La famiglia Gallo di nuovo in scena

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“Ti ho sposato per ignoranza” nel cortile di San Domenico Maggiore vede sul palco ben quattro componenti della famiglia Gallo.

La famiglia Gallo, tra storia e palco. E’ un piacere inerpicarsi per le stradine che, dal Corso Umberto I (meglio conosciuto dai Napoletani con il nome di Rettifilo), portano alla chiesa di San Domenico Maggiore, nel cui cortile  l’associazione culturale Sottopalco ha realizzato questa mise en scène in collaborazione con Polo Pietrasanta e Comune di Napoli nella serata del 27 luglio c.a.

A buon titolo Gianfranco, Massimiliano, Bianca Gallo e Gianluca Di Gennaro (figlio di Loredana Gallo) rappresentano il nuovo che avanza, l’ennesimo esempio di famiglia d’arte nella città di Partenope; dopo la grande tradizione -partita dall’avanspettacolo- dei Maggio, dei De Filippo, dei Taranto alla cui scuola sono cresciuti i Giuffrè e si sono ispirati -inevitabilmente- coloro i quali hanno scelto di respirare la polvere del palcoscenico, si presentano al pubblico i Gallo con un curriculum di tutto rispetto.

Cresciuti a pane ed arte (Nunzio Gallo è il capostipite, l’indimenticato interprete di numerose manifestazioni canore nazionali e internazionali, attore di cinema e di teatro, dove il soma spesso lo condannava ai ruoli del cattivo, ‘o malamente), hanno saputo affrancarsi dal peso del cognome che da sempre affligge i figli d’arte, costruendosi una solida carriera in teatro, al cinema, in televisione; Gianfranco, inoltre, si cimenta spesso con la regia e la scrittura, essendo autore di due libri (“Cuori in ordine alfabetico” e “Napoli da sotto a sopra”) e di ben 20  testi poi rappresentati a teatro.

Uno di questi, liberamente ispirato a Petito, è proprio “Ti ho sposato per ignoranza“, che vede, nel cast, oltre alla famiglia Gallo anche Anna De Nitto e Giusy Freccia; quarto sold out annunciato, il pubblico presente non ha lesinato il suo gradimento, a chi si esibiva, attraverso applausi a scena aperta e risate che scaturiscono dalla bravura degli interpreti e dalla lunga frequentazione con il palcoscenico (si chiama gavetta, e ci pare di capire che a nessuno di loro sia stata risparmiata).

Una notazione a parte merita la scena in cui Alfreduccio e Totonno si accingono a scrivere una lettera: Massimiliano Gallo, con le sue acrobazie in scena e con i divertessements linguistici e le citazioni -assolutamente attuali- inseriti nel testo da Gianfranco, non fa rimpiangere nè i Grandissimi scrittori di ben più note lettere (vedi “Totò, Peppino e la malafemmina“) nè quel don Felice Sciosciammocca, scrivano nei pressi del San Carlo, di scarpettiana memoria.

Reggere il palco in due per un tempo che supera i quindici minuti teatrali è impresa possibile solo con un copione forte, ben scritto, e con degli interpreti che sanno assecondare le reazioni del pubblico, andando a braccio e talvolta sorprendendo l’altro con qualche piccolo cambio di battuta; ma l’ artista di rango non si fa spiazzare neanche dal rumoroso passaggio di un aeroplano e il risultato sono i numerosi applausi a scena aperta che questa compagnia teatrale ha saputo strappare.

 

servizio fotografico  di Spectra Foto

 

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