolto tutto, ma i loro volti sono sempre allegri, cantano e ballano sempre. Alla Casa della cultura ho avuto un incontro con musicisti cubani e li ho conosciuto un grande della salsa cubana Manolito Simonet. All’ Habana Libre, in una favolosa terrazza al 25° piano in un albergo di 35 piani dove si suona sempre, sono stato ospite della cantante Monica Mesa, la Regina de Cuba e con la sua orchestra abbiamo suonato la musica di Renato Carosone.

E aggiunge:

Lì si suona sempre, ogni giorno, per le strade, nei bar, locali, dappertutto. Quando passeggiavo per l’Havana vecchia, e ogni volta che incontravo gruppi che suonavano, mi presentavo e dopo un po’ suonavo con l’oro.
Ho concluso questo piccolo tour in un altro luogo sacro della musica dell’Havana, il Gran teatro “Alicia Alonso”.

La sensazione era quella di non voler tornare più perché a Cuba la musica la vivi ogni momento. Ogni giorno si suona dappertutto, e non come qui a Napoli dove ormai, la musica è morta e, l’unica cosa di cui si preoccupano i gestori dei locali è che devi portare gente. Questa cosa l’ho raccontata ai musicisti cubani e per loro era inconcepibile!!

Sasà Mendoza con Monica Mesa
Sasà Mendoza con Monica Mesa

Nel corso della sua carriera ha collaborato con artisti di rilievo del panorama musicale nazionale e internazionale: un ricordo che li lega ad ognuno di loro?

L’esperienza decennale con Enzo Gragnaniello è stata per me una palestra, grazie a lui ho avuto la possibilità di incontrare i più grandi. Ho suonato con James Senese e Napoli Centrale, con Tony Esposito, Tony Cercola, Antonio Onorato, Marco e Rino Zurzolo, quest’ultimo grandissimo musicista che da poco ci ha lasciati, si distingueva per la sua sobrietà, eleganza e gentilezza.

Ma forse  l’emozione più grande, 

 quando per la prima volta, andai con Enzo Gragnaniello a casa del Maestro Roberto de Simone che in questi giorni ha compiuto 84 anni; per me il più grande, compositore, musicologo e  genio musicale dei nostri tempi. Collaborai con lui per realizzare gli arrangiamenti di alcuni brani per il concerto in occasione del bicentenario di Eleonora Pimentel Fonseca, al Teatro S. Carlo di Napoli; quell’occasione per noi fu il battesimo.

Ma anche:

quando conobbi Renato Carosone a Sanremo sul palco del Premio Tenco, o quando mi trovai fianco a fianco col Premio Nobel, Dario Fò al teatro Augusteo di Napoli, a cui seguirono una serie di concerti anche a Milano.

Un’ esperienza di cui ho un ricordo forte

è stata con Enzo De Caro, facemmo una serie di concerti parte di progetto musicale dal titolo Poeta Massimo, consisteva nella trasformazione in canzoni di alcuni testi di Massimo Troisi. Un’ occasione per conoscere ancor più profondamente e più da vicino, il mio grande mito e compaesano, al quale, anche io, ho dedicato una canzone dal titolo Bella la mia città: il grande Massimo Troisi.

Sasà Mendoza con la fisarmonica
Sasà Mendoza con la fisarmonica

A quale delle sue creature – composizioni si sente più legato, quale la rispecchia di più?

Alla prima composizione che ho scritto, è stata “Alba Mediterranea” che porta il titolo del mio primo cd, parliamo del 1994 quando si registrava negli studi di registrazione con il nastro per –cui- se – sbagliavi, dovevi risuonare un’altra volta da capo, non come oggi, dove i potenti mezzi del digitale aggiustano con un copia e incolla!  E  devi sforzarti  per distinguere chi è bravo da chi fa trucchi di ogni genere.

Quello che mi rispecchia,

è un cd che narra di leggende del Mediterraneo raccontate in chiave jazzistica, il mito di “Phartenope” delle Sirene, una vera e propria magia che ha suggellato in una maniera quasi maniacale il rapporto con il mare. Infatti, parte della mia produzione musicale è legata al mare:
“Guardando il mare”, “Mare dentro”, “Leucosia” e, prossimamente “ n’funn o mare”. Insomma per scaramanzia. apro sempre i concerti con Alba Mediterranea e mi ha sempre portato fortuna.

Sappiamo che ci sono tanti progetti nel suo molteplice universo musicale: quale sarà il prossimo? Jazz Brasilian Project?

Il prossimo jazz-brasile-project sarà nel magico scenario della Certosa di Padula il 9 settembre; un evento organizzato dal Centro musica store di Padula, il concerto è di sera alle 21 e la master class di pomeriggio alle 16,30.

Il mio concerto sarà l’evento conclusivo di una serie di eventi e Master Class

a cui hanno partecipato musicisti professionisti che da anni suonano nell’ Orchestra del Festival di Sanremo. Suoneranno con me in questo live concert Mendoza 4et i miei fedelissimi: Dario Spinelli a basso e Domenico De Marco, oltre ad essere grandi musicisti sono i miei compagni di viaggio, praticamente me li sono cresciuti, ed avremo l’onore di avere un grande percussionista Peppe Sannino, percussionista della Mitica Orchestra Italiana di Renzo Arbore e musicista dello storico gruppo dei Popularia.

masterclass

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