Gogol secondo Damiano Michieletto al Teatro Bellini dal 3 al 7 dicembre 2014
Chi conosce il regista veneziano sa che non è nuovo a certi esperimenti, a certi azzardi arditi con i classici del melodramma e non solo; ma il filone da lui individuato sembra aver convinto molti enti teatrali, negli anni, al punto di essere chiamato spesso in tournée all’ estero, a dispetto di una crisi di cui non vuol sentir parlare.
Il suo “Ispettore generale” non fa le pulci alla politica italiana, nè rispecchia la satira -contro la Russia zarista- che era nelle intenzioni dell’autore; piuttosto si fa universale, senza legami geografici nè culturali, a voler sottolineare la grettezza di una società ignorante e corrotta. L’ambientazione, in questo caso, è un sordido bar dove donnine in sottane leopardate e ubriaconi accolgono colui che ritengono essere il revisore e lo invitano a bere con loro, per ubriacarlo.
Da sottolineare che lo spunto per questa rilettura arriva al regista dal testo stesso, dalla battuta dell’ ispettore a riguardo delle banconote che gli vengono elargite per corromperlo: esse puzzano, secondo Gogol, ed è da questo che si configura -agli occhi di Michieletto- un’ umanità sporca, poco attenta all’igiene personale che, per quattro atti, si porta addosso fetore di cavolo, di tabacco, di vodka e di paura per poi esplodere nel finale in una catartica liberazione verso un altrove forse ancor più gretto e meschino della loro realtà.
A chi conosce l’autore, speriamo di aver instillato la curiosità di assistere a questa mise en scène; a chi conosce il regista, non sveleremo altro per non danneggiare la pièce.