Le Ombre ritornano sul palco con We We Shikkeria

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Si dice “We We Shikkeria”, si parla di teatro. É la volta di giovani promettenti del palcoscenico a sorprendere il pubblico salernitano.

Non a caso sono i giovani talenti teatrale che ultimamente si stanno facendo largo sul territorio e tra questi emerge senza dubbio Gianni D’Amato che, dopo tre anni, con la compagnia Le Ombre, in occasione dell’anniversario della nascita, ripropone il cavallo di battaglia con il quale si è differenziato per ironia e bravura.

Ma facciamoci raccontare da lui come continua questo viaggio tra i palcoscenici della regione e anche dello stivale.

Tre anni di avventure, tre anni pieni di esperienza, tre anni pieni di teatro. Come nasce la compagnia Le Ombre?

La compagnia Le Ombre nasce, come dicevi, 3 anni fa, stiamo per festeggiare il nostro compleanno. Nasce per poter mettere in scena un teatro nuovo, frizzante, che rimarcasse lo stereotipo del ritmo quotidiano, quello scandito dai canonici 30 secondi degli spot televisivi. Un mondo che corre messo in scena. Poi con il prosieguo degli anni e con l’esperienze fatte, abbiamo provato a definire altri aspetti di quello che poteva essere un teatro innovativo. Il debutto fu affidato al mio primo testo che si prestava bene a questo genere di regia. Ovviamente c’era anche il desiderio di poter dire la mia come autore su quelli che sono gli argomenti “importanti” e che definiscono l’agenda politica del nostro Paese.

In occasione di questo anniversario riproponete lo spettacolo We We Scikkeria. Può essere considerato il vostro cavallo di battaglia? 

Sicuramente il nostro porta fortuna. Lo spettacolo è stato visto da moltissime persone, e lo abbiamo portato molto in giro. Nel tempo è cambiato, è molto migliorato e si è costruito un percorso proprio all’interno di quella che doveva essere una nostra prima sperimentazione. Viene concepito in un modo e nel tempo si è trasformato, si è evoluto in altro. Nell’ultimo periodo è stato per noi motivo di studio su una concezione moderna della “maschera”. Così partendo dalla commedia dell’arte abbiamo sperimentato nuovi orizzonti per i nostri personaggi. E’ un processo ancora lungo e ci riserviamo altro tempo per tirare le somme di questo piccolo esperimento.

 

Leggendo la trama, lo spettacolo sposa pienamente il periodo di crisi lavorativa che tanti giovani stanno vivendo in questo periodo. É una critica alla politica lavorativa? 

Non un critica, né una filippica; è semplicemente raccontare un disagio. Il disagio che molti italiani, e non solo, sono costretti a vivere. Non tratta semplicemente delle difficoltà lavorativo-economiche, quello è soltanto un pretesto, bensì la discriminazione che è possibile vivere in Italia. Discriminazione sessuale, religiosa, territoriale, l’Italia è un paese che discrimina, che non accetta chi è diverso. La riflessione che proponiamo al pubblico è sul concetto di diversità. “Diverso da chi?” Siamo tutti diversi e tutti discriminati e discriminatori. Un popolo che non ha fatto dell’unità un valore aggiunto, ma della divisione (il dibattito politico ce lo ricorda continuamente)uno stendardo. L’Italia è un Paese che abbraccia geograficamente tante culture, siamo circondati, siamo immersi nel diverso, eppure non riusciamo ad accettare il prossimo così come si presenta.

Il sud e le sue credenze. Quanto la vita di tutti i giorni influisce su questo spettacolo e su tutte le tue regie?

Vedo la regia come un occhio indagatore, che scruta i dettagli e legge tra le righe, ma è un occhio e come tale deve riportare la visione di un tutto che va al di là della vita stessa. Può poggiare le proprie scelte sui comportamenti dell’essere umano, sulle sue vicende, ma non può essere influenzata dall’uomo. Nello specifico, We we shikkeria è quasi surreale. Racconta la vita, ma vive nell’esagerare comportamenti, situazioni, e sentimenti. Il tutto per poter restituire il 80 minuti un quadro completo.

Gianni D’Amato ormai vive solo di teatro. Quanto il teatro cambia la vita? 

Il teatro cambia la vita come qualsiasi altra scelta fatta con il cuore. Certo, decidere di fare l’artista di professione è un grande azzardo con i tempi che corrono, ma resta una scelta d’amore. Il teatro ti apre nuovi mondi, ti prepara al confronto con diverse realtà. Ti insegna ad apprezzare i sentimenti. Il teatro, ma l’arte in generale ti rende Uomo.

Un consiglio a tutti coloro che, giovani come te, decidono di intraprendere una vita teatrale.

Fare un altro lavoro per me,  sarebbe stato come un matrimonio combinato. Ho scelto di amare la mia professione e, come per un qualunque matrimonio, bisogna riflettere, ponderare, starsene giorno e notte con quella persona, apprezzarne tutto finanche i respiri e soprattutto i difetti, e poi decidere di non pensare nemmeno un attimo a tutto quello su cui hai riflettuto e in un secondo dichiarare il tuo amore.

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