Germano Celant al MARCA di Catanzaro per un incontro su Savelli e l’arte americana. L’appuntamento è organizzato in occasione della mostra Angelo Savelli.
Il Maestro del Bianco Catanzaro, MARCA giovedì 28 febbraio 2013 ore 18.00.
Prosegue con grande successo l’esauriente retrospettiva su Angelo Savelli. Il Maestro del Bianco, a cura di Alberto Fiz e Luigi Sansone, proposta sino al 30 marzo dal MARCA di Catanzaro che, attraverso 70 opere, consente di evidenziare il ruolo di primo piano svolto dall’artista calabrese nell’ambito dell’indagine estetica contemporanea colmando gravi lacune. Questo percorso, teso a rivalutare filologicamente l’opera di Savelli, viene testimoniato anche da Germano Celant, uno dei maggiori critici internazionali conosciuto in particolare per la sua teorizzazione dell’Arte povera, che giovedì 28 febbraio alle ore 18.00 sarà ospite del MARCA dove terrà un incontro dedicato al rapporto tra Angelo Savelli e l’arte americana.
L’appuntamento sarà introdotto da Alberto Fiz, direttore artistico dell’istituzione e da Wanda Ferro, Presidente della Provincia di Catanzaro che afferma: “La presenza di Germano Celant è l’ulteriore testimonianza di un progetto di alto valore scientifico che permette di fare piena luce su un artista che ha saputo porsi in relazione con i maggiori esponenti dell’arte italiana e americana.”
Accanto a Afro, Lucio Fontana, Salvatore Scarpitta e Piero Dorazio, Savelli ha avuto intensi rapporti con i maestri americani tra cui Barnett Newman, Ad Reinhardt e Robert Motherwell. E’ stato proprio quest’ultimo a segnalare Savelli il 7 marzo 1983 per conferirgli il prestigioso premio dell’American Academy and Institute of Arts and Letters. A ricordare quanto fosse intenso il dialogo con gli artisti americani è Piero Dorazio: “In America Savelli era accettato nel giro degli artisti astratti importanti. Era stimato da tutti: per esempio Barnett Newman lo adorava, Robert Motherwell lo stimava moltissimo, così come Ad Reinhardt.”
Sin dagli anni sessanta, Savelli insegna, insieme a Dorazio, alla Pennsylvania University di Philadelphia ed è ancora Dorazio a ricordare quell’esperienza: “Savelli, pur non essendo il direttore effettivo, era quello che dirigeva tutte le attività, era quello che aveva più influenza sui ragazzi e dava loro un autentico orientamento. I suoi consigli erano preziosissimi anche perché Savelli era un grande conoscitore della tecnica della pittura e un grande maestro del disegno.”
Savelli nel 1954 si trasferisce a New York dove l’anno successivo realizza la sua prima personale nella sede della galleria The Contemporaries. Nel 1957 partecipa a una collettiva da Leo Castelli che nel 1958 ospita una sua personale. Il grande gallerista della pop art, che porterà al successo artisti quali Andy Warhol e Roy Lichtenstein, offre un contratto a Savelli che lo rifiuta non ritenendo che la linea estetica del mercante italo-americano fosse coerente con il suo lavoro.
Le relazioni linguistiche con gli americani, che saranno approfondite dall’intervento di Celant, appaiono determinanti. E’ stato, per esempio, Newman a dare il titolo ad una delle sue installazioni più famose, Dante’s Inferno (al MARCA viene presentato un prototipo) formata da 25 elementi dove la corda tesa attorcigliata viene collocata all’interno di strette e lunghe colonne di alluminio dipinte di bianco di varie altezze: Newman, in visita, insieme alla moglie, nello studio di Savelli a New York ha immediatamente messo in relazione il grande lavoro plastico con il poema dantesco. Sono molti i punti di contatto con l’artista americano e, non a caso, nel 1971 Savelli rende omaggio a Newman, scomparso l’anno precedente, con un’opera emblematica come Rivelazioni. Un dialogo proficuo e costante con l’America reso esplicito nel 1978 con le tre personali di Savelli a New York e nel 1980 quando gli viene assegnato un riconoscimento importante come la Guggenheim Fellowship.
Angelo Savelli. Il Maestro del Bianco presenta attraverso 70 opere l’intero percorso dell’artista partendo dalle prime esperienze figurative degli anni Trenta influenzate da Renato Guttuso, per giungere sino a Where Am I Going una della sue ultime testimonianze risalente al 1993-94.
Questo iter di oltre sessant’anni comprende alcune delle sue opere maggiormente emblematiche sia nell’ambito dell’espressionismo astratto sia in relazione al lungo periodo del “bianco” iniziato nel 1957 con Fire Dance in mostra insieme ad una serie di lavori d’impatto monumentale come Grande orizzontale, 1960, Speranza, 1961 Senza titolo, 1962 o Going up,1980.
La rassegna scandaglia in maniera approfondita l’universo del bianco dove Savelli interviene sulla superficie modificando i materiali (usa il bianco titanio e prima ancora la sabbia), trasformando i formati delle opere, scomponendo le figure geometriche. Non manca, poi, l’utilizzo di elementi concreti come le corde che fanno la loro apparizione all’inizio degli anni Sessanta per poi riaffiorare nei lavori finali dell’artista, come emerge con chiarezza dall’allestimento della mostra. Negli anni Ottanta, la ricerca sulla geometria assume un particolare significato e a dimostrarlo sono le opere prive di telaio, con forme trapezoidali, triangolari o romboidali esposte in mostra come Dallas crossroad, 1981, un vero e proprio omaggio all’America. Savelli compie la propria rivoluzione trasformando il bianco in un’inesauribile fonte d’ispirazione in un luogo intorno al quale, come scrive Alberto Fiz, “avviene il superamento, l’errare nomadico dello spazio, l’instabilità dell’orizzonte, la rottura dei limiti nell’ipotetica misurazione dell’infinito.”
La rassegna si avvale di alcuni nuclei particolarmente significativi e può contare sui prestiti della Fondazione Prada e della Fondazione VAF-Stiftung. Non mancano, poi, le opere provenienti dal Mart di Rovereto, dalla GNAM di Roma e dal Museo del Novecento di Milano a cui si aggiungono i prestiti della famiglia Savelli e degli spazi calabresi come il Museo Civico di Taverna e il Centro Angelo Savelli.
Germano Celant, è conosciuto internazionalmente per la sua teorizzazione dell’Arte povera. E’ inoltre autore di oltre cento pubblicazioni, tra libri e cataloghi, e curatore di centinaia di mostre nei maggiori musei ed istituzioni internazionali. Direttore della Fondazione Prada a Milano dal 1995, Celant è anche curatore della Fondazione Aldo Rossi a Milano, curatore della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova a Venezia. È stato dal 1989 al 2008 Senior Curator per l’Arte Contemporanea al Solomon R. Guggenheim Museum a New York, direttore artistico della prima Biennale di Firenze nel 1996 e direttore della 47a Biennale di Venezia nel 1997, supervisore artistico di Genova 2004 – Capitale Europea della Cultura, oltre che di molte altre esposizioni. Contributing editor di lunga data di Artforum e Interview, Celant collabora regolarmente per L’Espresso e per Interni. Nel 1987 è stato insignito del Frank Jewett Mather Award, massimo riconoscimento americano per la critica d’arte.
Giovedì 28 febbraio 2013
Incontro con Germano Celanti su Savelli e l’arte americana.
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