In scena il 20 e 23 ottobre al Teatro Cilea lo spettacolo ‘Pazzol, c’è un posto per ogni pazzo’ scritto e diretto da Gabriella Silvia Tartarone.
Dopo i precedenti spettacoli ‘Unsocial’ ed ‘Unsocial 2.0’ un ritratto della società dell’apparenza, quest’ultimo andato in scena lo scorso marzo sempre al Teatro Cilea, la Tartarone mette in scena un’altra divertente commedia ‘Pazzol, c’è un posto per ogni pazzo’ sempre con protagonisti i giovani, questa volta pazienti di patologie psichiche o con disturbi della personalità, abbandonati in una struttura che dovrebbe recuperarli.
Per gli interpreti di questa commedia si è proceduto ad un casting, partendo dal vivaio dell’Associazione ‘I DOC’ per poi visionare i giovani talenti provenienti da diverse provenienza teatrali.
Sul palco ben 18 personaggi, intrerpretati da: Marco Cacciapuoti, Roberta Amoroso, Gianmarco Barretta, Daniele Cardone, Flavio D’Alma, Davide D’Angella, Andreana Del Vecchio, Marco Antonio Fiore, Davide Notarantonio, Linda Pappadà, Eliana Saponangelo, Pierantonio Savovalente, Chiara Schiano, Chiara Sotira, Pasquale Villarosa, Letizia Vitagliano, Mario Volpe e infine la Tartarone che si ritaglia un piccolo cameo.
La Produzione è sempre firmata ‘I DOC’, mantenendo il fine di rendere accessibile il teatro a chiunque sia tentato di affacciarvisi, consentendo di acquisire i biglietti a mezzo di un contributo minimo. Una produzione autofinanziata, che riduce la scenografia in un unico ambiente, con divano e due tavoli con sedie, con supporto audiovisivo che fa da fondale scenico.
La Tartarone riesce a dare fluidità ad un movimento quasi di massa, dove nonostante il gran numero di attori in scena, non si perde il ritmo della storia, mantenendo il focus di ogni personaggio, anche in evidenti scene dove il crescendo hellzapoppin sembra far perdere il controllo della situazione che viene puntualmente ben ripresa e portata a termine.
Giovani attori professionisti hanno dimostrato la loro esperienza, con qualche eccellenza che spunta tra coloro che sono ormai parte storica dell’Associazione I DOC. In ogni caso tutti gli attori sono stati ben concentrati nei loro personaggi, esprimendosi in scioltezza e personalità
In ‘Pazzol‘ è interessante il messaggio nel testo dell’autrice per questo lavoro che è quello dell’inclusione, dove la famiglia può nascere dall’unione di estranei che non hanno più nulla al mondo.
Abbiamo chiesto a Gabriella Silvia Tartarone di parlarci della sua attenzione per tematiche che riguardo i giovani, dato che ad oggi sono pochi i lavori sui giovani.
In riferimento ad Un social, da cosa nasce questa scelta che sembra una trattazione tra il sociale dei social e uno sguardo sulle tematiche dei giovani?
Perché purtroppo io sono la prima Unsocial, nel senso che io per prima sono una disadattata socialmente avendo due telefoni, sono piena di cose. Ho studiato scienza della comunicazione, c’è stato un esame di Teoria e di tecnica che mi ha scioccato, mi ha fatto domandare perché quelli che fanno questo percorsi di studi non sentano l’esigenza di denunciare e non cercano di fare qualcosa in merito Nel mio piccolo, con questa mia arte performativca dal vivo, ho deciso di comunicare questo mondo che sembra quasi sconosciuto, visto che l’Italia è al 73°posto come informazione e libertà di stampa.
Il messaggio rivolto al potere e l’influenza dei media è evidente e quindi credi sia possibile invertire questo dato di fatto ?
No, infatti lo spettacolo si conclude con ragazzi e ragazze che si fanno i selfie. Il messaggio è semplicemente quelli di dire agli altri: Sveglia!!. La frase di Gandhi:’ Sii il cambiamento che può avvenire nel mondo’ è più uno sprono a fare qualcosa , non perché ti devi far vedere, non per cose futili, ma proprio per ‘fai qualcosa altrimenti che stai a fare qua?’
Quali sono le difficoltà che incontrano i giovani registi nel mettere in opera i proprio lavori?
Sono stata accusata di furto da un professore di una scuola che non faccio il nome, per il lavoro Unsocial. Sono cosciente del fatto che proponendo lo spettacolo nelle scuole, non tutti possono pagare un biglietto quindi a volte mi organizzo con un biglietto omaggio, perché il punto è proprio quello di portare i ragazzi a teatro. E’ difficilissimo perché lotto contro invidie continue di persone che non mi conosco e che non hanno mai visto il mio lavoro, con professionisti che non fanno il mio lavoro. La difficoltà è anche lo Stato italiano, nessuno ti pensa se non hai un nome. Io ho fatto tutto da sola insieme a questi ragazzi insieme all’associazione culturale insieme al pubblico perché noi da questa cosa abbiamo guadagnato zero, nessuno ha guadagnato un euro.
Come si può fare ad incrementare l’attenzione dei giovani verso il teatro?
Si dovrebbe essere un approccio diretto ai giovani. A volte fanno le commedie di Eduardo De Filippo, ma in un tempo dove la comunicazione è velocissima, trasmetterlo sui canali nazionali seppur con attori famosi, di certo non incontra il favore del pubblico dei giovani. Bisogna approcciare i giovani con un discorso più elementare di testi. Per questo scrivo testi dal contesto fluido, comprensibile, proprio per poter fare constatare ai giovani che il teatro non è solo di un tipo ma anche di un tipo più leggero. Io amo tutti gli stili ovviamente.
Tu ti rifai ad uno schema di teatro classico, sei meno avanguardista sia nel senso scenico che di testi.
Sì , qualche volta mi dicono che io mischio commedia dell’assurdo, surreale, napoletano. Io ho un mio stile, che include anche il Brodway, credo che mi stia andando bene proprio perché ho una mia firma. Non è mai lo stesso tripodi spettacolo, ogni volta c’è una evoluzione.
Questi giovani protagonisti sono preparati e si muovono come professionisti nel senso della scioltezza sul palco. Hanno una simbiosi con il palco da attori navigati, si muovono molto bene nell’ambito del Brodway. Pensi che ci sia una prospettiva per loro?
Alcuni vengono dall’Associazione ‘I DOC’ ed hanno frequentato i corsi da dieci anni, c’è chi ha fatto ‘Scugnizzi’ il musical originale. La risposta è NI se si fa da soli. Per questo io dico ai miei ragazzi di avere un Piano A ed un Piano B. Non dico mai di fare totalmente teatro, ma dico loro che devono studiare, perché non esiste un attore ignorante e soprattutto per un domani, perchè non si sa mai. Io cerco di incoraggiarli, hanno fatto dei provini per altri lavori, ad esempio una ragazza ha lavorato con Alessandro Siani in ‘Stelle a metà’, questo li accresce come interpreti e come persone
Fonte foto: estrelladeo2016